
Il volume propone tre importanti e decisivi saggi apparsi insieme nel 1954: "Simpatia e rispetto" di Ricoeur, "Per una filosofia dell'amore" di Marcel, "L'io e la totalità" di Lévinas. Amore e simpatia, rispetto e giustizia, responsabilità e riconoscimento sono le parole-chiave a cui Lévinas, Marcel e Ricoeur affidano la possibilità, che è anche una difficoltà, di pensare all'altro. Questo impone una duplice presa di coscienza: vi è, da una parte, la miseria delle parole che di solito dicono dell'altro, coniate sul dominio delle cose e imposte da un «io» signore solitario del mondo, e, dall'altra parte, l'ingenuità di ritenere che la conoscenza detenga sempre e comunque un primato sull'etica. La presente edizione è arricchita da un nuovo saggio introduttivo di Franco Riva.
Qual è la verità del corpo? Qual è il ruolo del corpo nella comprensione della realtà che ci circonda? Ecco alcuni degli interrogativi cui questo libro risponde con il contributo di molti specialisti.
Nelle quattro lezioni tenute al Collège de France e raccolte in questo volume, Jean Francois Billeter, sinologo di fama mondiale, cerca di "dare un'idea delle scoperte che si possono fare quando ci si accinge a studiare in modo scrupoloso e al tempo stesso immaginativo" il testo di Zhuangzi, grande filosofo cinese del IV secolo a.C. Partendo da una nuova traduzione e interpretazione di aneddoti, espressioni e termini contenuti nel libro, Billeter rende con grande forza l'esperienza sapienziale che nasce dallo studio del Zhuangzi e, insieme, consente al lettore contemporaneo di condurne una parallela attraverso le parole del filosofo: la ricerca di un livello più completo di percezione e conoscenza nel quale, superando i limiti dell'attività intenzionale e cosciente e aprendosi a quella necessaria e spontanea, si congiungono tutte le risorse e le facoltà che dimorano in ognuno di noi - quelle conosciute e quelle sconosciute. Ne deriva un sentire più profondo e essenziale dei fenomeni, del mondo e di se stessi, una visione più integra e inesplorata dell'esperienza umana.
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<tr><td align="right">Date:</td><td>Friday, March 1, 2024 at 1:39:25 PM</td></tr>
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<tr><td bgcolor='#eeeeec' align='center'>4</td><td bgcolor='#eeeeec' align='center'>30.9897</td><td bgcolor='#eeeeec' align='right'>335032</td><td bgcolor='#eeeeec'><a href='http://www.php.net/function.mysqli-error' target='_new'>mysqli_error</a>
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<tr><th colspan=2>Database Error</th></tr>
<tr><td align="right" valign="top">Message:</td><td><b>WARNING:</b> No link_id found. Likely not be connected to database.<br />Could not open database: <b>libreriacoletti</b>.</td></tr>
<tr><td align="right">Date:</td><td>Friday, March 1, 2024 at 1:39:25 PM</td></tr>
<tr><td align="right">Script:</td><td><a href="/demo/obtain_abstract.php?codice=978887452748">/demo/obtain_abstract.php?codice=978887452748</a></td></tr> </table>
L'odierna ossessione per un'autenticità fondata sul narcisismo dell'Io, la costante ricerca del nuovo e dell'inedito, la bulimia consumistica dell'usa e getta che pervade ogni ambito determinano, nei rapporti e nelle pratiche che caratterizzano la società contemporanea, una sempre più evidente e sintomatica scomparsa delle forme rituali. Tuttavia, la struttura immutabile e ripetitiva, così come la teatralità dei gesti e l'attenzione riservata alla "bella apparenza", conferiscono ai riti un potere simbolico profondamente unificante. Il silenzio, il raccoglimento, il senso di sacralità necessari allo svolgimento del rito fondano un legame tra il sé e l'Esterno, tra il sé e l'Altro - i riti "oggettivano il mondo, strutturano un rapporto con il mondo", creando una comunità anche senza comunicazione. A questa comunità senza comunicazione, propria della società rituale, Han contrappone la comunicazione senza comunità, quel "baccano" in cui, in una società sempre più atomizzante, il soggetto si esprime e "si produce" ritrovandosi a girare a vuoto attorno a se stesso, privo di un mondo e di reali interazioni. Per infrangere questo cortocircuito, e all'interno di una più ampia critica delle patologie del contemporaneo, Byung-Chul Han propone un recupero del simbolismo dei riti come pratica "potenzialmente in grado di liberare la società dal suo narcisismo collettivo", riaprendola al senso di una vera connessione con l'Altro - e reincantando il mondo.
Lo studio di von Herrmann sulla fenomenologia del tempo in Agostino costituisce un contributo essenziale per la comprensione di uno dei temi più celebri del pensiero dell'Ipponate, che ha riscosso una grande attenzione e suscitato un profondo apprezzamento nei due pensatori più significativi del Novecento per quanto riguarda la fenomenologia del tempo: Husserl e Heidegger. Nella lettura di von Herrmann, il carattere fenomenologico della ricerca sul tempo ha senz'altro il grande merito di aver messo in luce la natura e la struttura propria di questa teoria sul tempo, non considerandola semplicemente come una trattazione e una soluzione dottrinale, ma come una vera e propria esperienza fenomenologica del pensiero. Se da un lato questo sembra derivare all'autore dalla sua lunga e intensa familiarità con il pensiero di Husserl e di Heidegger, dall'altro egli trova proprio in Agostino, molto più che una contro-prova o un'applicazione della prospettiva fenomenologica novecentesca, un momento quasi "inaugurale" e anche permanente della nostra comprensione del temporale della coscienza e dell'esistenza.
In un'epoca contraddistinta dall'esigenza di conoscenza effettiva e specialistica, ma purtroppo inquinata da troppe conoscenze presunte e generiche, sembra oggi più che mai necessario rivolgersi allo strumento epistemologico della riflessione filosofica. Dunque, cosa significa "conoscere", e perché dobbiamo conoscere? Ci sono conoscenze effettivamente possibili? Hanno senso i giudizi estetici sul bello e sul brutto, e i giudizi etici sul bene e sul male? Le credenze religiose assurgono allo status di conoscenza? Che tipo di sapere è il sapere scientifico? Quali intrecci riescono davvero a instaurarsi tra estetica, religione, scienza ed etica? Queste le domande a cui rispondono alcuni dei più autorevoli filosofi contemporanei: Maurizio Ferraris, Giulio Giorello, Christopher Hughes, Eugenio Lecaldano e Nicla Vassallo. Un'analisi delle esperienze conoscitive essenziali, che traccia una mappa del percorso dell'essere umano, alla ricerca di un'approfondita concezione di sé, del mondo che lo circonda e della propria esistenza.
Alla base di ogni attività intellettuale umana, alla radice di ciò che definisce la nostra unicità nel regno animale, c'è il ragionamento, la capacità di argomentare. In una parola, la logica. In questo libretto agile e discorsivo Graham Priest non indulge in tecnicismi e formule matematiche, ma esalta il fascino e le suggestioni offerte da paradossi e sillogismi. Esempi pratici e richiami letterari diventano quindi lo strumento con il quale Priest accompagna il lettore nel cuore di una delle discipline speculative più raffinate dello scibile umano. Far riflettere, più che fornire nozioni. Suggerire, più che affermare. Per scoprire infine come la logica, che affonda le sue origini nell'antichità, ha offerto non più di mezzo secolo fa le fondamenta teoriche alla cultura digitale e informatica che oggi pervade la nostra società.
Perché fare storia della filosofia, se la filosofia è morta? La ricerca filosofica si trova in una singolare impasse. Rinsecchisce la sua vena speculativa, cresce a dismisura la cura storiografica. Ma cresce anche la domanda di filosofia, che priva di respiro teoretico e di rigore filologico rimane però allo stato di mera suggestione. Questo libro tenta di coniugare di nuovo storia e teoresi. Da un lato si ritaglia oggetti storiografici precisi: i margini del razionalismo seicentesco e i dilemmi della ragione e della fede (Pascal, Fénelon, Spinoza), ma anche gli esercizi della dialettica (Hegel, Merleau-Ponty). Dall'altro investe con vigorosi sondaggi teoretici un'area più ampia che lambisce anche il '900 e territori solitamente meno esplorati (la fotografìa, il cinema).
Questa raccolta d'interviste con Richard Rorty copre un periodo di circa vent'anni. In generale ognuna è legata alla pubblicazione di uno dei suoi libri, ma alcune sono anche motivate dal particolare momento o evento politico che si è pensato meritasse il commento unico di Rorty. Le interviste ci mostrano una delle proposizioni centrali del suo pensiero: che la ricerca in privato della sublimità deve essere indipendente dalla ricerca della solidarietà pubblica. Rorty si è mantenuto coerente nella sua visione politica, circa il ruolo della filosofia nella politica e il ruolo della politica nella società americana. La sua idea di sinistra è stata abbastanza costante per tutto l'arco della sua vita. Altra cosa patente in queste interviste è che il liberalismo borghese postmoderno di Rorty e la sua politica postfilosofica non sono motivati né da uno spirito conservatore, né da uno spirito anarchico. Né sono le sue vedute frivole o relativistiche. Piuttosto, è chiaro che il lavoro di Rorty è motivato dalla speranza e dall'utopia di una giustizia sociale.
Il libro contiene una certa polemica antiempiricista ed una forte polemica contro Umberto Eco, senza voler minimamente negare il suo acume ed i suoi meriti nel campo ristretto della semantica. Mi sento più vicino non soltanto alla filosofia trascendentale del soggetto, ma anche al Sofiste di Platone e ad Heidegger.

