
I giovani senza lavoro, i giovani senza ambizioni, i giovani senza valori, i giovani senza futuro. Sono davvero così le nuove generazioni? Stefano Laffi pensa di no e intende spostare il fuoco dell'analisi da come sono e come stanno i giovani a come sono e come stanno gli adulti riflettendo sul mondo che hanno creato per i loro figli. Sono gli adulti i responsabili della condizione dei giovani: dalla culla alla scuola, dall'università all'interminabile precariato lavorativo, il mondo degli adulti progetta e produce le nuove generazioni per soddisfare i propri bisogni e le proprie aspirazioni. Prima bambini capaci di saziare il narcisismo dei padri, poi adolescenti consumatori di esperienze e prodotti suggeriti da un marketing onnipresente, infine stagisti da reclutare e dismettere a seconda dei volubili trend del mercato. E al primo malessere, una pletora di esperti. Perché l'eterno limbo in cui oggi sopravvivono molti giovani garantisce lo status degli adulti, la loro economia schiavistica, la loro psicologia egocentrica, in una parola il loro potere: la condizione giovanile è il risultato di una vera e propria congiura. Stefano Laffi capovolge una lettura tradizionale e colpevolizzante del disagio giovanile e denuncia le cause che hanno portato a questo disagio, svelando le logiche che lo governano, gli interessi che lo rafforzano, i meccanismi che lo perpetuano. E suggerisce la via d'uscita, che libera tutti, adulti compresi, da una società sterile, mortifera.
Quella che racconta Alberto Manguel non è la storia della lettura, ma è, appunto, una storia della lettura: soggettiva e unica, e proprio per questo di tutti. Infatti, alla dissertazione letteraria, Manguel aggiunge annotazioni personali, passi autobiografici, aneddoti che dissacrano la letteratura in quanto scienza e che invece sanciscono la superiorità della lettura e, soprattutto, dei lettori. Così, dopo aver chiamato in causa autori come Plinio, Dante, Cervantes. Victor Hugo, Rabelais e Borges, Manguel parla della forma del libro, dei libri proibiti, del valore delle prime pagine, di cosa vuol dire leggere in pubblico e, al contrario, dentro la propria testa, e ancora, del potere del lettore, della sua capacità di trasformare e dare vita al libro, quanto e forse più dell'autore stesso, della follia dei librai e del fuoco sacro che divora ogni vero appassionato di storie.
Nel testo si affrontano le alternative teorico-normative con cui governare la babele multiculturale del mondo contemporaneo. Le difficoltà derivano dal fatto che, in democrazia, il riconoscimento politico della diversità culturale non può che poggiare sull'eguaglianza dei diritti. Secondo i liberali la politica si fonda sull'universalismo delle norme giuridiche e dunque rimane neutrale rispetto alle varie concezioni etiche "private". Secondo i comunitari la politica si fonda invece sulla differenza dei valori etici.
Ognuno di noi è il risultato di un corpo ricevuto per eredità biologica e di stampi anonimi (lingua, cultura, istituzioni), le cui impronte rielabora in forma inconfondibilmente personale. A lungo, in Occidente, questi processi d'individuazione sono stati garantiti dalla fede nel loro inamovibile fondamento: l'anima immortale. Con la progressiva erosione di tale sostegno, ha inizio la consapevole costruzione dell'individualità mediante gli strumenti artificiali della politica e dei saperi scientifici. Attraverso tecniche di ingegneria umana, il potere, interiorizzandosi, rende il singolo più facilmente plasmabile, invadendone la coscienza. Nello stesso tempo, la disarticolazione e la scissione del presunto carattere monolitico della personalità permettono una sua diversa ricomposizione entro inediti orizzonti di libertà. Il libro analizza storicamente e teoricamente tali vicende avendo come sfondo il periodo che va dalla fine del Seicento alle soglie del presente, ma come primo piano la fase politica d'incubazione e di sviluppo dei fascismi e quella filosofica, scientifica e letteraria del fiorire di progetti di potenziamento o di negazione dell'individualità e di sviluppo delle scienze della vita.
Nonostante sia ormai universalmente riconosciuto che la qualità del sistema educativo di un paese è un fattore determinante per la sua crescita e il suo sviluppo, troppo spesso il dibattito pedagogico si esaurisce in sterili contrapposizioni fra progressisti e tradizionalisti o resta confinato ad aspetti secondari e particolaristici. "Sapere per comprendere" non si sottrae invece alla cruciale questione di definire metodi e contenuti di un'"educazione per tutti", il cui fine deve essere la formazione di individui capaci di comprendere, affrontare e migliorare il mondo in cui vivono. Ciò è possibile soltanto attraverso lo studio e la conoscenza della condizione umana, passata e presente, e soprattutto attraverso una profonda comprensione delle sfere del vero (e del falso), del bello (e del brutto), del bene (e del male). Gardner passa quindi in rassegna diverse istituzioni scolastiche contemporanee, dalle scuole materne di Reggio Emilia alle università statunitensi, analizzandone limiti e vantaggi, articolando sei percorsi educativi in grado di rispondere alle esigenze di differenti sistemi culturali.
Routine, flessibilità-mobilità, rischio, fallimento, etica del lavoro: una serie di riflessioni ordinate tematicamente sulle conseguenze che i sistemi e i modi di produzione del neocapitalismo hanno sulla vita personale e quotidiana degli individui nelle società cosiddette avanzate.
Che cos'è l'apprendimento e come si manifesta? Che funzioni vi svolgono le istituzioni educative? In che modo è possibile educare al comprendere? Si sono fatti progressi nello studio dello sviluppo cognitivo, ma le nuove conoscenze generalmente non vengono applicate al campo dell'educazione. Si sa che la mente del bambino non è una "tabula rasa" e possiede una galassia di piccole e grandi teorie, infantili ma funzionali, persistenti e spesso sbagliate; ma la pedagogia tradizionale tende per lo più a trascurarle. L'istruzione formale non riesce a diventare risposta a un bisogno in continuità con gli apprendimenti sensomotori dell'infanzia. Gardner suggerisce alcune soluzioni pratiche alla riforma della scuola e indica nuove vie di ricerca.
In questo libro Bell Hooks si rivolge a uomini e donne in cerca di risposte sensate ai grandi temi della paura, della solitudine, della mancanza d'amore, del bisogno di spiritualità e svela la rete di legami e dipendenze che il sentimento amoroso crea nella vita pubblica e privata. L'autrice ragiona sulla vita di tutti i giorni, sulle difficoltà a dare e ricevere amore. L'amore è quel motore intelligente che alimenta la speranza e tiene viva l'immaginazione di un mondo dove i conflitti tra individui, gruppi e culture possono essere affrontati e risolti.
Il Virginian era un piroscafo. Negli anni tra le due guerre faceva la spola tra Europa e America, con il suo carico di miliardari, di emigranti e di gente qualsiasi. Dicono che sul Virginian si esibisse ogni sera un pianista straordinario, dalla tecnica strabiliante, capace di suonare una musica mai sentita prima, meravigliosa. Dicono che la sua storia fosse pazzesca, che fosse nato su quella nave e che da lì non fosse mai sceso. Dicono che nessuno sapesse il perché. Questo racconto, nato come monologo teatrale, è uscito per la prima volta nel 1994. Nel 1998 Giuseppe Tornatore ne ha tratto il film "La leggenda del pianista sull'oceano".
L'autore affronta il grande tema della scuola dal punto di vista degli alunni. In verità dicendo "alunni" si dice qualcosa di troppo vago: qui è in gioco il punto di vista degli "sfaticati", dei "fannulloni", degli "scavezzacollo", dei "marioli", dei "cattivi soggetti", insomma di quelli che vanno male a scuola. Pennac, ex scaldabanco lui stesso, studia questa figura popolare e ampiamente diffusa dandogli nobiltà, restituendogli anche il peso d'angoscia e di dolore che gli appartiene. Il libro mescola ricordi autobiografici e riflessioni sulla pedagogia, sulle universali disfunzioni dell'istituto scolastico, sul ruolo dei genitori e della famiglia, sulla devastazione introdotta dal giovanilismo, sul ruolo della televisione e di tutte le declinazioni dei media contemporanei. E da questo rovistare nel "mal di scuola" che attraversa con vitalissima continuità i vagabondaggi narrativi di Pennac vediamo anche spuntare una non mai sedata sete di sapere e d'imparare che contrariamente ai più triti luoghi comuni, anima i giovani di oggi come quelli di ieri. Con la solita verve, l'autore della saga dei Malaussène movimenta riflessioni e affondi teorici con episodi buffi o toccanti, e colloca la nozione di amore, così ferocemente avversata, al centro della relazione pedagogica.
Sono trascorsi ormai dieci anni da quando il narratore si è recato nelle campagne a raccogliere ballate popolari e ha avuto modo di conoscere diverse persone, fra cui un anziano contadino che arava la terra con il suo bufalo. Si chiamava Fugui ed era ben disposto ad aprire il suo cuore, a raccontare la propria storia e a spiegare come mai il bufalo aveva tanti nomi. Figlio di un ricco proprietario terriero, era considerato la pecora nera della famiglia Xu perchè in una notte giocando d'azzardo aveva perduto tutto il patrimonio familiare. Da quel momento inizia la rovina della sua casa e Fugui deve intraprendere una nuova vita, fatta di fatica nei campi, miseria e umiliazioni, per risollevarsi. Ma nell'affrontare il duro destino potrà sempre trarre la forza necessaria dall'affezionata moglie Jiazhen, dalla brava figlia Fengxia, dal piccolo Youqing... E passando attraverso la povertà, la fame, la fatica, la guerra, la carestia e la serie di lutti dei suoi cari giungerà a capire l'essenza delle cose e l'autenticità degli affetti, approdando a una superiore consapevolezza, ironica e pietosa assieme, della gioia di vivere, nonostante tutto.
"È giunta l'ora di farla finita con la favola millenaria secondo cui felicità, beatitudine e serenità sono mete desiderabili della vita. Troppo a lungo ci è stato fatto credere, e noi ingenuamente abbiamo creduto, che la ricerca della felicità conduca infine alla felicità". Watzlawick costruisce qui uno specchio ironico che, pur tenendo viva una costante tensione tra il divertimento e il disagio di riconoscersi, non priva il lettore del piacere di interpretare il messaggio: come rendersi felicemente infelici?

