
Questo volume della collana "A cesare e a Dio - gli incontri di Norcia" è dedicato alla crisi economica e alle possibili vie di uscita. Una strada impervia piena di ostacoli e di incognite ci aspetta per abbandonare questa difficile situazione economica, politica, sociale e legislativa. Superare la crisi è un'urgenza generale ma non basta. Occorre per superare questo momento difficile fare tesoro dell'esperienza passata e riavviare un meccanismo di crescita e sviluppo che non prescinda da un etica dei comportamenti condivisa e da una nuova stagione delle riforme necessarie per riavviare il volano del lavoro e dell'economia. Il profitto e il mercato, fuori da un codice di comportamento di ordine morale, si ritorcono inevitabilmente contro l'uomo e quindi contro il bene comune. L'imperativo è quindi quello di trovare strade che ci conducano fuori dalla crisi terribile che attanaglia il nostro paese in armonia con un codice etico e con una rinascita culturale e politica.
In questa età di crisi economica e finanziaria molte cose vanno ripensate se vogliamo immaginare e costruire un'economia di mercato e un modello di sviluppo sostenibili. Tra queste "cose" c'è senz'altro l'impresa. Non ci basta che produca qualità, reddito, occupazione; né che paghi le giuste imposte. È sempre più evidente che l'istituzione impresa è chiamata a un "di più" che la renda davvero amica della città, e in tal modo sia percepita come elemento costruttore del tessuto civile. L'idea che ispira il libro è la tradizione italiana dell'economia civile, che ha la sua origine nell'Umanesimo e poi nella Napoli del Settecento, possa offrire ancora oggi suggestioni e spunti per immaginare un'impresa civile che, pur restando impresa (e non necessariamente impresa non-profit), sia però luogo e strumento di incivilimento e di ben-vivere. Essa supera la contrapposizione non profit/for-profit, tipica della tradizione anglosassone, e recupera anche la tradizione italiana dell'economia aziendale. Un posto a sé occupa in questo contesto l'analisi dell'imprenditore come figura sociale che, diversa dallo speculatore, assume le caratteristiche dell'imprenditore civile.
Che cosa ci fanno centinaia di operai edili cinesi ammassati in cantieri-dormitorio organizzati come piccole Chinatown nel bel mezzo del deserto della Dancalia in Etiopia? E perché diventa sempre più frequente incrociare lo sciamare ordinato di funzionari di Pechino e businessmen di Shanghai negli hotel di Lagos o sulle rotte per Luanda? Il governo di Pechino sta estendendo la sua influenza nei paesi in via di sviluppo, esportando un modello organizzativo, sociale ed economico alternativo a quello dei paesi occidentali proprio a partire dal Continente Nero. Negli ultimi dieci anni l'Africa è diventata l'obiettivo strategico primario di Pechino e il vero banco di prova della capacità cinese di esportare, adattare e ripensare continuamente il proprio modello di sviluppo. Attraverso un percorso che si snoda sulle piste sabbiose del continente dal sottosuolo più ricco di materie prime, in questo libro viene analizzato in tutte le sue straordinarie contraddizioni l'impatto di un paradigma economico-sociale con il quale tutti sono chiamati a confrontarsi: il "Beijing Consensus".
La crescente inadeguatezza delle teorie dello sviluppo di fronte all'evidente allargamento del divario tra paesi ricchi e paesi poveri ha condotto negli ultimi anni all'impasse dell'intero paradigma dello sviluppo. Questo libro, oltre a esporre i termini della questione teorica, costituisce una "guida critica", che riesce a suggerire l'antidoto per evitare il vicolo cieco dell'imperativo culturale verso la modernizzazione e superare quella "tentazione occidentale" di fissare il senso e le direzioni della storia.
Attraverso una serie di saggi, Samir Amin fornisce un quadro approfondito della nuova fase in cui è entrato il capitalismo dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Le relazioni Nord-Sud, il trionfo del libero mercato, la riforma degli accordi di Bretton Woods, l'accellerazione del processo di globalizzazione sono i temi principali qui affrontati da questo economista di fama mondiale.
Alla base dello studio condotto dall'autore, professore di diritto e teorico, è l'idea che, come entità legale ed economica, la moderna società di capitali ha una natura essenzialmente patologica poiché pone il profitto al di sopra di ogni altro valore sociale. Ma qualcosa sta cambiando. La recente valanga di scandali sta costringendo le società interessate a riconsiderare un aumento della loro responsabilità sociale. Dalle prove del coinvolgimento dell'IBM nella gestione dei campi di sterminio nazisti all'autocensura dei Tg della Fox sullo scandalo del latte contaminato, soffocato dai ricatti delle case farmaceutiche Usa, il volume ricostruisce la questione, proponendo un programma per riformare il settore attraverso regole e controllo democratico.
"Che cos'è l'economia?" è una "lezione" che si sviluppa in tre parti. Nella prima si contempla il modo in cui l'uomo usa le risorse del suo ambiente: il rapporto tra economia, tecnologia, ecologia. Nella seconda si analizza il modo in cui si svolgono gli scambi all'interno dell'economia, in particolare il mercato e il ruolo della moneta. Nella terza si indagano i rapporti tra la potenza del capitalismo e il potere della democrazia. Dice Giorgio Ruffolo: "L'economia politica deve poter spiegare qual è il modo in cui le cose possono maggiormente servire per aumentare il benessere, certamente la ricchezza, ma anche la felicità, la felicità che è inscritta non nei libri di economia, ma addirittura in una delle più grandi costituzioni politiche della storia, la costituzione americana: "happiness", la felicità del popolo. Gli economisti dovrebbero essere coscienti che la ricchezza serve alla felicità, che l'economia serve all'uomo e non è l'uomo a servire l'economia".
Nell’anestesia generale riusciamo a provare il sentimento di generosità necessario per salvaguardare il pianeta, il nostro Paese, la nostra città, la nostra casa, il nostro cervello? Quali sono i dispositivi economici e ambientali che si possono attuare nelle aree produttive? Quali sono le azioni possibili e concrete per salvarci dalla pulsione distruttiva? Quali sono i progetti da incoraggiare e le ricerche di lungo periodo da promuovere? Quali sono le riflessioni sull'ambiente da comunicare immediatamente ai bambini che avranno vent’anni fra vent’anni?
Una radiografia, un censimento, con due facce: da una parte l'agenda delle cose da farsi subito con tanto di indirizzo e specialità della struttura proposta, e dall'altra un motivo di riflessione in più per le scuole di ogni ordine e grado.
Ci sono in Italia quasi sessantamila complessi scolastici: è da lì che bisogna iniziare. Una radiografia (chi fa cosa e dove e perché) sulle capacità di ragionare, progettare, determinare innovazione del nostro Paese.
La nostra volontà è immaginare (e raccontare) uno scenario di potenzialità con valore e portata culturale internazionali.
Una visione grandangolare: dal sistema del credito finanziario, alla pianificazione dei contenuti della conoscenza, dal territorio alla comunicazione, fra la ricerca dei saperi e le attività economiche e imprenditoriali.

