
Pompei, 79 d.C. È una donna tenace e dal fascino spietato, Camma. Prima, schiava nei lupanari, nel Tempio di Cibele coltiva in segreto l'arte dei veleni. Ha un solo desiderio: vendicare la sua famiglia, uccisa dall'esercito romano. Ma è una donna paziente, e sa aspettare il momento giusto per uccidere chi le ha rubato tutto. Nella stessa città, lasciva e corrotta periferia dell'Impero, il prefetto Quinto Terenzio Massimo sta preparando una congiura ai danni dell'imperatore. Avido e senza scrupoli, per realizzare il suo piano deve spegnere una rivolta: con una schiera di ribelli, l'ex centurione Silano sta seminando il terrore alle pendici del Vesuvio. È finito al centro di giochi più grandi di lui, ma non si tira indietro di fronte al pericolo. Sarà il cuore a tradirlo: quando perde la testa per Camma, non può immaginare che la donna, come chiunque a Pompei, ha un conto da saldare ed è pronta a tutto per farlo. Ma mentre soldati e banditi si fanno la guerra, la tragedia esplode, ineluttabile: la terra trema e una pioggia di fuoco e lapilli solca il cielo abbattendosi sulla città, destinandola alla leggenda. Il passato sepolto di Pompei fa da sfondo a un romanzo che ci mostra il volto più oscuro della storia romana. E ci ricorda come in un solo giorno tutto può cambiare. Per sempre.
Nella sua Firenze, la Signoria delle trame di potere e dei mercenari, non esistono uomini come quelli della Roma dei Cesari: politici che governano per il bene comune e soldati pronti a morire per la patria. Di quella grandezza non vi è più traccia, e lo capisce molto presto, il giovane Niccolò, il naso sempre nascosto tra le pagine polverose dei classici latini. È poco più di un ragazzino, il Machia, quando la congiura ordita contro i Medici insanguina Firenze e vede i cadaveri dei colpevoli penzolare, impiccati, dalle finestre di Palazzo della Signoria. Da quel momento, anche se fuori manterrà sempre la consistenza del ghiaccio, dentro Niccolò inizierà a bruciare un fuoco caparbio, insieme a un'intelligenza senza eguali, capace di manipolare le menti. Perché a non avere il potere, lo sa bene Niccolò, si conta meno di niente e si rischia di morire con un pugnale piantato nella schiena. E se il mestiere delle armi non è la sua strada, nell'arte sublime della politica troverà la linfa della sua vita: come segretario della Repubblica prima e negli anni dell'esilio poi, continuerà a orchestrare da dietro le quinte il minuetto delle guerre tra i signori della penisola. Tra il sangue dei campi di battaglia e la corruzione delle stanze del potere. Con "Il principe del male" Francesco Ongaro racconta l'anima oscura del più audace personaggio politico del Rinascimento, che ha saputo fare della forza velenosa della parola l'arma più letale.
L'aria è frizzante, in una mattina anni '60. Andrea cammina verso via Solferino, teso e pronto per la sua nuova vita. Da Isernia si è trasferito a Milano per lavorare nel più importante quotidiano del Paese, il "Corriere della Sera", e gli sono bastati pochi giorni per immergersi in un'epoca favolosa e folle. Ci si incontra al Bar Jamaica, le ragazze ballano il twist e Mina è già una stella. Andrea non pensa alla moglie lontana, al figlio nato da poco. Assapora il ritmo frenetico e i sogni d'Italia. Nei corridoi del giornale, incontra grandi figure come Eugenio Montale e Indro Montanelli. La sera frequenta i locali fumosi di Brera e lì conosce Bianca, una donna algida e bellissima di cui si innamora. Per Andrea le giornate diventano una gara di equilibrio, tra passato e presente, tra ambizione e disincanto, ma una telefonata fa precipitare tutto. Suo fratello, tornato dalla naja, sta male. Torna a casa per vederlo e Luca delira, parla di un film segreto che Fellini sta per girare. Andrea non gli crede, finché non viene contattato da un collaboratore del maestro. Per lui è un'occasione senza precedenti: sarà il primo a raccontare la "Nuova dolce vita". Tra Milano e il set, dovrà fare i conti con le proprie paure e i desideri e intanto vedrà scorrere l'Italia tutta. Le colline, la politica, la televisione. I sorrisi, le delusioni e l'amore.
"Cara Paola". Quando apre quella lettera, il cuore le martella in petto per l'emozione. A ventidue anni, Paola è una giovane donna che ha vissuto solo il calore dell'abbraccio materno, e quelle parole sono il primo contatto con il padre, l'uomo che non ha mai conosciuto. È il giugno del 1982, a Catania, stanno per iniziare i mondiali e alla radio Giuni Russo canta "Un'estate al mare", ma Paola si è appena ritrovata sola. Prima di lasciarla, la madre le ha dato un foglio con un indirizzo e un nome: quello dell'uomo che le ha abbandonate. Così lei lo ha contattato, vincendo il proprio rancore. Si chiama Roberto, e quando si incontrano per la prima volta è un colpo di fulmine. Paola non ci riesce proprio a odiare quella persona che sa subito farsi amare e anzi, si sente in profonda sintonia con lui. Per questo fa cadere ogni barriera e inizia a frequentarlo, rivendicando con un'energia tutta nuova il diritto ad avere un padre. Nessuno però deve sapere di lui, non Sandy e Milena, le amiche di una vita, e nemmeno Lorenzo, che è riuscito a farle battere il cuore dopo anni di storie sbagliate. Quando però Paola decide di dare una svolta al loro legame, una nuova verità arriva a sconvolgerle la vita per sempre. Ma solo accoglierla potrà renderla felice e aprire il suo cuore all'amore. Quello che non tradisce. Catena Fiorello ci racconta in questo romanzo la storia che ha sempre voluto scrivere: quella di un uomo che impara a essere padre e di una donna che scopre di essere figlia...
Ai piedi del monte Ros, impassibile nella sua armatura di ghiacci, dimora degli dei, centro del mondo conosciuto, si estende una pianura fitta di boschi e pericoli. In questa terra a sud delle Alpi, disabitata e talmente inospitale che nel 101 a. C. non ha ancora un nome, sono schierati uno di fronte all'altro, su una superficie lunga chilometri, i due eserciti più grandi del continente. Duecentomila uomini pronti a combattere corpo a corpo, a massacrarsi fino allo stremo: a fare la guerra nel modo in cui la guerra veniva fatta oltre due millenni fa. Da una parte un popolo di invasori, anzi di "diavoli", che ha percorso l'Europa in lungo e in largo, portando distruzione ovunque, ed è dilagato nella valle del Po saccheggiando città e villaggi, mettendo in fuga gli abitanti. È il popolo dei Cimbri, invincibile da vent'nni e deciso, forse, ad attaccare persino Roma. Dall'altra parte c'è il console Caio Mario, l'uomo nuovo della politica, con il suo esercito di plebei ed ex schiavi, l'ultimo in difesa dell'Urbe. Quella che stanno per affrontare non è una battaglia, è lo scontro tra due civiltà al bivio cruciale della sopravvivenza, è un evento destinato a cambiare la Storia. "Terre selvagge" è un viaggio nel tempo, in un'Italia ancora misteriosa, così vicina e così lontana da quella che conosciamo. È il racconto di una pagina drammatica della vicenda umana, finora avvolta da incertezze, falsità e malintesi.
Se non portasse quel cognome, il suo ragazzo brillante e dolce l'avrebbe amata lo stesso? Con un altro padre, sarebbe stata scelta da quelle amiche impeccabili e in carriera? Con una famiglia qualunque, avrebbe trovato qualcuno disposto a pubblicare il suo libro - l'astrusa biografia di una intellettuale comunista? La risposta è no, questo è pronta a credere Olimpia Reale, il giorno in cui un editore, rifiutando il frutto di anni di lavoro, le propone un volume su suo padre. Perché Valerio Reale non è solo uno dei fotografi più noti d'Italia ma tiene una rubrica di successo in tv. E lei, neanche trent'anni e un attico in centro a Roma, si trova in balia di questi pensieri nel momento peggiore, con la sorella appena tornata da Londra per Natale, un prosciutto Pata Negra nella borsa e un bouledogue francese al guinzaglio (i due improbabili regali per i genitori). Ma è allora che la vita riesce a sorprenderla davvero: il fidanzato la lascia senza motivo, una noiosa cena formale si trasforma in un gioco di seduzione e il ritmo delle giornate cambia all'improvviso. E Olimpia si scopre diversa, agguerrita, decisa, come e più di suo padre.
"È tutto accaduto, più o meno". È l'incipit di un grande romanzo e peccato sia stato già scritto da Kurt Vonnegut, perché sarebbe l'attacco ideale per questa storia. Anzi, per queste storie. I due protagonisti - e autori - sono fratelli ma non si frequentano molto, forse nemmeno si sopportano molto. Vite diverse, caratteri diversi e forse anche qualche lontano rancore, lasciati covare sotto la cenere per troppo tempo. Adesso però gli tocca stare insieme, almeno per qualche ora: devono dare un'ultima occhiata alla casa di villeggiatura della loro infanzia - la casa nel bosco - prima di consegnare le chiavi al nuovo proprietario. Sembra solo un adempimento banale anche se un po' triste e invece diventa l'occasione, inattesa e sorprendente, per un viaggio nella memoria, per una riconciliazione, per un inventario buffo e struggente di oggetti, luoghi, odori, storie e soprattutto sapori. In una sequenza di dialoghi fulminanti, comici e commoventi, Gianrico e Francesco Carofiglio (rigorosamente disposti in ordine di anzianità) percorrono il crinale sottile che divide affetto e rivalità, divertimento e malinconia, nostalgia e disincanto. Un memoir a quattro mani che racconta di amicizie perdute, di amori rubati, di vecchi fumetti e di torte di ricotta. Un ricettario, non solo metaforico, dell'infanzia, dell'adolescenza e di un'età adulta ancora capace di riservare sorprese.
Tra le onde increspate del lago d'Orta. il vicecommissario Enea Zottìa, seduto a prua di un'imbarcazione, naviga verso l'isola di San Giulio. La sua non è una gita in barca, ma l'inizio di una nuova indagine. La richiesta, discreta, è arrivata dalle suore del convento arroccato sull'isola, turbate da strani furti che avvengono dentro le loro mura ma anche nelle ville della zona. Inoltre c'è un quadro che scompare e riappare inspiegabilmente: non è che il vicecommissario potrebbe...? E così Luca è tornato in un luogo al quale lo legano ricordi indimenticabili. Ma appena giunto, è tentato di lasciar perdere: scovare ladri non e la sua specialità, l'atmosfera ovattata del convento lo mette a disagio, e le tristezze del passato, del suo amore infelice per la bionda Serena non vogliono saperne di abbandonarlo. Poi, del tutto inaspettato, un delitro viene a turbare l'incanto di quei luoghi. In una stradina appartata, dove non passa mai nessuno, giace un uomo, ucciso con un violento colpo alla testa. È un semplice lavorante, uno di quelli che danno una mano per incarichi di poco conto, perché ucciderlo? Zottìa inizia con pazienza a indagare, e anche il lettore, insieme a lui, conoscerà una serie di personaggi memorabili come l'astuto e disinvolto Guidalberto Porrone, la gelida suor Venanzia, il mite giardiniere Zilloni, il rubicondo ragionier Stefanini e soprattutto l'affascinante e misteriosa Giulia, la giovane donna che ha deciso di ritirarsi sull'isola e dalla quale Enea si sente attratto.
Italia, 2025. Quando Alice si risveglia in una cella dal soffitto basso e le pareti strette, in sottofondo l'urlo di una sirena, salta in piedi sulla branda, con il cuore che le martella nel petto. Quando poi la voce metallica di un altoparlante le ordina di dirigersi verso la Sala Comune, si accorge di non essere sola: insieme a lei ci sono altri dodici ragazzi, i detenuti dei Centri Rieducativi più pericolosi del Paese. L'ultima cosa che ricorda, Alice, è la protesta a Città 051 contro l'Autorità Provvisoria, che controlla la politica, e il blindato nero in cui è stata trascinata insieme ad Andrea, il ragazzo che le piace. Non avrebbe mai immaginato di risvegliarsi in un bunker tra le Alpi, è certa di essere stata rinchiusa lì per errore. Divise grigie e cibo in scatola, un orologio arancione al polso, il tempo nel bunker sembra non passare mai in attesa delle 17, ora in cui ogni giorno due Sfidanti sono chiamati a lottare all'ultimo sangue nella Gabbia. Per Alice è subito chiaro che là sotto, anche se hai sedici anni, non hai diritto di avere paura e nemmeno di innamorarti. Perché dentro Under, il reality show della morte di cui è cavia insieme ai compagni, si sopravvive solo uccidendo. Ma anche nella prigione più terribile puoi scoprire chi sei e cambiare le regole. Insieme, ribellarsi è possibile, e il gioco al massacro può trasformarsi in rivoluzione...
Bologna, 1494. Gli ospiti di palazzetto Aldrovandi hanno occhi solo per lui, un giovane artista schivo e irrequieto. Ha il naso schiacciato, da lottatore, e le labbra carnose di chi non sa trattenere un pensiero in bocca: di nome fa Michelangelo Buonarroti e la parlata tradisce la sua provenienza da Firenze. A meno di vent'anni è già uno dei favoriti alla corte medicea, dove l'ha voluto il Magnifico, ma ha lasciato la città prima dell'ondata di terrore dei roghi del Savonarola. E ora, libero dai capricci di un committente, sta realizzando una scultura marmorea che è destinata a cambiargli la vita. Il Cupido dormiente è un omaggio ai maestri dell'antichità, ma se in tempi così duri mettere un tozzo di pane in tavola è un'impresa anche per un astro nascente come lui, affidarlo a un apprezzato mercante d'arte come Baldassarre del Milanese è quasi una necessità. E così, mentre il suo autore è ostaggio di una passione da cui non sa se farsi travolgere, l'Amorino inizia un viaggio per le corti italiane che si trasforma presto in una vera e propria caccia. Da Caterina Sforza, pericolosa alchimista, allo spietato Cesare Borgia, ognuno è disposto a pagare la statua con il sangue. Per arrivare al cuore più segreto del Rinascimento, un luogo dove ogni cosa che l'uomo abbia mai sognato diventa possibile.
Una scuola che crolla perché il costruttore ha messo la sabbia nel cemento. Un uomo che entra in un cinema e spara all'impazzata. Una ragazza rapita e rinchiusa per anni nel garage di uno sconosciuto. Ogni volta che la cronaca nera conquista le prime pagine dei giornali, ci sentiamo sgomenti. Pensiamo che il Male abbia le sembianze di un mostro, o di un demone. Ma il Male ha mille facce, e molte familiari. Il Male può non tradursi in violenza, e tentarci con l'insistenza di un'ossessione. A volte è un evento che manda tutto a rotoli, ci toglie soldi, affetti e sicurezze, lasciandoci senza scelta. A volte è tradire se stessi e gli altri, e per farlo basta un click con il computer. Altre volte è una menzogna, o sentirsi impantanati in un dubbio atroce. A volte è addirittura la liberazione da un'esistenza ingrata, e abbracciarlo può significare un nuovo inizio, affrontare il proprio destino a testa alta. Ma il peggiore dei Mali è pensare che tutto questo sia controllabile, o che non ci appartenga, per sentirci innocenti. Perché il Male ha già piantato i suoi semi dentro ognuno di noi. Ed è pronto a esplodere.
Non esistono colpe, se nessuno paga. Lo sgomento nel cuore di Palma è sconfinato, quando ritrova sua sorella in punto di morte. È tutta colpa di quello che le hanno fatto. E Maria Rosaria in fondo si era solo innamorata di Cosimo Logreco, il primogenito di una famiglia poco raccomandabile. Lei che era sempre stata la bella del paese, che ogni anno vestiva i panni della vergine durante la processione, ha perso famiglia e futuro in un istante. Quando con una borsa e niente più si è presentata a casa del ragazzo, la sorella di lui l'ha fatta entrare e, promettendole di portarla da Cosimo, l'ha scortata fino a una masseria cadente; allora è successo tutto e tutto è finito. Lei era incinta. Per Palma è impossibile dimenticare, l'impotenza la logora, nonostante siano passati anni e con il marito e la figlia piccola si possa dire felice. Nel momento in cui vede la sorella di Cosimo al sesto mese e piena di gioia qualcosa di primitivo nasce in lei. Prepara la propria vendetta con minuzia. In una lingua asciutta e aspra, capace di guardare alla tragedia con quieta disperazione, Carmen Totaro ci racconta una storia ancestrale e attualissima. Ci descrive un mondo costellato da donne, sempre in bilico tra grazia e orrore, ma le cui leggi sono ancora brutalmente stabilite dagli uomini.

