
È troppo vecchio e stanco per amare, ma è condannato a non morire. Per secoli la voce narrante di questo romanzo ha fatto il cantastorie, errando per l’Europa senza sosta, senza trovar pace, espiando il fatto di aver rinnegato l’amore. Ma ora, alle soglie del Cinquecento, ha deciso di fermarsi, perché tutto intorno a lui sta cambiando. Per la prima volta compra una casa, a Copenaghen. E per la prima volta, invece di parlare d’amore, ascolta. Così, per cinque secoli, raccoglie le storie d’amore più significative. Quelle capaci, di volta in volta, di cogliere l’essenza stessa di questo sentimento e, al contempo, quella del secolo in cui si svolgono.
Nel Cinquecento della Riforma, l’amore si manifesta nel potentissimo canto di un’orfana. Poi, si frammenta nel racconto seicentesco di una vita dedicata alla pittura. Si mette alla prova in esperimenti scientifici, sotto il segno della ragione illuminista. Nell’Ottocento dei grandi pensatori si trasfigura in filosofia. E nel Novecento l’amore non può che trasformarsi in merce. Eppure, nella sua inafferrabilità, l’amore rimane identico a se stesso. E, come al narratore, anche a noi non resta che una cosa: ascoltare.
Può una donna decidere di cambiare vita a settant'anni? Secondo Ellinor, sì. Anche se ha sempre lasciato che fossero le circostanze a scegliere per lei, appena rimasta vedova abbandona gli agi dei sobborghi di lusso per tornare nel quartiere operaio del centro di Copenaghen dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza. Il quartiere è cambiato: adesso ci sono le prostitute, i pusher e gli hipster, ma a lei non importa, le importa solo che dalle finestre della sua nuova casa si veda il portone di quella in cui ha vissuto da bambina. In una lunga lettera alla sua migliore amica, morta tanti anni prima, fa il bilancio della propria vita, segnata da inganni e tradimenti, da dolori e lutti, e da un grande, terribile segreto.
Roland Oberstein, quarantun anni, felicemente divorziato e padre di un bambino, sa bene come va il mondo. Docente universitario di Economia, è consapevole che il libero mercato regna sovrano, specialmente in amore. Tutto ruota intorno alla scarsità, al gioco di domanda e offerta. Il mondo da lui concepito ha una sua logica evidente e sembra privo di sentimenti come la colpa, la gelosia, il risentimento o il romanticismo. Quando ottiene un incarico all'Università George Mason di Fairfax, Stati Uniti, Oberstein lascia la moglie e il figlio di cinque anni per andare a vivere in un hotel della cittadina americana. Ad Amsterdam lascia anche la sua nuova fiamma, che a volte gli telefona sconsolata. Tutto cambia quando, in un momento di debolezza, Oberstein acconsente alla richiesta dell'ex moglie di averlo vicino almeno una parte dell'anno per condividere l'educazione del figlio. Per un semestre, dunque, darà lezioni di Economia all'Università di Leida e niente sarà più come avrebbe dovuto essere. L'Olanda, e più in generale l'Europa, la terra che Oberstein ha sempre trovato profondamente decadente e corrotta, lo irretisce e travolge, dal punto di vista sia professionale che personale. E il meccanismo ben oliato della sua vita, a questo punto, fatalmente si inceppa.
Un padre semialcolizzato che nessuno sa come si guadagni da vivere, una madre un tempo bellissima, scampata ad Auschwitz e preda delle proprie nevrosi: ecco la famiglia del giovane Arnon, protagonista di questo formidabile romanzo d'esordio tradotto in tutto il mondo. Il ragazzo, convinto che le persone più amate possono diventare i nostri peggiori nemici, e mosso da un'irrefrenabile curiosità, divide la sua vita sregolata tra i bar di Amsterdam e le prostitute. Si succedono così gli incontri con Marcella, Natasja, Astrid, Sandra, che devono però restare irripetuti, significativi proprio per la loro unicità. Nel tentativo di fare surf sulle onde della vita senza mai tuffarsi ed esplorarne le profondità.
Questo romanzo è un viaggio delicato nei nostri sentimenti, un'avventura straripante di fantasia in cui confluiscono il desiderio, la gratitudine, la giustizia e i sogni. Nelle sue pagine transita un manipolo di personaggi che rimarranno per molto tempo nel cuore dei lettori: l'affascinante ladro Bruno Labastide, il prescrittore di libri, il cacciatore di sogni e la giovane giapponese dagli occhi color del miele che, ogni notte, sfida il destino dal suo appartamento veneziano. Magica e ipnotica, questa storia ci trasporta da Parigi a Buenos Aires, da Venezia all'Indocina, rendendoci complici dell'itinerario esistenziale dei suoi protagonisti che, pur sembrando perdenti solitari, in realtà raggiungono, senza quasi esserne consapevoli, l'obiettivo più alto e bello a cui l'uomo può aspirare: rendere felici gli altri.
Isabel Duncan, una scienziata che lavora al Great Apes Language Lab, non riesce a interagire con gli esseri umani, ma si trova a suo agio con le scimmie, in particolare con i bonobo. Isabel preferisce il loro mondo a quello dei suoi simili, almeno fino al giorno in cui incontra John Thigpen, un giornalista sposato intento ad affrontare un gruppo di ambientalisti in eterna protesta con il laboratorio, curiosi di sapere che cosa succeda al suo interno. Quando nell'edificio si verifica un'esplosione, Isabel rimane gravemente ferita e sei delle scimmie ospitate vengono "liberate": da quel momento l'interesse puramente umano di John si trasforma nella storia della sua vita, una storia per la quale è disposto a rischiare la sua carriera e il suo matrimonio. Poco dopo l'"incidente", mentre Isabel è in convalescenza, debutta improvvisamente, e in circostanze misteriose, il reality show La casa delle scimmie, con protagonisti proprio gli animali fuggiti dal laboratorio, e diventa subito il più grande, e improbabile, fenomeno nella storia dei media moderni. La casa delle scimmie è una storia d'amore e, insieme, una finestra su un mondo nascosto e meraviglioso, quello della natura e degli animali.
Sono gli anni Trenta negli Stati Uniti, l'epoca della Grande Depressione, la più grave crisi mai vissuta dalla nazione americana. Sono anche gli anni, però, in cui ha inizio una singolare "grandeur": quella dei circhi itineranti che attraversano in lungo e in largo il paese col loro strabiliante carico di donne-cannone, nani, mostri e animali esotici. In uno di questi circhi capita un giorno Jacob, studente di veterinaria in fuga da tutto e da tutti dopo l'improvvisa morte dei genitori. In quel bizzarro mondo, Jacob se ne starebbe tranquillamente al suo posto se due seducenti figure non lo turbassero profondamente: un turbamento pericoloso, visto che le due figure (di cui la seconda è un'elefantessa) sono in balia del sadico direttore, prime vittime della sua gelosia, dei suoi instabili umori e della sua inarrestabile violenza.
Nella cittadina di Christianssund - un posto tranquillo affacciato su un bel fiordo, con un delizioso centro storico impreziosito da case a graticcio e da colorate piante di malva - si viene a sapere di un giovane cacciatore di dote che, per tutta la Danimarca, seduce e poi abbandona facoltose donne di mezza età che rincorrono un irraggiungibile sogno d'amore. Anche Ursula Olesen è caduta nella rete, e quando scopre che l'uomo che doveva sposare è scomparso con il suo intero patrimonio, decide di rivolgersi a Dan Sommerdahl, il brillante ex pubblicitario che un esaurimento nervoso ha spinto a lasciare una carriera di successo per indossare i panni del detective privato. Dan si mette subito al lavoro, e scopre presto che la losca attività del seduttore sconosciuto è collegata al brutale omicidio di uno studente appassionato di computer, membro di una rigida e inquietante comunità religiosa. Seguendo la traccia di un misterioso tatuaggio dai mille significati, in coppia - o forse piuttosto in gara - col suo amico di sempre, il commissario Flemming Torp, Dan cerca di mettere le mani su un uomo pericoloso e sfuggente, dalle molteplici identità. La sua indagine, condotta talvolta con eccessiva autonomia e un pizzico d'ingenuità, lo porterà fino alle strade infuocate di Goa, a caccia di un fatale truffatore dalla personalità complessa e dal passato difficile.
I tre racconti qui radunati appartengono a momenti diversi della produzione di Grossman: alla fine degli anni Trenta "La giovane e la vecchia" e "L'alce", al biennio 1960-1961 "La cannetta". Eppure si possono ascrivere, tutti e tre, ai vertici della sua prosa: sia che rifletta suasa mutevolezza beffarda dei destini umani, sia che sottolinei in modo quasi paradossale la superiorità etica dell'animale – l'eterna vittima – sull'uomo – l'eterno carnefice, Grossman fa vibrare in ogni pagina la corda sottile del "bene illogico", e la sua ricerca illumina un mondo opaco e inerte, dove solo pochi sanno vivere "secondo coscienza".
«Che cosa me ne faccio, ora, della mia vecchia vita, del mio lavoro ostinato e prezioso, di gioie e delusioni, dei miei pensieri, delle pagine che ho scritto?» si chiede Sergej Bogarëv mentre percorre il fronte nell'agosto del 1941, i tedeschi avanzano e le truppe sovietiche inesorabilmente retrocedono. È «una guerra mai vista prima», quella che si è abbattuta sul suo paese; una guerra che l'ha strappato all'insegnamento del marxismo e trasformato in commissario politico di un battaglione che, nel tentativo disperato di rallentare l'offensiva nazista, si ritroverà isolato oltre le linee nemiche; una guerra che per lui - come per tutti gli altri protagonisti del romanzo - segna una cesura netta e irreparabile. «Il popolo è immortale, la sua causa è immortale. Ma non si può risarcire la perdita di un uomo!» scriverà Grossman poco dopo la fine della guerra. E così, pur desideroso di infondere in chi combatteva ottimismo e coraggio, ci racconta i primi mesi dell'invasione tedesca - antefatto di "Stalingrado" e "Vita e destino" - attraverso pagine dure, che dipingono la distruzione e le disfatte, i pensieri dei soldati, la marcia dei contadini nella notte, sotto le "scie rosse dei proiettili traccianti che strisciavano lente verso le stelle», i campi e i boschi sottratti a chi ne conosceva da sempre ogni segreto e il vano eroismo di uomini semplici mandati a fronteggiare «l'esercito più forte d'Europa». Pagine di un 'romanzo sovietico', ma così audaci da abdicare a ogni ligia ortodossia. E, come sempre in Grossman, attraversate da un soffio epico che le trasforma in grande letteratura.
Quando Pëtr Vavilov, un giorno del 1942, vede la giovane postina attraversare la strada con un foglio in mano, puntando dritto verso casa sua, sente una stretta al cuore. Sa che l'esercito sta richiamando i riservisti. Il 29 aprile, a Salisburgo, nel loro ennesimo incontro Hitler e Mussolini lo hanno stabilito: il colpo da infliggere alla Russia dev'essere "immane, tremendo e definitivo». Vavilov guarda già con rimpianto alla sua isba e alla sua vita, pur durissima, e con angoscia al distacco dalla moglie e dai figli: «...sentì, non con la mente né col pensiero, ma con gli occhi, la pelle e le ossa, tutta la forza malvagia di un gorgo crudele cui nulla importava di lui, di ciò che amava e voleva. Provò l'orrore che deve provare un pezzo di legno quando di colpo capisce che non sta scivolando lungo rive più o meno alte e frondose per sua volontà, ma perché spinto dalla forza impetuosa e inarginabile dell'acqua». È il fiume della Storia, che sta per esondare e che travolgerà tutto e tutti: lui, Vavilov, la sua famiglia, e la famiglia degli Saposnikov - raccolta in un appartamento a Stalingrado per quella che potrebbe essere la loro «ultima riunione» -, e gli altri indimenticabili personaggi di questo romanzo sconfinato, dove si respira l'aria delle grandi epopee... E se Grossman è stato definito «il Tolstoj dell'Unione Sovietica», ora possiamo finalmente aggiungere che Stalingrado, insieme a Vita e destino, è il suo Guerra e pace.
La prima versione integrale dell'immensa epopea che sta all'assedio di Stalingrado come Guerra e pace alle campagne napoleoniche.