
È questo il secondo atto dell'impresa di ritraduzione della narrativa di Mann, avviata nel 2007 dal Meridiano "Romanzi" ("I Buddenbrook" e "Altezza reale"). Con il titolo "La montagna incantata", il capolavoro di Mann, uscito a Berlino nel 1924, venne tradotto in Italia nel 1932 e poi da Ervino Pocar nel 1965. Con questa pubblicazione, il romanzo di Mann - una vera e propria "opera-mondo" - ritorna in libreria in una nuova traduzione corredata da un vasto commento analitico, viatico per penetrarne la complessità anche filosofica. La traduzione di Renata Colorni - traghettatrice dell'opera di Freud presso il pubblico italiano a partire dagli anni Settanta, oltre che traduttrice di numerose e importanti opere della narrativa tedesca - grazie all'attenzione verso i suoi caratteri linguistici distintivi, restituisce al dettato manniano la sua caleidoscopica unicità. La curatela è del germanista Luca Crescenzi, che oltre al commento firma anche una introduzione che si affianca allo scritto dello studioso tedesco Michael Neumann.
Scelti e pubblicati da Mondadori nel 1947, a cura di Lavinia Mazzucchetti, i testi etici e politici raccolti in questo libro furono scritti da Thomas Mann tra il 1922 e il 1945. La silloge si apre con il grande discorso berlinese del 1922 «Della repubblica tedesca» che segna l'approdo di Mann al pensiero democratico, e comprende tra l'altro la lettera al preside dell'università di Bonn che gli aveva tolto la laurea honoris causa, e i cinquantacinque radiomessaggi violentemente antinazisti inviati dall'America al popolo tedesco durante la guerra. Come scrive Giorgio Napolitano nella sua Introduzione, «la riflessione di Mann resta incancellabile - al di là dell'influenza che poté esercitare nel suo Paese prima e dopo essere stato costretto all'esilio -, riflessione che di certo non poté essere tale da salvare la Germania da quindici anni di regressione barbarica. È una lezione che torna ad ammonirci e illuminarci, nelle crisi sociali, culturali e politiche di questo inizio del XXI secolo in Europa».
Il primo grande romanzo di Thomas Mann racconta la storia di una famiglia tedesca dell'Ottocento che dopo anni di prosperità è esposta a una tragica decadenza: le basi di un patrimonio e di una potenza che sembravano incrollabili sono sgretolate da una forza ostinata e segreta. Opera di ispirazione autobiografica, questo romanzo, capolavoro della letteratura europea, esprime compiutamente la concezione estetica e politica dello scrittore tedesco, il suo rimpianto per una mitica e solida borghesia, la coscienza della crisi di un mondo e di valori destinati inesorabilmente a scomparire.
Una Venezia estiva ammorbata da una peste incombente ospita l'inquieto Gustav Aschenbach, famoso scrittore tedesco che ha costruito vita e opera sulla più ostinata fedeltà ai canoni classici dell'etica e dell'estetica. Un sottile impulso lo scuote nel momento in cui compare sulla spiaggia del Lido la spietata bellezza di Tadzio, un ragazzo polacco. Un unico gioco di sguardi, la vergogna della propria decrepitezza, la scelta di imbellettarsi per nasconderla, sono i passi che scandiscono la vicenda. In pieno Novecento, Thomas Mann ha colto e rappresentato la grande cultura borghese in via di dissoluzione, in un'opera emblematica che fonde la perfezione formale con la rappresentazione degli aspetti patologici di quella crisi.
"«La montagna incantata è un fedele, complesso, esauriente ritratto della civiltà occidentale dei primi decenni del Novecento e, nella sua incantata fusione di prosa e poesia, di vastità scientifica e di arte raffinata, è il libro, forse, più grandioso che sia stato scritto nella prima metà del secolo.» Con queste parole, un entusiasta Ervino Pocar concludeva l’introduzione all’edizione della Montagna incantata da lui tradotta nel 1965 e salutata come esemplare e capace di trasmettere appieno lo stile e lo spirito dell’opera. Edizione che è stata poi ripresa nella collana degli Scrittori di tutto il mondo nel 1992 e che da allora ha fatto conoscere e apprezzare ai lettori italiani questo Bildungsroman straordinariamente complesso ambientato in un sanatorio svizzero, il celebre Berghof di Davos.
Quando il protagonista, il giovane Hans Castorp, vi arriva, è il tipico tedesco settentrionale, un solido e rispettabile borghese; ha però le sue curiosità spirituali ed è intellettualmente aperto all’avventura. A contatto con il microcosmo del sanatorio, vero e proprio panorama di tutte le correnti di pensiero dell’epoca, il suo carattere subisce un’evoluzione e un incremento: passa attraverso la malattia (Behrens e Krokowski), l’amore (la signora Chauchat), il razionalismo e la gioia di vivere (Settembrini), il pessimismo irrazionale (Naphta), senza che nessuna di queste posizioni lo converta. Ma in mezzo a tante forze contrastanti, Castorp trova il proprio equilibrio. Nel mondo della «montagna magica» dove il tempo si dissolve e il ritmo narrativo si snoda in sequenze di ore, giorni, mesi e anni resi tutti indistinti dalla routine quotidiana, egli può liberamente crescere. Paradossalmente (l’umorismo di Mann), dopo essere stato convertito alla vita Castorp tornerà alla pianura per perdersi nell’inutile strage della «grande» guerra.
«Il Graal che egli, anche se non lo trova, intuisce nel suo sogno quasi mortale prima di essere trascinato dalla sua altezza nella catastrofe europea», disse Mann, parlando agli studenti di Princeton nel 1939, alla vigilia di un’altra strage, «è l’idea dell’uomo, la concezione di un’umanità futura, passata attraverso la più profonda conoscenza della malattia e della morte. Il Graal è un mistero, ma tale è anche l’umanità: poiché l’uomo stesso è un mistero, e ogni umanità è fondata sul rispetto del mistero umano... Fate il favore di leggere il libro sotto questo angolo visuale: troverete allora che cosa sia il Graal, il sapere, l’iniziazione, quel 'supremo' che non solo l’ingenuo protagonista, ma anche il libro stesso va cercando.»
Un romanzo profetico (il nazismo è lì, in trasparenza) che delinea con crudo e grottesco sarcasmo il ritratto del perfetto suddito tedesco. Il protagonista, Diederich Essling, viene seguito a partire dall'infanzia segnata dalle prussiane frustate del padre fino al trionfo politico e sociale. Tutte le tappe della sua "maturazione" sono delineate e scandite con ritmica ferocia: la vita dissipata e gaglioffa delle associazioni studentesche con annessi duelli, tragiche bevute, vergognosi amorazzi, quella militare (che in sostanza ne è il doppione), l'assunzione di responsabilità nell'azienda paterna (condita di tante piccole e meno piccole malversazioni) e in famiglia (dove si atteggia a capofamiglia retto e irreprensibile)... Un capitolo a parte sono le sue vicende sentimentali, sempre dettate oltre che da una sordida sensualità, da una smania di "crescita" sociale. E poi, sopra tutto: la politica, nella quale si butta con goffaggine stolida ma vincente... Fantastica la conclusione quando, ottenuto il ruolo di conferenziere ufficiale nell'inaugurazione del monumento a Guglielmo II da lui fortemente voluto, la cerimonia viene rovinata da una tremenda tempesta. Tempesta che prefigura la devastante incipiente guerra. Perché, giova ricordarlo, il libro è stato scritto nel 1914 (ma pubblicato solo nel 1918, dopo molte esitazioni dell'editore). Prefazione di Luigi Forte.
In una fredda giornata d'inverno, Hakan von Enke, alto ufficiale di marina ora in pensione, scompare durante la sua abituale passeggiata mattutina a Stoccolma. Un caso che tocca da vicino il commissario Wallander. Von Enke è il futuro suocero di sua figlia Linda, il nonno della sua nipotina, e di recente gli aveva confidato aspetti soprendenti di un dramma politico-militare risalente a più di due decenni prima, quando sottomarini sovietici erano stati avvistati in acque territoriali svedesi. Kurt Wallander è vicino a un grande segreto della storia del dopoguerra. La sua lotta incessante alla ricerca della verità è ora l'impegno di un uomo che sta facendo i conti con la propria vita assediata da ombre minacciose, e che, talvolta deluso dai colleghi e dal sistema, ritrova il calore e gli affetti della sua famiglia. Con questo ultimo episodio che chiude definitivamente la serie poliziesca che l'ha reso celebre in tutto il mondo, Mankell è riuscito per la critica a creare un pezzo di grande letteratura sul tema della vecchiaia rivestendolo abilmente delle spoglie del giallo. Kurt Wallander, come scrisse Le Monde "uno dei più bei personaggi tra i romanzi polizieschi contemporanei", è stato per molti tra le figure più riuscite e affascinanti della narrativa di genere dei nostri giorni, aprendo la strada al fenomeno del giallo dalla Scandinavia.
Sulle coste svedesi, in un freddo mattino d'inverno, da un peschereccio che si fa strada tra la neve viene avvistato un gommone di salvataggio: a bordo ci sono due cadaveri. Le indagini portano l'ispettore Wallander a est: la polizia di Ystad ha le prove che i due uomini sono stati uccisi e che l'imbarcazione veniva dalla Lettonia. Kurt Wallander parte per Riga: non passerà molto tempo prima che si renda conto di essere vittima di una cospirazione legata ai drammatici cambiamenti politici dei Paesi Baltici: la caduta dell'Unione Sovietica è ormai consegnata alla storia, ma in Lituania, ora stato sovrano, alcune forze di potere lavorano nell'ombra in accordo con la mafia russa.
Figlio di una donna che non ha mai conosciuto e di un tagliaboschi con l'anima del marinaio, dal nord della Svezia Hans Olofson è arrivato nello Zambia inseguendo un sogno altrui. Profondamente colpito dall'immensa bellezza dell'Africa, decide di fermarsi, convinto di avere trovato una nuova casa. Per la fattoria che ha rilevato a Lusaka insegue ambiziosi piani di riforma, ma in quella terra ignota, completamente priva di punti di riferimento e proprio per questo così seducente, impara presto a conoscere il disprezzo dei bianchi e il sospetto dei neri, mentre la tensione e le minacce continuano a crescere intorno a lui. Un giorno, anche i suoi vicini vengono barbaramente uccisi, e Hans Olofson comincia ad avere paura, assalito dalla stessa impotenza che provava da bambino, quando il gelo faceva gemere le travi della sua casa vicino al fiume. Negli anni, il sogno africano si trasforma in una lotta per la vita e la morte. Intrecciando passato e presente, dai campi ghiacciati della Svezia alla soffocante calura dei tropici, "L'occhio del leopardo" è un viaggio non sentimentale alla scoperta di due culture inconciliabilmente diverse, un romanzo psicologico che scava nella mente di un uomo perduto in un mondo sconosciuto.
Nel periodo più difficile dopo la diagnosi della malattia, Henning Mankell trova la forza di reagire. Partendo dalla propria esperienza, il padre del commissario Wallander riflette sulle importanti questioni politiche del futuro e spiega quanto la letteratura, l'arte e la musica siano importanti nei momenti di crisi. Le sabbie mobili sono solo una leggenda, in realtà non esistono. Che la vita, nonostante le catastrofi globali e private, meriti di essere vissuta è un fatto, si tratta solo di trovare la giusta strategia, "l'arte di sopravvivere". Da un grande scrittore e intellettuale del nostro tempo, un libro che raccoglie riflessioni e ricordi, speranze e paure per il mondo in cui viviamo. "Sabbie mobili" è dedicato ai suoi lettori di sempre e a chi non ha mai conosciuto Wallander o i suoi personaggi del ciclo africano.
In una notte d'autunno, mentre un vento freddo soffia da nord, Fredrik Welin si sveglia colpito da un bagliore improvviso. La sua casa, ereditata dai nonni materni in una sperduta isola del Mar Baltico, sta bruciando. Prima di fuggire e lasciarsi alle spalle un cumulo di cenere, Welin riesce a infilarsi un paio di stivali di gomma. Calzano entrambi il piede sinistro. A settant'anni, oltre a quegli stivali spaiati, una roulotte e una piccola barca, non gli è rimasto più nulla. Anche le poche persone intorno a lui sono sfuggenti: la figlia Louise che non ha mai veramente conosciuto, l'ex postino in pensione Ture Jansson dalle mille malattie immaginarie e Lisa Modin, la giornalista della stampa locale di cui inaspettatamente si innamora. Tormentato da dubbi e rimorsi, ora che ha perso tutti gli oggetti che costituivano la sua stessa esistenza, Welin sente di trovarsi sulla soglia di un confine umano, parte del gruppo di persone che si stanno allontanando dalla vita. Mentre l'inverno avvolge l'arcipelago al largo di Stoccolma, si continua a indagare sulle cause di un disastro che non rimarrà isolato. E il fuoco che torna a divampare sembra quasi voler illuminare un buio per qualcuno insostenibile. L'ultimo romanzo di Henning Mankell, percorso dalla straziante bellezza di un paesaggio crepuscolare, è un'elegia alla vecchiaia e un inno alla vita che continua. Se i misteri delle isole troveranno una spiegazione, continuano a essere incomprensibili le relazioni tra le persone, con i loro segreti e silenzi.