
Il giudizio sulla scelta europea dell'Italia ha spesso oscillato fra retoriche affermazioni circa la fedeltà all'ideale e all'impegno europeisti, e la dura critica o il rammarico per la scarsa influenza esercitata nel processo di integrazione e nei rapporti con le istituzioni e i partner europei. Il volume accantona queste visioni fondate spesso su luoghi comuni. L'autore ha ricostruito, sulla base di una vasta ricerca presso archivi pubblici e privati, in Italia e all'estero, nonché sulla base della produzione storiografica esistente, l'evoluzione della scelta europea dell'Italia, dall'adesione al Piano Marshall sino ai più recenti dibattiti circa la posizione del Paese all'interno dell'Unione europea. Dallo studio condotto emerge un quadro variegato e complesso, fatto di luci e ombre. Accanto a fallimenti e ad ambizioni frustrate si situano successi e risultati. Tutti questi elementi hanno contribuito, non solo a delineare i caratteri dell'azione internazionale dell'Italia, ma anche a determinare le sorti dell'economia, a influenzare profondamente le trasformazioni della società e il dibattito interno fra le forze politiche, sia nell'ambito della "prima" repubblica, sia nel periodo successivo alla crisi dei primi anni '90.
Ogni società, in ogni epoca storica, si pone la domanda "dov'è Dio?" e dà una risposta che indica un modo prevalente di intendere la religione. Questa è la sua "matrice teologica". La società moderna ha dato una risposta altamente ambivalente, non sapendo reggere la distinzione fra immanenza e trascendenza di Dio. Oggi, c'è chi è compiaciuto e chi rimane deluso da come la religione viene configurandosi in Occidente, ma un fatto è certo: né l'attuale danza degli dei, né il riemergere dei fondamentalismi possono caratterizzare la matrice teologica della società in via di globalizzazione. La tesi del libro è che la società dopo-moderna dia una risposta tanto semplice quanto enigmatica: Dio è nella relazione perché è relazione. La matrice teologica della società dopo-moderna è all'insegna di una trascendenza che non è solo un "andare oltre" (un oltrepassamento), ma anche e soprattutto uno "scendere fra", nel senso di andare alla radice delle relazioni umane e sociali.
Ha scritto il premio Nobel per l'economia Stiglitz: "ogni esperienza storica di crescita economica persistente, perlomeno, a partire dalla Rivoluzione industriale inglese, trova condizioni necessarie in un ricco complesso di istituzioni complementari, norme comportamentali condivise e politiche pubbliche". Per questo motivo, è necessario assumere una prospettiva teorica e un approccio operativo di tipo integrato, in grado di agire in modo contestuale e coerente su più livelli e su diversi frangenti: contrariamente a una diffusa vulgata, l'azione a favore dello sviluppo non tollera politiche pubbliche né isolate né parziali. In questa prospettiva, l'assenza di una adeguata e pertinente riforma burocratica rende difficile anche solo immaginare l'effettivo sviluppo di politiche di sostegno all'impresa e al lavoro.
Il presente volume, strutturato in saggi, ha come filo conduttore il tema della complessità sistemica, ora legata all'agire delle organizzazioni formali (parte prima), ora ai contesti di sviluppo locale (parte seconda). Le forme di complessità che emergono sono differentemente coniugabili nella contemporaneità, che vede peraltro sempre di più il declinarsi di una modernità multipla (nel senso proprio di Eisenstadt) sempre difficile da cogliersi nelle sue sfaccettature e problematiche d'insieme. L'unitarietà di questo volume, quindi, può essere solo "concettuale", considerata la ovvia frammentazione di tematiche specifiche e relative modalità di trattazione; è rintracciabile, tuttavia, una dinamica costante di "scomposizione/ricomposizione", insita nella contemporaneità stessa, che ne costituisce, spesso, sia la difficile comprensibilità sia il loro assoluto interesse. L'obiettivo di questo volume è proprio quello di poter contribuire, sia pure in modo frammentario, allo sviluppo negli studenti universitari di una sensibilità sempre crescente nei confronti della complessità sistemica stessa.
Lo studio sulle forme dell'abitare parte dal presupposto che tra il corpo e lo spazio vi sia una relazione di coappartenenza e si attivi una comunicazione che diviene fortemente significativa nella casa, luogo dell'identità e della memoria, dell'esperienza personale e intersoggettiva. L'autrice analizza i modelli abitativi che accompagnano la borghesia in ascesa dell'Ottocento e quella avanzata del Novecento; essi, infatti, restituiscono fedelmente e processualmente il "volto" dell'individuo e della classe sociale di appartenenza. Nella casa del borghese si collocano e si cristallizzano i valori in cui egli si identifica e che caratterizzano la sua vita privata e pubblica: razionalità, ordine, solidità familiare, relazione con Alter, definizione dei ruoli e condivisione dello status. Quello della casa è un bisogno individuale e collettivo che mobilita e contiene dinamiche fisiche, psichiche, antropologiche, sociali e culturali: l'abitazione garantisce - a livello simbolico e materiale - la "fissità" necessaria ad allontanare il senso di spaesamento e sradicamento che caratterizza l'individuo-flâneur contemporaneo.
Accusata di semplicismo e colpevole d'inferiorità rispetto al cinema, spesso caratterizzata come un'immensa terra di nessuno, la televisione esercita un potere ineludibile sulla nostra cultura. Il segreto del suo successo risiede probabilmente nella notevole complessità narrativa celata dietro l'apparente semplicità, come evidenzia questo testo "classico" di Kristin Thompson per la prima volta tradotto in italiano. Dopo aver guardato alle tecniche narrative che i due media condividono, il volume si focalizza sulle sfide proprie della televisione e sulle strategie da essa elaborate al fine di organizzare il senso e mantenere vivo l'interesse del pubblico, mostrando la capacità della televisione di non limitarsi ad adattare le tecniche del cinema e di contribuire in modo autonomo a modificare le forme narrative tradizionali. Facendo riferimento a classici del grande e del piccolo schermo, ma anche a prodotti recenti, l'autrice spiega come gli adattamenti, i sequel, le serie e le saghe abbiano alterato le nozioni ampiamente acquisite di chiusura e autorialità, procedendo quindi a elaborare, attraverso il confronto tra "Velluto blu" e "Twin Peaks" di David Lynch, la nozione di "televisione d'arte" in rapporto a quella più familiare di "cinema d'arte".
Il secolo XX è stato uno dei più drammatici e controversi della storia. È stato analizzato nelle maniere più diverse, fino ad essere stato scomposto in parti, più brevi, che lo avrebbero caratterizzato più di altre. Le discussioni, che animano il dibattito storico relativo al secolo passato, sul piano del pensiero politico, sono estremamente più complesse. Basti pensare, ad esempio, a quanto accadde nel 1917, durante la prima guerra mondiale. Oltre alla Rivoluzione russa, l'entrata in guerra degli U.S.A. non solo significa l'emergere di una nuova superpotenza, ma costituisce l'inizio della crisi della visione eurocentrica. Per la prima volta l'Europa comincia una guerra che non ha la capacità di finire con le proprie forze aprendo quel declino dal quale non riesce ancora ad uscire. Il XX è, però, anche il secolo nel quale popoli di altri continenti irrompono sulla scena per svolgervi un ruolo di primi attori e non più di comprimari, cambiando equilibri geopolitici per lungo tempo consolidati.
Da sempre il cinema è stato lo strumento attraverso cui la società ha messo in scena se stessa, ha analizzato le problematiche, le paure e le speranze che l'attraversano. Già nel Novecento e ancora di più nella nostra postmoderna contemporaneità, la grande problematica che riguarda la società è il nostro rapporto con la tecnologia, una tecnologia sempre più sviluppata e invasiva. Il genere della fantascienza cinematografica è per sua natura un genere tecnologico: primo, perché utilizza effetti speciali sempre più sofisticati; secondo, perché racconta storie riguardanti un futuro sempre più iper-tecnologizzato, in cui l'uomo sembra perdere la sua centralità. Il libro analizza, dunque, i film di fantascienza contemporanei, pellicole di grande successo al botteghino, come degli specchi attraverso cui analizzare e comprendere la nostra contemporaneità dominata dal paradigma tecnologico e che deve affrontare sempre nuovi problemi.
Nell'autunno 1969 la straordinaria partecipazione dei lavoratori all'azione negoziale condotta dai sindacati in una difficile stagione contrattuale ha segnato un crinale importante nella storia sociale e politica del nostro Paese. Il volume presenta studi e interpretazioni che animano il dibattito scientifico sulla soggettività sociale dei sindacati degli anni Sessanta, sulle suggestioni e sulle contraddizioni delle relazioni di lavoro dell'"autunno caldo", sui lasciti che quel periodo di rivendicazioni sindacali ha lasciato nelle relazioni industriali degli anni Settanta, sul complesso rapporto tra regolazione sociale e politica. Si ripercorrono, dunque, le problematiche della programmazione economica e del mutamento sociale, il sovrapporsi delle proposte "unitarie" nelle diverse prospettive sindacali, il cammino della legge "Statuto dei Lavoratori", l'articolazione della vertenzialità sindacale, la ricerca di nuovi paradigmi di relazioni industriali. Riflettendo sull'autunno del 1969, infine, si è condotti a riflettere sul percorso complessivo della storia italiana.
L'epoca successiva alla Seconda guerra mondiale marca una netta discontinuità rispetto alle fasi precedenti della politica estera italiana. Tuttavia, passata la fase dell'emergenza e della scelta di campo, riemersero alcune caratteristiche costanti della nostra diplomazia. Delineata la cornice in cui l'Italia dovette inserirsi, il sistema bipolare della Guerra fredda, il volume descrive la fase della cobelligeranza, la prima della ricostruzione della politica estera italiana dopo la cesura del 1943, le vicende della frontiera orientale, emblematiche della mancata sintonia tra gli interessi nazionali e le attese dell'Italia da un lato e la prospettiva dei nostri maggiori alleati dall'altro, due dei "tre cerchi" della politica estera italiana, l'altlantismo e la politica mediterranea. Il tentativo di conciliare una rigorosa fedeltà atlantica con iniziative nell'area mediterranea di tradizionale interesse per la diplomazia italiana diede luogo, in particolare con il neoatlantismo, a una fase particolarmente dinamica, che per certi versi può ricordare appunto quella dell'inizio del XX secolo, che aveva visto la politica estera italiana muoversi tra alleanze e amicizie.
Dopo una prima parte critica verso una visione filosofica che ci ha portati dalla ricerca di una morale provvisoria alla provvisorietà della morale, il presente lavoro analizza il problema dei valori morali sociali cercando di arrivare a una morale sociale condivisa. Si scoprono così una serie di presupposti irrinunciabili - come il lavoro, la persona, la responsabilità, il pluralismo, l'etica del conflitto, il diritto alla verità, il senso del limite, la fiducia sociale, la cittadinanza, la fratellanza e loro corollari: libertà, dignità, eguaglianza, giustizia, solidarietà, e altri ancora - che costituiscono i cardini di una vita sociale nella quale tutti possono realizzare le proprie più legittime aspirazioni. Tali valori sociali, in un clima di crescente sicurezza, consentono lo sviluppo dell'intelligenza e l'accrescimento della cultura, aspirazioni caratterizzanti della natura umana. Il libro si chiude con un brevissimo itinerario per un'analisi storica, canovaccio per ulteriori ricerche, nell'intento di sottolineare come, nonostante alcune ricorrenti visioni pessimistiche, il cammino dell'umanità sia costellato da un costante sforzo di miglioramento, anche se questo viene, a volte, infranto da frustranti e pericolose fasi di anormalità politica.
Humint, da HUMan INTelligence - ricerca informativa condotta tramite fonti umane, distinta da quella introdotta dall'evoluzione tecnologica - è la "costola" dalla quale è stata generata l'Intelligence. Con il racconto di alcuni episodi sono delineate le vicende dell'Intelligence attraverso i secoli, dagli antichi egizi ai giorni nostri, sottolineando come la Humint costituisca la Funzione Informativa più antica che esista. Nella seconda parte del volume vengono approfonditi gli aspetti riguardanti la figura e il ruolo dell' "Agente segreto", la cui professionalità si deve basare sul rispetto delle regole ed elevati requisiti morali. La Humint ha come obiettivo quello di creare una rete di contatti volta ad assicurare un flusso di informazioni, al fine di controllare e neutralizzare le iniziative avversarie per mezzo di un sistema difensivo di "counter-intelligence" (controspionaggio). Agisce, in sintesi, a favore della Sicurezza Nazionale e, a tale proposito, il fattore informativo umano costituisce la conditio "sine qua non" del successo. Senza la Humint è difficile, se non impossibile, conseguire vantaggi sugli avversari, come l'esperienza insegna.