
UN VERO E PROPRIO MANUALE, DIVISO IN TRE LIBRI, SULLA FORMAZIONE CULTURALE DEI CHIERICI ATTRAVERSO LA COMPRENSIONE DELLE SACRE SCRITTURE. Opa occidentale la rinascita carolingia", quel complesso di eventi culturali, politici e amministrativi che vede nella scuola palatina,ricostituita da carlo magno e diretta da alcuino, la culla di un movimento culturale unitario di dimensione europea e una fucina di giovani talenti. Tra essi rabano mauro riportera nella sua vita spirituale e nella sua attivita di scrittore i frutti della preziosa guida spirituale del maestro alcuino, tra cui l' opera de institutione clericorum,nata sulla scia dell'esige nza di ribadire i punti salienti di una riforma voluta da carlo magno, che prevedeva l'in troduzione di una liturgia corretta e uniforme e un clero istruito. Un vero e proprio manuale compilatorio che riassume diverse tematiche, dalla gerarchia ecclesiastica ai sacramenti, dalle feste canoniche ai canti sacri,alla formazione culturale dei chierici attraverso la comprensione delle sacre scritture. Dominante risulta l autorita degli scritti dei padri, ai quali l autore costantemente si riferisce:essenziale uomo di chiesa, egli si preoccupa della formazione di una clero per il quale la cultura risulta fissata in un ruolo strumentale, al servizio dei doveri sacerdotali. "
L'opera affronta i grandi temi della dogmatica: la Trinita, creazione dell'uomo, il male, incarnazione, redenzione, battesimo ed Eucaristia.
Il percorso per l'enunciazione dello Spirito Santo nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano.
Lo Spirito Santo "è il Signore e da la vita, e procede dal Padre; con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti" (Simbolo Niceno-Costantinopolitano). Questo pronunciamento fu preparato dall'opera di numerosi Padri: fra essi spicca Atanasio d'Alessandria che, nelle sue lettere a Serapione affronta per primo la questione.
INTRODUZIONE
1. Cenni sulla «questione areopagitica»
Nulla si sa ancora di preciso, nonostante i tentativi compiuti da vari studiosi moderni, sull'identità di colui che, sotto il nome di Dionigi l'Areopagita, il discepolo di san Paolo ricordato in Atti, 17, 34, compose quell'insieme di scritti — la Gerarchia celeste, la Gerarchia ecclesiastica, i Nomi divini, la Teologia mistica, dieci Lettere che è comunemente noto come Corpus Areopagiticum (o Dionysiacum). Il Corpus viene menzionato ufficialmente per la prima volta nell'incontro tra cattolici calcedonesi e monofisiti Severiani avvenuto a Costantinopoli nel 532: per provare l'ortodossia della loro dottrina monofisita, i Severiani si richiamarono, oltre che ad altri autori, anche a Dionigi l'Areopagita. Rispose loro Ipazio, vescovo di Efeso, negando apertamente l'autenticità dei suoi scritti.
Anche se per tutto il Medioevo, sia in occidente che in oriente, l'autore del Corpus fu effettivamente venerato come il discepolo di san Paolo ed i suoi scritti, com'è noto, assunsero per questa ragione un ruolo determinante nello sviluppo della teologia scolastica e della mistica — ne subirono l'influenza, per ricordare solo alcuni nomi, in oriente Massimo il Confessore e Giovanni Dama sveno, in occidente Scoto Eriugena, Roberto Grossatesta, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Marsilio Ficino — il caso di Ipazio non rimase del tutto isolato: nei secoli successivi, specie in oriente, i dubbi sull'effettiva autenticità del Corpus continuarono di tanto in tanto a riaffiorare. Va ad I. Hausherr il gran merito di avere raccolto, in un suo breve ma erudito articolo del 1936, le testimonianze di dotti che non mostrarono di credere nell'appartenenza all'età apostolica degli scritti del Corpus: si tratta di alcuni autori del VI sec. non meglio specificati, di Fozio, di Areta, di Pietro di Damasco, di Giovanni di Antiochia, di Giuseppe Hazzaia (scrittore siriaco dell'VIII sec.) e di Simeone Petritsi (monaco georgiano del XIII sec.).
Fu però soprattutto nel Rinascimento, ad opera di Lorenzo Valla e di Erasmo, che la leggenda di Dionigi l'Areopagita cominciò ad essere sfatata in modo decisivo. Anche se non sono mancati, dal Rinascimento fino quasi ai giorni nostri, gli apologeti intransigenti dell'autenticità del Corpus, specie tra i francesi, che volevano assolutamente identificare il Dionigi Areopagita di Atti, 17, 34 non solo con l'autore del Corpus ma anche con il primo vescovo di Parigi, la tesi del Valla e di Erasmo relativa al carattere spurio degli scritti dionisiani fu adottata ed ulteriormente approfondita da eruditi del XVII sec. come il Le Quien, il Le Nourry ed il Daillé, ed è ormai universalmente accettata.
Le ricerche compiute parallelamente dal Koch e dallo Stiglmayr alla fine del secolo scorso sono valse, se non a dare un volto all'autore del Corpus, a precisare con sufficiente approssimazione la sua cronologia, giungendo a risultati che si possono ormai considerare definitivi. In due articoli apparsi nello stesso anno (1895) essi mostrarono come la parte del quarto capitolo del De divinis nominibus dedicata al problema della natura e dell'origine del male dipendesse dal De malorum subsistentia di Proclo; era così automaticamente dimostrato che l'autore del Corpus doveva essere o un contemporaneo di Proclo (morto nel 485) o di poco posteriore a lui, ed essere quindi vissuto nella seconda metà del V sec., e forse fino all'inizio del VI.
Un trattato scritto per serbare la custodia del cuore e proteggerlo dai furti del pensiero". "
Pagina biblica e lettura origeniana si sviluppano quasi in dialogo fra loro.
Per Eucherio, vissuto tra il IV e il V secolo, il deserto e il luogo della philosophia e della libertas, dell'incontro con Dio e dell'inizio della beatitudine.
Composta di sette capitoli, l'opera illustra l'ordine sacro della Chiesa, corrispondente all'ordine angelico.
Di origine britannica, nato all'inizio del V secolo, Fausto fu monaco e poi abate di Lérins, e successivamente vescovo di Riez. Personaggio in vista presso l'aristocrazia gallica, fu autore di diverse opere, delle quali ci sono pervenute il "De spiritu sancto" e il "De gratia", oltre ad alcune lettere. Il "De gratia" offre un contributo importante nella polemica sul rapporto fra grazia e libero arbitrio; scritta dopo il concilio di Artes del 473 che aveva condannato l'errore della predestinazione, l'opera, suddivisa in due libri, si propone di fornire un resoconto delle decisioni prese nel concilio, arricchendosi in seguito di ulteriori precisazioni stabilite nel corso del sinodo di Lione... Lo stile fluido, il pensiero organizzato con rigore e accuratezza, la ricerca costante di un equilibrio che vuole accantonare gli aspetti piùradicali della questione esaminata, fanno del "De gratia" un interessante documento linguistico e dottrinale della tarda antichità.
Il volume raccoglie le relazioni presentate in occasione del convegno tenuto tra Latina e Fossanova nel quadro del triennio di anniversari di San Tommaso D'Aquino. In esse si fa il punto sulla ricerca in corso nell'orizzonte culturale contemporaneo. Da qui l'Aquinate si caratterizza soprattutto come "maestro di dialogo". Gli interventi, dei maggiori specialisti del Dottore Angelico, presentano approfondimenti di grande spessore su prospettive integrate da cui emerge una visione d'insieme dell'attualità dell'Aquinate. Particolare attenzione è rivolta al confronto con l'etica odierna, alla teologia della vita secondo lo spirito e al dialogo con Dio.
Un classico della letteratura patristica sulla vita monastica. La biografia di S. Antonio - monaco nativo di Alessandria d'Egitto, vissuto tra il III e il IV secolo - è il best-seller della letteratura cristiana; è infatti una lunga lettera scritta (IV sec.) in greco dal vescovo Atanasio ai monaci d'Occidente al fine di indicare loro nella figura di Antonio Abate l'ideale monastico puro. La Vita, qui presentata nella prima vera traduzione italiana, è interessante per l'attualità del messaggio, mentre l'introduzione evidenzia l'importanza della trasmissione e della diffusione di idee anche in ambiti apparentemente molto lontani fra loro (ascetismo cristiano e yoga). Note di commento, ricche e puntuali, sotto vari aspetti - filologico, storico, esegetico e storico-religioso - accrescono il valore di questo volume.
Il testo contiene la traduzione italiana, con introduzione e note di commento, della lettera-trattato “De videndo Deo” di Agostino di Ippona (la n. 147 dell’epistolario). La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di riferimento, curata da Alois Goldbacher nella collana del Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum (vol. 44, pp. 274-331). I temi principali affrontati nel testo di Agostino sono: la diversa autorità delle Scritture, dei vescovi e dei teologi; la differenza tra credere e vedere e il rapporto di entrambi questi atti con il sapere; il confronto tra la visione angelica di Dio, la visione dei beati nella vita futura e le apparizioni di Dio ai patriarchi; la superiorità della vista mentale su quella fisica.

