
Introduzione e traduzione di Umberto Eco
Edizione integrale con testo francese a fronte
Ľironia è una delle caratteristiche principali delle opere di Queneau, unita a una sperimentazione rigorosa: se è vero, allora questo libro è esemplare. C’è un solo episodio, con un unico personaggio, ma ci sono 99 modi per raccontarlo, 99 esercizi di stile sempre nuovi e sorprendenti, che passano in rassegna ogni genere letterario, dal dramma alla lirica giapponese, e tutte le figure retoriche. È un gioco lessicale, è l’autore che si diverte a fare il giocoliere con le parole, a frammentarle, a ricostruirle, a strutturare e destrutturare la sintassi, l’intera impalcatura del linguaggio scritto. Ma quella che poteva essere una vuota esercitazione accademica fine a se stessa, grazie al genio di Queneau assume una forma tanto compatta da essere usata anche come pièce teatrale dall’effetto comico irresistibile e come dimostrazione gioiosa e godibilissima delle infinite possibilità del linguaggio.
«Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.»
Godereccio, eccentrico e beffardo, il marchese del Grillo passa le sue giornate nell'ozio, dedicandosi alle donne e alla vita mondana. Nella Roma papalina di inizio Settecento, dove sacro e profano si mescolano fino quasi a confondersi, questo nobile bizzarro diventa l'emblema di una società scanzonata e decadente allo stesso tempo. Luca Desiato fa rivivere nel suo libro le gesta del celebre personaggio: ne narra le situazioni rocambolesche, ne descrive l'umorismo e la malinconia. Una figura divenuta celebre in tutta Roma per i suoi scherzi, un personaggio storico e leggendario che la tradizione popolare ha portato fino ai nostri giorni, facendone una straordinaria maschera dell'italianità.
È il 101 d.C, l'anno in cui Roma, all'apice della sua potenza ed espansione, intraprende forse la sua più grande e meno conosciuta guerra: la campagna per la conquista della Dacia, l'odierna Romania. Il carismatico imperatore Traiano guida l'impresa, ossessionato dall'idea di emulare le gesta di Alessandro Magno. Ma se i romani possono mettere in campo la disciplina, la strategia e la collaudata forza delle legioni, i daci, condotti dal re Decebalo, hanno fama leggendaria di essere uomini dal sovrumano coraggio, guerrieri pronti a tutto. E a contrastare la minaccia dell'invasore appaiono anche alcune misteriose creature, assetate di sangue romano. All'ombra delle operazioni dirette da Traiano si intrecciano i destini di due fratelli romani: Tiberio Claudio Massimo, valoroso cavaliere, soldato ambizioso e determinato, e Marco, indolente e refrattario alle responsabilità. Tiberio passerà alla storia come colui che catturò il temibile Decebalo: la colonna traiana e la sua stele ritrovata nel secolo scorso lo raffigurano mentre tenta di impedire al sovrano nemico di suicidarsi. Marco invece è un frumentarius, una spia, un infiltrato nelle file daciche, eppure per la vittoria finale anche le sue mosse sotterranee risulteranno decisive.
Alla vigilia dell'elezione di Ahmadinejad, nella primavera del 2005, il "Time" invia come corrispondente a Teheran la giornalista Azadeh Moaveni. Per lei, originaria dell'Iran, è l'occasione di riabbracciare il suo Paese e vincere la forte nostalgia che da sempre la lega alla sua terra. L'arrivo nella capitale è sconvolgente. Azadeh subisce l'impatto con uno stile di vita e una cultura lontani dalla libertà a cui è abituata negli Stati Uniti. Ma l'aria di casa non tarda a travolgerla, le antiche abitudini riprendono vita grazie all'amicizia con Nasrine, giornalista come lei. L'Iran si svela così ai suoi occhi di donna e reporter: un incontro di tradizioni e di culture, nel quale convivono etnie diverse e orientamenti politici e religiosi opposti. E nel mezzo di questo mondo, percorso da contraddizioni e infinite contaminazioni tra modernità e tradizione, tra fondamentalismo e innovazione, che Azadeh apre il suo cuore e incontra Arash, giovane e brillante ingegnere deciso a portare la tecnologia open source, democratica e aperta, nella sua patria. Bastano poche parole ed è subito amore. Anche Arash ha vissuto a lungo in Occidente, e i due fanno fatica a conformarsi alle consuetudini iraniane. Vanno ad abitare insieme e, quando Azadeh rimane incinta, i due capiscono che non possono più sfidare la clemenza del regime. Frequentano quindi un corso prematrimoniale e si sposano. Ma per Azadeh e Arash è l'inizio di un'altra vita...
Madame Bovary; Salammbô; L’educazione sentimentale (con le “appendici” Memorie di un pazzo e Novembre); La tentazione di sant’Antonio; Tre racconti; Bouvard e Pécuchet.
Con un saggio di Marcel Proust
Edizioni integrali
A cura di Massimo Colesanti
Fra i più grandi scrittori moderni, Flaubert è considerato un realista. Ma l’impegno di esattezza, la documentazione, l’impersonalità nascono da una posizione esistenziale di rifiuto pessimistico della realtà. E questi canoni della sua arte sono osservati e sofferti, sono martirio e compenso del suo desiderio di perfezione, di assoluto. Avrebbe voluto scrivere un libro su nulla, perché l’importante non è la materia, ma l’opera da realizzare nella scrittura. La norma è per lui un antidoto contro la realtà ripugnante: vi si costringe dentro, ma anela ad esserne fuori. Ha scritto e riscritto, per così dire, un unico libro, sul doppio registro ora della scarnificazione della realtà contemporanea (Madame Bovary, L’educazione sentimentale), ora di evasione lirica, storica e immaginaria (Salammbô), ironica e tormentata (La tentazione di sant’Antonio), raffinatamente stilistica (Tre racconti). E come testamento ci ha lasciato Bouvard e Pécuchet, una satira feroce della stupidità umana.
Nella nostra epoca, la straordinaria eredità intellettuale di Machiavelli appare in tutta la sua modernità: la sua definizione del comportamento "doppio" del politico e la dialettica "virtù"-"fortuna" ritornano spesso nelle elaborazioni di storici e studiosi del pensiero politico occidentale, negli articoli degli opinionisti, nei saggi degli intellettuali. Il Segretario fiorentino è noto al grande pubblico come fautore della filosofia del fine che giustifica i mezzi, espressa in quel gioiello di trattato politico che è "Il Principe", che all'epoca della sua pubblicazione suscitò un vero scandalo: il "diabolico" fiorentino vi affermava, tra le tante cose che, se il Principe vuole conquistare e mantenere il proprio Stato, deve adottare per necessità un modo di agire "doppio", deve saper gestire le apparenze. Solo questo stravolgeva la tradizione umanistica, e il concetto di moralità era sostituito da quello di necessità storica. Oltre che nelle opere politiche, Machiavelli si espresse come grandissimo scrittore anche nelle opere teatrali: la "Mandragola" va in scena anche oggi e racconta tutta la devozione del suo autore per un'etica naturale, per la concretezza delle opere umane esaminate e vissute escludendo qualsiasi trascendenza. Questa edizione - introdotta da un saggio di Nino Borsellino, è arricchita da un nutrito apparato biobibliografico, da note esplicativa e da un glossario concettuale.
Per la prima volta in un unico volume la trilogia che ha come protagonista il più grande condottiero di tutti i tempi: Giulio Cesare. Andrea Frediani ripercorre la vita e le gesta dell'eroe; ridisegna con impeccabile verosimiglianza storica, ma allo stesso tempo con una sorprendente potenza narrativa, le epiche battaglie che lo hanno reso leggendario, gli amori, le passioni. Dall'incontro d'infanzia con Labieno, che al fianco di Cesare combatterà fin dalle prime campagne militari, alla loro separazione; dal passaggio sul Rubicone, con cui il dittatore prenderà possesso della penisola, alla lotta contro Pompeo; dalla grande vittoria di Farsalo alla campagna africana; "Dictator" ripercorre le tappe principali che hanno portato alla soglia dell'Impero. Sullo sfondo, intrighi, tradimenti e intrecci amorosi, nel romanzo sul più grande uomo di Roma antica.
Nelle "Novelle per un anno", che Pirandello iniziò a riunire in volume nel 1922, lo sguardo penetrante dello scrittore agrigentino si annida nel grigiore della normalità, nell'esistenza quotidiana, squarcia le cortine del perbenismo, frantuma le rigide maschere che nascondono i veri, incerti lineamenti, si muove in una varietà multiforme di ambienti, sonda le profondità della psiche, incrina le false certezze. E libero, imprevedibile come la vita, mosso dal suo particolare umorismo, trascrive, senza aderire a moduli esterni, la sofferenza dell'individuo destituito di ogni orgoglio, in confitto con se stesso e con gli altri, disorientato da una sorte sempre mutevole. Il volume riunisce le raccolte di novelle "Scialle nero", "La vita nuda", "La rallegrata", "L'uomo solo", "La mosca", "In silenzio", "Tutt'e tre", "Dal naso al cielo", "Donna Mimma", "II vecchio Dio", "La giara", "II viaggio", "Candelora", "Berecche e la guerra", "Una giornata".
"Suite francese", ultimo capolavoro di Irène Némirovsky, incompiuto, fu pubblicato in Francia solo nel 2004 e ha permesso al grande pubblico internazionale di conoscere una donna straordinaria e una grande scrittrice rimasta in ombra per molto tempo. Nelle intenzioni dell'autrice, "Suite française" doveva essere una "sinfonia in cinque movimenti" sull'epopea vissuta dal popolo francese sotto l'occupazione tedesca. Purtroppo, i "movimenti" furono solo due: "Tempesta in giugno" e "Dolce", due romanzi che raccontano l'uno, la fuga dei parigini mentre in città stanno per arrivare i tedeschi; l'altro, il drammatico rapporto tra una donna francese e un ufficiale tedesco. L'arresto e la deportazione ad Auschwitz impedirono alla Némirovsky di completare la sua sinfonia. A "Suite francese" è legato anche un piccolo mistero: come ha potuto salvarsi dalla furia nazista che volle, con la solita precisione e meticolosità, distruggere tutto quello che apparteneva a Irène e alla sua famiglia? Introduzione di Maria Nadotti.
Robert Musil può essere a giusto titolo considerato il principale romanziere austriaco contemporaneo e L’uomo senza qualità è una pietra miliare nella letteratura europea del Novecento. Questo capolavoro indiscusso della civiltà letteraria di lingua tedesca si propone come un efficace ritratto delle contraddizioni vissute dall’uomo nella modernità, lacerato tra il “mondo di ieri” e i nuovi tempi che avanzano. Il laboratorio di tali sconvolgimenti è per Musil la sua amata-odiata patria: l’Austria d’inizio secolo (la “Kakania”) in cui la monarchia austro-ungarica conosceva l’inizio della fine, esempio significativo di possibilità insite nella storia di tutti i tempi. La caustica penna di Musil analizza con accorata nostalgia e pungente ironia la società asburgica, facendone affiorare il volto nascosto. In alcuni casi però il sarcasmo cede il passo a una dimensione ben più tragica, prefigurando la barbarie del nazismo. La scrittura oscilla tra la visione estatica e gli enunciati delle scienze naturali e subisce una radicale mutazione, superando l’antinomia tra narrazione e descrizione, per approdare alla formula del “romanzo-saggio”: il romanzo si dissolve, o meglio muore, per poi resuscitare dalle sue ceneri nella saggistica. L’opera, rimasta incompiuta, apparve nel 1930 a Berlino, in un’edizione che comprendeva solo il primo libro, mentre gli altri trentotto capitoli del secondo volume furono pubblicati nel 1933; gli abbozzi e i frammenti dell’ultima parte vennero pubblicati postumi dalla moglie. Questo volume propone, in una nuova e aggiornata versione, l’edizione originale dell’Uomo senza qualità curata da Musil stesso.
Il nome di Conrad è indissolubilmente legato al mare. In numerosi romanzi e racconti lo scrittore ha trasferito, rievocandole e trasfigurandole con il soffio del mito, le sue avventure di marinaio scelto e poi di capitano sulle rotte orientali, da cui ha saputo distillare l'essenza intima e nascosta delle azioni umane. Il mare è un protagonista concreto, il mare che accoglie navi e battelli di ogni tipo, isole, porti e taverne popolati di esseri umani che si incontrano e si scontrano, soffrono e sperano rivelando se stessi. Ma il mare è anche uno spazio metaforico che si agita di conflitti e crisi profonde che spezzano, distruggono o fanno rinascere, e che denunciano il sospetto, dolente e lacerante per l'epoca, che l'etica e la civiltà dell'Occidente siano forse meno limpide di quanto i pregiudizi inducono a pensare. Ecco la grandezza di Conrad: riesce a dare ai fantasmi dell'anima umana la concretezza delle onde dell'oceano, l'afferrabilità della tempesta che si scatena improvvisa dopo la bonaccia, il profumo della brezza. La sua maestria di narratore del mare e dell'animo umano si esprime incredibilmente con un linguaggio che altri grandi scrittori inglesi gli invidiavano, a lui, polacco di nascita e di lingua: "La verità della faccenda è che la mia facoltà di scrivere in inglese è naturale quanto ogni altra attitudine ingenita che io abbia mai avuto. Nutro la strana e irresistibile sensazione ch'essa sia sempre stata una parte inerente di me stesso". Introduzione di Filippo La Porta.