
Il libro è una riflessione sulle "società postfordiste" e raccoglie sessanta voci compilate da autori italiani e stranieri. E' organizzato come un "dizionario di idee", in ordine alfabetico. Può essere utilizzato come strumento di consultazione, o ipertesto, oppure può essere letto come un insieme di saggi che suggeriscono approcci trasversali ai concetti. Ma, ancor prima, è uno strumento di approfondimento che fissa una terminologia e un apparato concettuale che sono già entrati nell'uso. Centrale è la connessione fra sapere e produzione: è questo il tessuto connettivo delle società postfordiste.
I paradossi, le radici storiche e i dilemmi di un sistema economico articolato e differenziato, in cui aree industriali dinamiche e nicchie di alta tecnologia coesistono con una pubblica amministrazione arcaica e con vasti settori sommersi o illegali. Questo libro propone le chiavi di lettura e gli strumenti per affrontare i problemi dell'economia italiana di oggi.
"Il sogno di Solomeo" è quello di un contadino che, seguendo i valori umanistici scoperti nella vita rurale e nella filosofia, diventa un grande industriale. Un sogno in grado anche di mostrare che si può restituire vita ai centri antichi e nobiltà alle periferie. Brunello Cucinelli ripercorre il suo cammino personale ed evoca il senso dell'umano appreso dai Greci, che ogni giorno l'ha accompagnato nella ricerca della saggezza e della pratica virtuosa. Le sue guide sono la dignità morale e quella economica dell'uomo. I punti cardinali che orientano questo viaggio sono la bellezza, quando è unita alla custodia, e la vecchiezza, quando è amata dai giovani, la ricchezza, quando è unita al dono, e la semplicità delle cose davvero grandi. Nasce così il concetto di "lavoro giusto" come rispetto della natura, dell'uomo e della sua aspirazione al sogno: è questo il "capitalismo umanistico". Dei maestri del passato si ritrova in queste pagine la ricerca del silenzio, del raccoglimento, e di quella luminosa solitudine popolata di ricordi e pensieri che è l'unica condizione per non essere soli.
Cos'hanno in comune il sogno libertario delle criptovalute, quello tecnocratico dell'indipendenza delle banche centrali, la finanziarizzazione del sistema economico, l'abolizione della fatica attraverso la tecnologia, la globalizzazione e un mondo senza barriere, l'illusione della crescita infinita e l'idea che, tagliando le tasse ai ricchi, tutti staranno meglio, come con la flat tax? Sono sette grandi sogni immaginati e concretizzati da riformisti visionari, uomini e donne con la volontà di cambiare il mondo. Eppure, il confine tra sogno e utopia è spesso sottile, e tante idee geniali, messe a confronto con la realtà, hanno preso la direzione sbagliata: qualcosa è andato storto. Nelle vicende umane, del resto, i percorsi possono diventare accidentati, le cose possono sfuggire di mano, e i risultati rivelarsi deludenti o implicare effetti collaterali indesiderati. Carlo Cottarelli chiama quelle visioni "chimere" e le racconta in questo libro, spiegando al grande pubblico qual è la consistenza dei sette sogni e qual è la posta in gioco del loro successo o fallimento. Sono questioni che riguardano noi e le generazioni future, perché dovremo affrontare il problema di una crescita compatibile con i vincoli ambientali, la necessità della stabilità monetaria, le conseguenze di un'eventuale deglobalizzazione. "Stiamo sognando troppo a lungo e, nel mentre, non facciamo quello che sarebbe necessario per rendere il sogno una realtà. C'è ancora tempo, è vero, ma dobbiamo renderci conto che sognare non è abbastanza." Perché grandi visioni riformiste si sono spesso rivelate pericolose chimere?
Il commercio equo e solidale sta attraversando un vero e proprio boom. Negli ultimi tre anni, con l'avvento della grande distribuzione, sono aumentati in modo vertiginoso i fatturati, la gamma dei prodotti e i soggetti coinvolti. Il commercio equo e solidale affronta una crisi di crescita ed è dunque a un punto di svolta. Superata la fase pionieristica e consolidate le strutture di base, si aprono i problemi di governo della crescita. Si tratta di accettare altre sfide, con il rischio di perdere parte della spinta ideale, ma anche di formare un'inedita classe imprenditoriale e nuove professionalità; significa, infine, allargare la scelta ai prodotti di massa e coinvolgere nuove aree geografiche.
Il mondo siede su due bombe: la crisi ambientale e quella sociale. Mentre le risorse si fanno sempre più scarse, alcuni segnali relativi al cambiamento del clima indicano che gli equilibri naturali si stanno alterando in maniera irrimediabile. Nel contempo la maggior parte della popolazione non riesce a soddisfare neanche i bisogni fondamentali. Ci troviamo di fronte a un dilemma: più crescita economica per uscire dalla povertà o meno crescita economica per salvare il pianeta? È possibile passare dall'economia della crescita all'economia del limite, facendo vivere tutti in maniera sicura? Questo libro dimostra che è possibile purché si mettano in atto quattro rivoluzioni che riguardano stili di vita, tecnologia, lavoro ed economia pubblica.
Con "Il banchiere dei poveri" ha raccontato la storia straordinaria della fondazione della Grameen Bank e ha mostrato come il sistema del microcredito sia capace di sottrarre milioni di persone alla miseria e allo sfruttamento. Da allora ha esteso il raggio d'azione di Grameen dal campo strettamente finanziario a quelli dell'alimentazione, dell'educazione, dell'assistenza sanitaria, delle telecomunicazioni. Oggi il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus è pronto per una nuova sfida: proporre quell'esperienza come un modello e un punto di riferimento per riuscire finalmente a estirpare la piaga della povertà mondiale. La sfida si può vincere, secondo Yunus, con lo sviluppo e la diffusione del "business sociale": un nuovo tipo di attività economica che ha di mira la realizzazione di obiettivi sociali anziché la massimizzazione del profitto. Una forma di iniziativa economica capace di attivare le dinamiche migliori del libero mercato, conciliandole però con l'aspirazione a un mondo più umano, più giusto, più pulito. Sembra un sogno a occhi aperti. Ma è un sogno che ha aiutato il Bangladesh quasi a dimezzare il suo tasso di povertà in poco più di trent'anni. E che comincia a coinvolgere multinazionali, fondazioni, banche, singoli imprenditori, organizzazioni no profit in ogni parte del mondo.
Il mondo siede su due bombe: la crisi ambientale e quella sociale. Mentre le risorse si fanno sempre più scarse, alcuni segnali relativi al cambiamento del clima indicano che gli equilibri naturali si stanno alterando in maniera irrimediabile. Nel contempo la maggior parte della popolazione non riesce a soddisfare neanche i bisogni fondamentali. Ci troviamo di fronte a un dilemma: più crescita economica per uscire dalla povertà o meno crescita economica per salvare il pianeta? È possibile passare dall'economia della crescita all'economia del limite, facendo vivere tutti in maniera sicura? Questo libro dimostra che è possibile purché si mettano in atto quattro rivoluzioni che riguardano stili di vita, tecnologia, lavoro ed economia pubblica.
Circa un miliardo di persone nel mondo è denutrito. Un altro miliardo è obeso. Quasi metà della popolazione mondiale vive quotidianamente il problema di un'alimentazione insufficiente. L'altra metà soffre dei tipici problemi legati a un'alimentazione sovrabbondante e alle disfunzioni che ne derivano: diabete, eccesso di peso, problemi cardiocircolatori.
È un paradosso? Solo apparente, argomenta Raj Patel, perché questo stato di cose è l'inevitabile corollario di un sistema che consente solo a un pugno di grandi corporation di trarre profitto dall'intera catena alimentare mondiale.
I padroni del cibo è un'indagine appassionante che svela per la prima volta i retroscena della guerra in corso per il controllo delle risorse alimentari: un vero e proprio giro del mondo che spazia dall'aumento dei suicidi tra i contadini asiatici alle sventurate conseguenze degli accordi commerciali tra Messico e Stati Uniti, dall'emergere dei movimenti dei senza terra in Brasile al fallimento di molte produzioni agricole africane, fino a toccare le sofisticate tecniche di manipolazione dei consumatori nel ricco Nord del mondo.
In una fase storica in cui assistiamo all'aumento dei prezzi di tutti i prodotti di base, anche nei paesi occidentali, conoscere e comprendere le politiche alimentari mondiali significa confrontarsi con i temi della globalizzazione e della giustizia sociale, ma soprattutto significa capire quali strategie produttori e consumatori possono mettere in atto per proteggere la propria salute e contrastare lo strapotere delle multinazionali.
Ogni volta che comperiamo una banana il 45 per cento di ciò che paghiamo va al rivenditore, il 18 per cento all'importatore, il 19 per cento viene assorbito dai costi di trasporto, mentre alla compagnia che controlla la piantagione spetta circa il 15 per cento. Al contadino, a colui che ha lavorato la terra e si è impegnato concretamente per far crescere il frutto, resta meno del 3 per cento: una miseria. Evidentemente c'è qualcosa che non va in un modello così iniquo di distribuzione, che non riguarda peraltro solo i beni alimentari. Il prezzo da noi pagato per ogni cosa, dal cibo ai beni di consumo, è sistematicamente distorto. Il mercato non riesce a valutare con equità il valore del lavoro, i bisogni delle persone, le necessità delle generazioni future. E quando i prezzi sono ancorati al nulla anziché ai valori reali siamo di fronte a un baratro. Oggi che il liberismo è saltato fragorosamente per aria anche a causa dei prezzi gonfiati delle case, è più che mai necessario tornare alla radice dei problemi. È l'obiettivo ambizioso del nuovo libro di Raj Patel: un'indagine stringente che rovescia i dogmi dell'economia liberista e fornisce gli strumenti per riflettere in modo nuovo sul mondo, sul valore delle cose, sul senso di ciò che facciamo.
La nuova scommessa di Muhammad Yunus sta nel pensare un capitalismo diverso, basato su imprese che abbiano per scopo non solo il raggiungimento del profitto ma anche la ricchezza sociale: il business sociale. Yunus entra nel merito degli esperimenti di business sociale avviati in questi ultimi anni, spiegando cosa ha funzionato e cosa invece è da cambiare, grazie alla sua capacità di sminuzzare i problemi in modo non convenzionale, parlando costantemente con i protagonisti, per ripensare di continuo convinzioni e procedure. Oltre al racconto dei primi passi dell'esperienza Danone in Bangladesh, si susseguono il delizioso racconto della vicenda della Mirakle Couriers di Mumbai, un'impresa con finalità sociali di consegna a domicilio gestita da sordomuti poveri, organizzati da un giovanotto che studia a Oxford. Oppure l'incredibile vicenda dei medici dell'Ospedale dei bambini di Firenze, che dopo aver messo a punto l'unica cura contro la talassemia a livello mondiale, dal 2007 stanno cercando di esportarne le pratiche anche negli angoli più poveri dell'Asia. O ancora la collaborazione fra la multinazionale francese Veolia e il mondo Grameen per distribuire acqua potabile depurata nel bacino dell'Himalaya dove l'acqua è sì abbondante, ma contaminata da tracce di arsenico di origine naturale. I primi passi concreti che realizzano il sogno di un capitalismo dal volto umano, etico e finalizzato al benessere sociale.
È la diseguaglianza la madre di tutti i malesseri sociali. In una società c'è più violenza, più ignoranza, maggiore disagio psichico, orari di lavoro infiniti? Ci sono più malati, più detenuti, più tossicodipendenti, più ragazze-madri, più obesi? All'origine di questo alto tasso di infelicità ci sarà con ogni probabilità un maggior divario tra ricchi e poveri, una maggiore diseguaglianza. Lo dimostrano, cifre alla mano, gli autori di questo libro che è già un caso in Inghilterra. Non è l'ennesima riproposta di un astratto ideale egualitario di matrice socialista. Piuttosto, è il risultato di trent'anni di ricerche e comparazioni statistiche tra i dati raccolti in tutti i principali paesi sviluppati. Ne emerge un'inedita radiografia del mondo in cui viviamo. Siamo infatti abituati a pensare che la crescita economica abbia l'effetto automatico di rendere una nazione più sana e più soddisfatta. Ma oggi non è più così, perché i malesseri generati dalla diseguaglianza coinvolgono tutti: non solo i ceti più svantaggiati, ma anche quanti si collocano al vertice della scala sociale. La prospettiva aperta dal libro è chiara: se si vuole avviare un nuovo ciclo di crescita che ponga al centro la qualità della vita e non solo il Pil, occorre intervenire immediatamente per ridurre la forbice sociale cresciuta a dismisura tra anni ottanta e novanta. Occorre redistribuire reddito e opportunità prendendo ispirazione da Scandinavia e Giappone, esempi virtuosi di egualitarismo.

