
Questo libro raccoglie l'opera narrativa di uno tra i maggiori scrittori del Novecento, colui che più di ogni altro ha dato voce alle inquietudini dell'uomo moderno. America (iniziato nel 1910 e pubblicato nel 1927), Il processo (scritto tra il 1914 e il 1915, pubblicato nel 1924), e Il castello (scritto nel 1922 e pubblicato nel 1926) sono ormai tra i più celebri romanzi della letteratura moderna, in cui ritorna, pur sotto differenti trame, il tema dell'angoscia per una persecuzione assurda e incomprensibile. Lo sguardo appassionato e acuto e l'intelligenza profonda del giovane Franz svelano e rendono altissima letteratura le contraddizioni, i drammi, la violenza e la stupidità nascosti sotto le apparenze del reale. Un posto di rilievo nell'opera di Kafka spetta anche ai racconti, molti dei quali, come La metamorfosi, Nella colonia penale, Il messaggio imperiale, sono veri capolavori. Completano il volume le raccolte di aforismi, pensieri, appunti, alcune pubblicate nella forma voluta dall'autore (come le Considerazioni), altre curate dopo la sua morte dall'amico Max Brod.
La più completa raccolta delle opere leopardiane (comprendente, fra l'altro, tutti gli scritti della precoce fanciullezza, le dissertazioni filosofiche e alcune lettere sparse in riviste specialistiche) è qui disponibile in una edizione curata e annotata da Lucio Felici per la selezione poetica e da Emanuele Trevi per la sezione della prosa. Un autentico "monumento letterario", che raccoglie una vastissima e varia produzione: i Canti, le Operette morali, ma anche i Paralipomeni, i Pensieri, le traduzioni poetiche, i saggi e discorsi, l'Epistolario. Poi, lo Zibaldone, specchio di una straordinaria esperienza umana e intellettuale, chiave di lettura insostituibile di tutta l'opera leopardiana, in cui convergono, tra l'estate del 1817 e l'inverno del 1832, sondaggi introspettivi, capitoli di diario, meditazioni filosofiche di folgorante genialità, frammenti di compiuta poesia, riflessioni sociali e politiche, note filologiche, analisi di testi antichi e moderni. Le opere contenute in questa raccolta dimostrano come Leopardi sia, dopo Dante, l'unico grande autore nella storia della letteratura italiana a riunire in sé la fantasia vertiginosa del poeta e la profondità speculativa del filosofo.
In questo volume sono raccolti e presentati quei racconti che citano o parlano in qualche modo del "Libro Maledetto", quel Necronomicon che, sicuramente opera di fantasia di Lovecraft, come lui stesso ebbe ad affermare, a tutt'oggi conta una numerosa schiera di appassionati che sono convinti esista davvero. È in ogni caso fuor di dubbio che queste storie inquietanti costituiscono un momento fondamentale nell'insieme del corpus narrativo del Solitario di Providence, e in particolar modo per quanto attiene al suo famosissimo Ciclo dei Miti di Cthulhu, che viene unanimemente riconosciuto come la parte più pregnante e significativa della sua produzione.
Accanto alla poesia altissima e senza tempo della Divina Commedia è stata riunita in questo volume l'intera produzione dantesca, dalla Vita nuova (1292-93), l'intimo memoriale in rime e prosa poetica dell'amore di Dante per Beatrice, alle Rime, mai raccolte da Dante in un corpus unitario; dal Convivio, scritto in volgare tra il 1304 e il 1307 per rendere accessibili anche al pubblico più vasto temi scientifici e filosofici, al trattato latino De vulgari eloquentia; dal Monarchia, trattato politico in tre libri, alle due Egloghe latine composte tra il 1319 e il 1320, fino alle 13 Epistole latine, scritte tra il 1304 e il 1319, e alla Quaestio de aqua et de terra, tesi filosofica letta a Verona nel 1320.
Il testo contiene le centinaia di riflessioni del celebre eteronimo dell'autore, Bernardo Soares, raccolte in maniera disordinata e "aperta": tragico, ironico, profondo e irrequieto, Soares riflette sulla vita, sulla morte e sull'anima, ma anche sulle sue memorie più intime e sullo scorrere del tempo, sui colori e le emozioni che osserva intorno a sé e dentro di sé.
Guerra e pace, certamente il capolavoro di Tolstoj, è, come ha scritto Ettore Lo Gatto, «la più grande opera della letteratura narrativa russa e una delle più grandi della letteratura europea del secolo XIX». Il romanzo racconta la storia di due famiglie aristocratiche, i Bolkonski e i Rostòv, in una Russia sconvolta dalla guerra e dall’invasione napoleonica. Raramente è dato di leggere un’opera in cui i destini individuali dei personaggi principali – fra cui spiccano Nataša Rostòva, il principe Andréi Bolkonski e il conte Pierre Bezuchov – si intrecciano in modo così perfetto con gli avvenimenti storici e militari: una dimensione che il cinema non ha mancato di sottolineare in tanti film di successo. L’epopea del popolo russo, il rapporto fra personalità individuale e collettività, i grandi temi filosofici dell’Ottocento e l’interrogazione sul senso della Storia si fondono in questa grandiosa narrazione tolstojana.
Questo volume raccoglie tutti i romanzi della «più grande scrittrice d’avanguardia del Novecento europeo»: dalle prime prove ancora influenzate dalle forme del romanzo storico d’impianto ottocentesco, fino alle opere della maturità, il lettore può seguire l’evoluzione di una personalità, di uno stile e di un pensiero inconfondibili. Parallelamente e insieme all’imporsi dell’indagine nell’interiorità del personaggio, si fa strada nella narratrice inglese la conquista stilistica del “monologo interiore”, del “flusso di coscienza”, mentre il superamento dell’esteriorità dei modelli tradizionali di scrittura si accompagna alla precoce e dolorosa presa di coscienza della necessità di combattere il ruolo subalterno delle donne. Raggiungendo nelle sue pagine migliori la profondità di Proust e Joyce, la Woolf è oggi uno dei capisaldi della letteratura mondiale e la massima rappresentante della scrittura al femminile.
A oltre un secolo dalla sua pubblicazione, Alice, come romanzo e come personaggio, conserva ancora intatta tutta la sua freschezza, incantando non solo i più giovani ma anche gli adulti, che nel suo mondo meraviglioso scoprono un altro sé, pronto a sfidare ardui giochi linguistici, entusiasmanti trucchi psicologici, situazioni impossibili che mettono in discussione la realtà e svelano l'irresistibile fascino dell'assurdo. In un romanzo in cui la sospensione dell'incredulità è d'obbligo, il gusto del gioco non può essere dimenticato e va riscoperto con occhi che sappiano guardare al di là del consueto. Perché qui è l'essenza della vita, e forse tra i sogni segreti di tanti c'è proprio la tana di un coniglio bianco in cui perdersi, uno specchio al di là del quale riscoprire la bellezza della vita reale. È letteratura per ragazzi? È un libro da leggere punto e basta. (Presentazione di Simona Vinci) Età di lettura: da 11 anni.
Una vita è il primo passaggio obbligato per entrare in quella sorta di “presa di coscienza”, individuale e collettiva, della crisi della cultura e dei valori dell’uomo europeo, che i romanzi di Svevo in qualche modo rappresentano. Nel racconto di un’esistenza che si svolge tutta all’insegna del non vivere, si scontrano la poetica del verismo e del naturalismo, l’oggettività con cui vengono descritti ambienti e tematiche sociali con la tensione, tutta nuova, dell’introspezione psicologica e autobiografica. La parabola esistenziale di un sognatore, implacabile analizzatore di se stesso, negato all’azione e quindi destinato all’inevitabile fallimento.
Con Senilità Svevo entra nel pieno della sua maturità letteraria. Pubblicato per la prima volta nel 1898 con scarso successo, fu salutato come un capolavoro nel 1927, dopo che Joyce ebbe dichiarato pubblicamente il suo grande apprezzamento per questo libro. È la storia, in una Trieste allietata dai clamori del Carnevale, di un “eroe esistenziale” la cui protesta sociale, il cui non ritenersi figlio dei tempi si arrendono all’amore per una donna, miscuglio irresistibile di sensualità e devozione, di grazia e sfacciata volgarità, di egoismo e pietà. Nell’opera si respira, ormai libera e naturale, quella che Montale definì «l’epica della grigia casualità della nostra vita di tutti i giorni».
Rimasto anch’esso incompreso per lungo tempo, La coscienza di Zeno è il più importante romanzo di Svevo e uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea. È il resoconto di un viaggio nell’oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. Primo romanzo “psicoanalitico” della nostra letteratura, quest’opera rivoluzionaria seppe interpretare magistralmente le ansie, i timori e gli interrogativi più profondi di una società in cambiamento.
L’inettitudine ad aderire alla vita, l’eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra sanità e malattia sono i temi centrali di Svevo che ritroviamo anche nei percorsi narrativi dei suoi bellissimi e insoliti racconti.
Il sogno di possedere un ritratto che invecchi al suo posto, assumendo i segni che il tempo dovrebbe tracciare sul suo volto angelico, diviene per Dorian Gray una paradossale, terribile realtà. Ma non saranno tanto le tracce del tempo che passa a fermarsi sul dipinto di quel bellissimo giovane, quanto le nefandezze di cui la sua anima si è macchiata. Un'anima giunta al culmine della dissolutezza, corrotta e degradata, trascinata nell'abisso della turpitudine e del vizio dal cinismo e dalla sfrenata avidità di piaceri di ogni sorta. Dalla sua sfida diabolica alla giovinezza eterna, Dorian uscirà sconfitto, schiavo di un ideale, assurdo desiderio di far coincidere l'arte con la vita. "Il ritratto di Dorian Gray" è considerato il romanzo simbolo del decadentismo e dell'estetismo.
Le opere qui raccolte del grande scrittore russo sono pietre miliari e imprescindibili punti di riferimento per gli amanti della letteratura; sono dei classici: quindi, secondo la definizione di Calvino, hanno sempre qualcosa di nuovo da dire, al lettore di cento anni fa come a quello contemporaneo; a chi vi si accosta per la prima volta, a chi vuole riscoprirne la bellezza con l’ennesima lettura. Sono scorrevoli e mozzafiato come thriller, eppure raggiungono profondità filosofiche.
Alla costante ricerca di un equilibrio finale e definitivo tra il bene e il male, l’autore ci regala pagine di grande impatto emotivo, dove il passo dei protagonisti è segnato dal dolore e dal sentimento di perenne inadeguatezza sociale, culturale o esistenziale. I suoi personaggi, densi di una vita interiore quasi tangibile, si esprimono con l’urlo della rivolta all’ingiustizia, o con i racconti sussurrati degli umili, con i monologhi dell’intelligenza lucida che vuole approdare alla verità, ma si perde alla fine nel buio del dubbio, nel ritmo lento e contraddittorio, o precipitoso e violento delle azioni e del pensiero. I suoi romanzi sono costruiti dalle anime nere, i “cattivi” agiscono e tessono le trame della storia, raccontata con scrittura indagatrice, impietosa, incalzante; tutto finirebbe nel baratro della distruzione e dell’autodistruzione, se non splendesse oltre il tunnel una luce: lo sguardo luminoso del principe Myškin, o l’introspezione dolorosa di Raskòlnikov. Raggi di sole nella tempesta, consentono all’autore non rassicuranti certezze, ma almeno la possibilità di domandarsi: si può sperare?