
Questo libro raccoglie gli ultimi scritti di monsignor Aldo Del Monte, già vescovo di Novara dal 1972 al 1990, per molti semplicemente padre Aldo. In questi fogli egli ci consegna la parabola dei suoi anni sereni trascorsi nel ritiro ospitale di San Salvatore a Massino Visconti (NO), luogo straordinario per clima salubre, bellezza paesaggistica e storia, generosamente accolto dalla famiglia Enoc. Si tratta, come lui stesso scrive, di un inno di ringraziamento al Signore e alle persone che con squisita carità hanno desiderato accompagnarlo fino a che, indossati i colori dell'aurora, il Signore fosse giunto a visitare la sua sera. È una grazia potersi affacciare, attraverso le pagine scritte da monsignor Del Monte, a questo stupendo riepilogo delle opere e dei giorni del suo lungo viaggio esistenziale, «illuminato dal fuoco del roveto ardente, e attratto dalla nostalgia di tutta la verità». Le sue parole mostrano in concreto che la gloria di Dio è l'uomo vivente, e che la visio Dei è proprio la vita dell'uomo al quale è dato fin d'ora di immergersi nel fulgore di Dio e trasmetterne il gusto e la bellezza ai fratelli in umanità.
Il messaggio di suor Faustina Kowalska sulla Divina Misericordia ha attraversato il tempo, toccando il cuore di milioni di fedeli. Enzo Gabrieli e Raffaele Iaria ci conducono in un percorso di scoperta tra la sua biografia, il suo straordinario Diario e gli insegnamenti di san Giovanni Paolo II. Papa Francesco nella Dilexit Nos ha posto la riflessione sul mistero del Cuore di Cristo al centro del suo magistero e dei suoi costanti richiami alla Misericordia. In un mondo lacerato da solitudini e incertezze, questo libro è un invito a tornare al cuore di Dio, fonte inesauribile di amore e speranza. Con la prefazione di Renato Colizzi S.I., direttore nazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, e una testimonianza di Claudia Koll, questo volume si presenta come un'opera esaustiva per tutti quelli che desiderano comprendere e vivere la spiritualità del Cuore di Gesù come cammino di fede personale e comunitario.
«Da dove arriva?», «Come fate poi a lasciarli andare via?», «Come fate a organizzarvi?», «Vi pagano per farlo?». Sono solo alcune delle domande che guidano i capitoli di questo libro. Pagina dopo pagina, arrivano tutte le risposte: franche, trasparenti, autentiche come nessun opuscolo formativo sull'affido potrà mai fare. Perché l'autore e la moglie, genitori di due ragazzi, da oltre vent'anni hanno aperto le porte della loro casa accogliendo in affidamento bambini provenienti da esperienze difficili. Ed eccoli, allora: Spider Man, Flash, Daredevil ma anche Attila, Giovanna d'Arco, Cip e Ciop, Paperoga e molti altri. Storie complicate, dolorose, raccontate con una grazia infinita e un pizzico di ironia, appassionando e commuovendo, offrendo uno sguardo che sa abbassarsi all'altezza degli occhi di questi bambini e ne sa comprendere le fatiche. Storie che, parlando di casi al limite, offrono una lezione universale su cosa significa essere educatori, con la consapevolezza che non si lavora su una scienza esatta ma si ha a cuore il futuro di persone in crescita.
"Vi auguro di essere eretici" è l'augurio che don Luigi Ciotti da anni rivolge a tutti noi, ricordandoci che non possiamo smettere di interrogarci su quello che ci accade intorno. Tutti abbiamo la tentazione di cedere alle letture preconfezionate e alle "parole d'ordine" del momento, che ci appaiono rassicuranti. Invece bisogna avere il coraggio non soltanto di essere scomodi nella denuncia delle ingiustizie, ma anche di "stare scomodi", noi stessi, in quello che diciamo e che facciamo. Oggi, alla soglia degli ottant'anni, Ciotti in questo lungo dialogo con Toni Mira si fa ancora più definitivo e senza peli sulla lingua e dice la sua sul nostro presente, dal drammatico tema delle droghe, delle dipendenze, alla contaminazione tra mafia e Chiesa, da tempo coraggiosamente denunciata e che ne ha fatto a lungo un emarginato: con Francesco cambia tutto e Ciotti riferisce alcuni fatti concreti. E ancora la "normalizzazione" delle mafie, oggi sempre più sottovalutate benché siano, al contrario, sempre più potenti. Le tante iniziative per concretizzare la speranza nel cambiamento, dai minori in carcere alle donne di mafia, dai familiari delle vittime ai progetti sui beni confiscati. Riflette su cosa vogliano dire giustizia e diritti, il rapporto tra politica e magistratura. La sofferenza, il dolore hanno un senso? Ciotti continua a combattere con l'impegno e la forza che lo hanno sempre contraddistinto.
Un evento meraviglioso quale può essere la nascita di un nipotino, fa si che, all'improvviso, scaturisca la voglia di dedicare al nuovo arrivato qualcosa che rimanga a lungo nel tempo. Ecco allora che dall'immaginazione e dai pastelli colorati della nonna, pittrice per diletto, nascono dodici piccole storie, ciascuna delle quali illustrata dalla stessa autrice, che mescolano fantasia e situazioni reali della vita di ogni giorno del piccolo arrivato. Infatti, come cita all'inizio il libro: la loro ricetta è molto semplice, un po' di fantasia, un po' di verità, condite con tanto amore. Ed è proprio come sono nate Le avventure di Pulcino Tommaso. Con amore, come qualunque nonna avrebbe fatto.
La mafia ha "rispettato" la Chiesa nella misura in cui essa non ha messo in discussione il suo controllo del territorio ed il prete si è fatto "affiziu ru parrinu" (l'ufficio del prete) tutto casa e chiesa, promotore di processioni, che "campa e fa campari". Ma don Pino è venuto allo scoperto, ha scelto di uscire dalla sagrestia e di vivere fino in fondo i problemi, i rischi, le speranze della sua gente. Alle spalle di ogni cadavere vittima di mafia si cercano giustamente gli esecutori materiali e i mandanti. Ma ogni delitto di mafia ha una terza categoria di colpevoli: i mandanti inconsapevoli, una categoria sociologica fatta da tutte le persone che per non correre rischi personali preferiscono vivere nel "puzzo del compromesso". Scrivono due testimoni che hanno conosciuto don Pino: uno studioso del fenomeno mafioso e un teologo cattolico provano, in una sorta di dittico, a rileggere il "caso Puglisi" soprattutto in prospettiva costruttiva: cosa possono fare le agenzie educative - in particolare la Chiesa cattolica - per contribuire a disarmare il sistema di dominio mafioso e a svelarne definitivamente le radici culturali ed etiche.
Don Peppino Diana era soltanto un giovane prete, affamato di vita. Né cercava la morte né desiderava il martirio. Don Peppino non è stato un funzionario del sacro, un asettico distributore di sacramenti e di certificati, un burocrate della religione, un indifferente celebrante di morti ammazzati. Non ha accettato di tollerare i soprusi, le intimidazioni e la paura che la camorra imponeva a Casal di Principe e non solo. Annunciando il Vangelo in una terra di omicidi e violenza come prete non ha mai potuto predicare la rassegnazione. In una realtà dove la camorra pretendeva di cogestire il sacro e anche di finanziarlo, di governare e controllare bisogni e diritti, don Peppino ha semplicemente offerto la testimonianza sacerdotale che non era possibile nessuna intesa tra chi uccideva e pretendeva di essere il padrone del mondo e un cristiano, tanto più un prete. Don Peppino aveva il senso della missione in quanto parroco al quale è affidato un popolo e per quel popolo mette in conto la propria vita. Non dunque l'eroismo dei super uomini, ma la testimonianza di un semplice uomo, incarnato in una storia comune ma che non ha trovato scuse per tacere e ha cercato di capire cosa andasse fatto in quel luogo e in quel momento.
Una magistrale autobiografia di un quasi centenario che riassume e capovolge quanto ha scritto il prete "cercatore di perle" tra i più "piccoli" e gli "ultimi". Noto finora per avere vissuto l'esodo (exodos) come uscita permanente da ogni sistema, ecclesiastico e laico, desideroso solo di andare incontro ai "fuori sistema" e vivere con loro, dopo anni di rilettura della propria storia personale e comunitaria alla luce della Parola di Dio, il prete degli Zingari ci consegna il suo esodo (eisodos) come entrata, come continua ricerca e immersione nel mistero di Dio. È Lui la "perla" preziosa.
Una inedita e sorprendente storia del giudice che ha fatto della sua vita una scelta di fede cristiana. Rosario Livatino ha voluto vivere in Cristo, per lasciarsi "ricolmare" di speranza e amore, maturando consapevolmente il proprio Battesimo e la vita nuova che ne scaturisce come missione ecclesiale e sociale. Egli ha saputo coniugare la legge dei codici di diritto con la giustizia divina. Non per niente usava apporre ai suoi scritti pubblici o privati la sigla S.T.D. (_sub tutela Dei_), così affidando il suo giudizio umano alla misericordia di Dio, che è la vera e più alta giustizia. La vicenda di Rosario Livatino si offre come una stupenda testimonianza paradigmatica per chi, appassionato costruttore di una civiltà basata sull'amore e sognatore di vita buona promanante dal Vangelo, fa della speranza, fondata sulla fede e sulla carità, il fuoco che lo muove e lo stile che lo caratterizza come profeta che annuncia l'alba di nuove fioriture.
Una casa di campagna da qualche parte nel Sud degli Stati Uniti. Una ragazza malata, solitaria, confinata. Eppure da queste premesse è scaturita una scrittrice straordinaria, tra le più grandi del Ventesimo secolo. Flannery O'Connor ha ritemprato i suoi limiti in armi affilate, con cui nella sua breve vita ha saputo indagare nel profondo dell'uomo e della sua lotta tra bene e male. «Andalusia», la fattoria in cui viveva attorniata da polli e pavoni, si è trasformata in un vivido fuoco culturale per il viavai di amici, scrittori, artisti e cronisti e per il diluvio di lettere ricevute e spedite. Flannery ha scritto che su di lei non ci sarebbero state biografie: «Una vita trascorsa tra casa e pollaio non è per nulla interessante». Questo libro aggira la previsione dandole direttamente la parola e accompagnandola con i commenti degli amici e dei critici che di lei hanno profondamente stimato l'arte e la tempra umana. Offre la chiave per accostarsi al comico, meraviglioso e drammatico universo dei suoi romanzi e racconti. Inoltre dà conto della sfolgorante interiorità di un'artista per la quale l'essere cristiana, e cattolica, era il centro della vita privata e pubblica, della preghiera, del pensiero e della scrittura. Questo profilo biografico si vale delle lettere e degli altri scritti della O'Connor per dare voce alla sua personalità affascinante, geniale, acuta e pungente. Spalanca una finestra su un gigante della letteratura universale.
Nel cuore della notte, nel tenue chiarore della cappella, Ferdinando Rancan, giovane seminarista, vede l'immagine del Cuore ferito di Gesù. Rimane profondamente turbato, intuisce che senza dolore è difficile capire l'amore, si sente spinto a chiedere con insistenza al Signore di soffrire molto per poter vivere più profondamente l'intimità con Lui. Gli rimarrà la convinzione di essere stato esaudito. Dio gli donerà una lunga vita, in cui gli farà compagnia a volte la malattia e l'incomprensione, ma anche la gioia del servire sacerdotale. Il sorriso non lo abbandonerà mai. Lascerà un ricordo incantevole in centinaia di persone. L'Autore intraprende un viaggio per raggiungere i luoghi in cui don Ferdinando (1926-2017) era passato, incontrare le persone che lo avevano conosciuto, apprendere dalla loro voce le vicende che si erano susseguite negli anni. Scoprirà che una vita che si presentava avventurosa trovava il suo significato e il suo valore in ciò che avventuroso non era: la fedeltà quotidiana al progetto di Dio, nell'amore che vivifica ogni cosa.
Fare tutto, anche le cose minime, con amore grande. Riccardo Pampuri Come scrive mons. Luigi Giussani nella Prefazione, «san Riccardo è per noi la testimonianza mirabile che la santità come ideale di umanità vera è alla portata di tutti». Riccardo - al secolo Erminio - era un piccolo medico condotto. All'inizio del Novecento si fece frate dell'Ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio, i Fatebenefratelli. La sua vita si svolse nella normalità, eppure nella completa dedizione di sé in ogni circostanza, dal fronte della Prima guerra mondiale alla quotidianità, nel curare e voler bene agli ammalati. Morì nel 1930 all'età di 33 anni. Il suo corpo è conservato a Trivolzio (Pv), nella parrocchia dei Santi Cornelio e Cipriano, meta di pellegrinaggio da tutto il mondo. Scrive l'autore: «Quasi nessuno si era accorto che da un paesino del Norditalia un nuovo santo aveva cominciato a far cadere dal Cielo una pioggia di miracoli».

