
"C'era un poliziotto in una serie di romanzi gialli degli anni Trenta, che diceva una cosa, diceva in un mistero, forse, non è così importante scoprire chi è l'assassino, in un giallo, in un vero giallo, il mistero più importante è sempre lo stesso: quello del cuore umano. Nel dicembre del 1965, poco più di un anno prima di essere ritrovato nella stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo ucciso da un colpo di pistola alla testa, Luigi Tenco era andato in Argentina, dove rimase dieci giorni. Cosa ha lasciato, laggiù, in quel viaggio. Cosa si è portato dietro. Cosa si è portato dentro. Il 27 gennaio 1967, dopo che la sua canzone è stata eliminata dal Festival di Sanremo, Luigi Tenco si chiude in quella camera d'albergo e si spara. Per qualcuno c'è qualcosa di poco chiaro in quel suicidio, per altri non è neanche un suicidio, ma questo adesso non ci interessa, questa è un'altra storia. A noi, adesso, interessa un altro mistero. Il mistero del cuore umano." Il mistero che Carlo Lucarelli racconta ha per protagonista un ispettore della polizia di Sanremo, che subito dopo il suicidio di Tenco viene incaricato d'investigare sul viaggio del cantante a Buenos Aires. Una storia sottile, sensuale, malinconica, uno spettacolo teatrale di Giorgio Ugozzoli, con la regia di Gigi Dall'Aglio, le musiche di Alessandro Nidi, interpretato da Masela Foschi e Adolfo Margiotta.
Andrea ha vent'anni, dovrebbe studiare per gli esami all'università, ma ha una tessera del Partito in tasca e altre velleità in testa. È entrato in politica quasi per caso, perché Angelica, la ragazza con cui stava, voleva studiare sul serio e non aveva tempo da dedicargli, così lo ha piantato. Però poi lui ci ha preso gusto. La stoffa ce l'ha. Nell'associazione studentesca ha incontrato le persone giuste che lo hanno istruito e gli hanno spiegato come funziona davvero la politica: a cosa bisogna prestare attenzione, come ci si muove, cosa bisogna dire e soprattutto quali domande non fare mai. Così è stato affiliato alla corrente di Salvo, quella vincente, e in un baleno ha fatto carriera. A dispetto di tutti i timori e dello scetticismo di suo padre, che lo ha sempre contestato ricattandolo col fatto che gli pagava gli studi fuori sede, Andrea ce l'ha fatta, e adesso guadagnerà anche un suo stipendio, perché la politica è un lavoro vero, i soldi corrono, sebbene non sempre in modo limpido. Con ironia e leggerezza, "Così giovane e già così moderato" smaschera i meccanismi che si muovono dietro le quinte dei partiti politici italiani. Ci mostra come anche ai livelli più periferici le logiche del potere e della burocrazia interna inquinano gli ideali e i contenuti della politica, quella che noi tutti crediamo sia la politica vera, di cui si dibatte in tv e sui giornali, e che invece spesso è solo il paravento dietro cui si muovono interessi molto meschini.
"Questo è il senso profondo de Le strade di polvere, un libro che anche nel titolo sembra richiamare il senso del viaggio nello spazio (e quindi nel tempo) e del raccontare senza fine, affidando alla immagine della polvere la suggesione della labilità del vivere e la sua asprezza in campagne avare" (Claudio Marabito, "Nuova Antologia"). Premio Viareggio e Premio Supercampiello 1988.
A guardarle dal paese di Brusson, le fortezze volanti che vanno a bombardare le città del Nord per un attimo possono sembrare stelle. E i ragazzi sfollati si tengono compagnia e intanto si allenano alla vita. Mentre le note della "Paloma" si diffondono dal grammofono a manovella, qualcuno si innamora e qualcun altro si prepara a morire. Ma dopo l'8 settembre nessuno potrà più stare in un limbo, le partite a tennis, gli amori, le parole sussurrate si dilegueranno nel mondo dei ricordi. E dal passato tornerà solo qualche immagine, familiare eppure terribile. Immagini come ferite, destinate a lacerare per sempre l'orizzonte del paesaggio alpino e del ricordo.
"La parola ebreo" di Rosetta Loy ci riporta al clima degli anni in cui la sua famiglia, cattolica, e una certa borghesia italiana, accettarono le leggi razziali senza avere coscienza della tragedia che si stava compiendo. L'autrice ritrova i segni misteriosi e ambigui di quella quotidianità vissuta al riparo della storia e si insinua nelle pieghe dei fatti raccontando, con l'aiuto di lettere, dichiarazioni, discorsi, i passaggi cruciali di un periodo in cui nessuno è stato capace di opporsi alla follia nazista.
La storia inizia nel 1941 e termina negli anni Sessanta. Al centro c'è la guerra e il suo stravolgimento epocale. Il suo impatto su una famiglia felice, fino a quando un solco nero non dividerà il "prima" dal "dopo". Le vicende del romanzo seguono quelle dei personaggi, tutte intrecciate tra loro con un movimento nel tempo che ha più a che fare con i ritmi della memoria che con quelli della Storia. Si passa dai primi mesi di guerra, quando l'atmosfera è ancora inconsapevolmente euforica, ai giorni più bui dell'occupazione tedesca, per risalire alle battaglie in Nordafrica, raccontate in modo folgorante grazie anche al ritrovamento di un diario inedito. Infine si torna alle speranze del dopoguerra, per chi aveva ancora qualcosa in cui sperare.
Questa è una storia che comincia da lontano, privata e corale al tempo stesso. Comincia da una bambina cagionevole che nell'immaginazione ha la sua forza, dai sentimenti puliti dell'età in cui tutto è nuovo e si impara a misurare se stessi. La Seconda guerra mondiale è finita, dietro le spalle la paura e la fame. E tutto può ricominciare. C'è una famiglia benestante e protettiva, c'è l'Italia che scorre davanti agli occhi. Ci sono tre sorelle e un fratello, le cuoche e le cameriere, le governanti e le insegnanti, e poi gli amici inseparabili, un disco che gira sul grammofono, i giochi, gli affetti, i segreti. Ci sono le gite in montagna, le estati irripetibili e arroventate con le scorribande sulle colline del Monferrato, i bagni nel Po. Le ore passate a fingere di studiare il pianoforte con le avventure delle tigri di Mompracem al posto dello spartito, gonne di taffetà sul corpo che cambia, un tavolo da ping pong che fa il suo ingresso in casa relegando le bambole in soffitta e scatenando pomeriggi di battaglie furibonde. Poi, dal bozzolo della fanciulla "bene", spunta un'adolescente determinata e curiosa: di nuovi luoghi, di persone dalle storie affascinanti e nebulose. E nascono anche i primi "incantamenti", a partire da quel ragazzo piú grande che assomiglia a Gregory Peck fino a quel giovane alto e squattrinato che legge Marx e la fa sentire bellissima. D'improvviso, gli appuntamenti di nascosto, le bugie al padre amatissimo, l'emozione del corpo. È da qui che comincia la vita adulta.
Il tempo dei desideri che si consumano, dei balli, delle stagioni, della gioventú, il tempo crudele e magico di tutto ciò che non lascia traccia. La storia di una famiglia monferrina, dalla fine dell'età napoleonica ai primi anni dell'Italia unita.
Una giovane restauratrice, sposata e madre di un bambino, s'innamora di un giornalista e per lui lascia il matrimonio, il figlio, gli affetti domestici. Sullo sfondo della contestazione del Sessantotto, la donna viene attirata dal gruppo di amici del suo nuovo compagno che la accoglie, la vuole, e poi la rigetta. Come ha scritto Garboli, "Rosetta Loy è il solo scrittore italiano che abbia cercato di leggere la nostra storia con continuità, andando a stanare sotto la crosta di un decennio tragicamente euforico, gli anni Cinquanta, il seme di tutto ciò che è avvenuto dopo".
Rosetta Loy pubblica questo libro originariamente in francese, nel 2007, accogliendo la proposta di Colette Fellous, che dirige la collana “Traits et portraits” per l ’editore Mercure de France. La narrazione è accompagnata da fotografie che fissano momenti della sua storia personale, stati d’animo, atmosfere, sentimenti che si riflettono nel racconto senza necessariamente corrispondervi, immagini che conservano la loro parte di segreto e che rimandano ad altre immagini o a parole o a un gusto, come quello del cioccolato con l’arrivo a Roma degli americani, “ i nostri liberatori nonché conquistatori ”.
La prima mano è quella del padre, un tempo forte e protettiva, mano amata
e amorosa, che sorregge, cura e salva. Scorrono i ricordi mentre l’autrice, col suo sguardo di bambina, di adolescente e poi di donna, attraversa gli anni di un’esistenza che appare privilegiata e dolente. Lo sguardo rimane sempre lo stesso, acuto, preciso, intuitivo, vero. C’è una guerra che sconvolge il Paese e la bambina la osserva attenta, i bombardamenti e la fame, l’occupazione e le stragi dei nazisti. Ci sono vacanze al mare
e in montagna, dimore borghesi con cameriere e balie, l’autista Francesco, “possente e meraviglioso”, le due sorelle e il fratello.
Ci sono i primi turbamenti, l’infelice consapevolezza del proprio corpo.
I viaggi con la famiglia su improbabili treni, mentre scene belliche di desolazione passano nel sole dell’estate davanti al portellone aperto del vagone bestiame.
La narratrice percepisce il mondo che si sgretola fuori dalle sue stanze
e intanto coltiva un senso di universale compassione che non la lascia mai, neanche quando nell’età matura conosce l’amore più doloroso e profondo, che offre al lettore con incursioni fulminee nella materia viva della memoria più recente (“La terza è una mano fragile e caparbiamente generosa, la mano di un antico guerriero che possiede ancora il ricordo delle battaglie combattute. Una mano da amare, da scaldare con il calore della bocca”).
Un libro intenso in cui, come scrive Livres Hebdo, “la nostalgia è intelligente, pudica e senza effusioni eppure carica di una tenerezza violenta e sensuale”.