
Ci hanno detto che per occuparci della nostra società, del nostro futuro, bisogna essere economisti o giù di lì. Ma prendere la nostra vita nelle nostre mani significa semplicemente assolvere alle nostre funzioni di cittadini sovrani come prescrive l'articolo 1 della Costituzione. In realtà non bisogna essere economisti per capire che crescita, produttivismo, mercantilismo, gigantismo, individualismo, conducono a iniquità, guerre, sopraffazione, infelicità, esaurimento delle risorse, degrado ambientale e planetario. Al contrario, più si è impregnati di concetti economici, meno si vede. Perché l'economia mercantilista è il problema. Non si vede con gli occhi, ma col cervello, e per vedere veramente bisogna avere la mente sgombra dai condizionamenti. Decolonizzare il nostro immaginario significa fare pulito nella nostra testa, liberarsi dalle scorie mercantiliste per permettere ai nostri sensi di vedere e sentire ciò che veramente succede, e soprattutto per permettere ai nostri valori di uscire in libertà per costruire un'altra società.
Di terra ce n'è per tutti; di cibo, pure. Perché allora tanta ingiustizia, 1,2 miliardi di poveri "estremi" e 800 milioni di sottonutriti, quando il diritto all'alimentazione è ormai riconosciuto a livello universale? Il nodo è come si accede alla terra, fonte di vita e nutrizione. E pure lo scandalo della speculazione sulle risorse: c'è chi gioca in Borsa sul pane degli esclusi. Il sostegno ai piccoli produttori, il contenimento delle produzioni agricole a scopi industriali, lo spazio alle donne,... Così l'economia del cibo non sarà più omicida ma a servizio di una giustizia più grande. Il fenomeno dei Cash Crops e del land grabbing. I common pool goods e la finanziarizzazione dei beni agricoli. Realtà lontane da noi? Tutt'altro. Ecco perché.
TTIP: se lo conosci lo eviti. Per decifrare la sigla bisogna sapere l'inglese (e allora traduciamolo: Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti), ma per capirne il contenuto basta conoscere le imprese. Ormai quelle che contano sono le multinazionali, imprese così grandi per cui nessuna nazione contiene abbastanza consumatori da assorbire tutti i loro prodotti. Per espandersi hanno bisogno di scorrazzare liberamente per il mercato-mondo in modo da collocare in ogni punto del pianeta le loro merci standardizzate. Ma l'ostacolo sono le leggi nazionali che in nome dell'ambiente, della salute, dell'occupazione pongono limiti all'andirivieni delle multinazionali e delle loro merci dannose. Ed ecco accordi come il TTIP, che hanno lo scopo di mettere la museruola ai parlamenti nazionali per obbligarli a eliminare ogni regola che limiti il profitto e gli affari. Se vuoi evitare di trovarti la tavola inondata di cibi Ogm, di avere ogni servizio pubblico dominato da multinazionali, di dover sborsare miliardi di euro per indennizzare multinazionali che reclamano i danni per leggi emanate a difesa del bene comune, questo è il momento di organizzarci per dire no al TTIP. Contiene l'appello di Alex Zanotelli contro il "Partenariato Translatico per il Commercio e gli Investimenti".
Che direste se arrivasse uno in casa vostra e in nome del suo guadagno cominciasse a smontarvi tetto, porte e finestre per ottenere legname e mattoni da mettere in vendita? E che gli direste se di fronte alle vostre proteste rispondesse che conviene anche a voi perché userà voi come manovali per la demolizione? Pensereste di trovarvi di fronte a un folle, eppure è la fotografia del sistema di oggi che non solo demolisce il pianeta per il profitto immediato, ma afferma perfino che si tratta di sviluppo e progresso. Il sistema fa di tutto per trasformare la follia in normalità, addirittura in virtù, ma molte comunità hanno conservato il senso della ragione e difendono con tutte le loro forze la natura e i beni comuni. Questo libro racconta della resistenza organizzata in Cile per impedire a Endesa, controllata di Enel, di dare un altro duro colpo alla Patagonia, manomettendo i corsi d'acqua per la costruzione di una diga che avrebbe conseguenze incalcolabili per la natura. Un esempio da replicare su scala locale e globale semplicemente per garantirci un futuro.
Questo libro è un saggio di economia, ma si legge come un thriller. Come in un giallo l'autore indaga partendo dagli indizi (subprime, cartolarizzazioni, Collateralized Debt Obligations, identifica le prove (le scommesse fraudolente delle banche sulla pelle dei correntisti), cerca il colpevole (la crisi è morale), rintraccia il movente ("la legge del più forte"). Ma Gaël Giraud, che prima di esser gesuita è stato banchiere e conosce di persona il mondo degli hedge fund e delle Banche centrali, si spinge oltre. E traccia la strada per cercare un futuro di vita alla nostra società, rattrappita dentro lo schema del "paradigma tecnocratico" (papa Francesco) che mira a ottenere di più (risorse, prodotti, benessere) con meno (sforzi, investimenti, partecipazione).Transizione ecologica significa una società di beni comuni in cui il credito sia considerato mezzo e non fine per realizzare riforme a vantaggio di tutti e benefiche per l'ambiente: rinnovamento termico degli edifici, cambi di prassi nella mobilità, tasse più alte per chi inquina, in pratica "un'economia sempre meno energivora e inquinante". "La transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l'invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX - spiega Giraud -. O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!".
Stampanti 3D che "fabbricano" bistecche a partire da asettiche cellule di carne. Multinazionali che con la mano destra producono Ogm e con la sinistra distribuiscono pesticidi. Aziende che con i loro tentacoli arrivano ovunque (agroalimentare, ittica, confezionamento, ricerca, finanza,...) e trattano gli alimenti all'insegna del principio "massimo risultato col minimo sforzo", come un qualsiasi altro prodotto commerciale. "Lo spirito del profitto ha conquistato in poche decine di anni tutti gli strati della società rurale, scrivono gli autori di questa documentata inchiesta. Ne constatiamo oggi i risultati: estinzione di specie, avvelenamento della biodiversità, incidenti sanitari, distruzione o accaparramento di quei beni comuni che sono l'acqua, l'aria, il suolo". Cosa fare di fronte a questo spirito predatorio del capitalismo applicato all'antica arte del cibo? Anzitutto tornare a Socrate, il quale già a suo tempo sosteneva che "nessuno può dirsi politico se non conosce il commercio dei cereali". Ovvero, sapere che l'economia del cibo gioca un ruolo enorme nella convivenza umana. Bisogna conoscere la verità di quel che mangiamo, per decidere in consapevolezza come e di cosa nutrirci. È necessario combattere con gli strumenti della cittadinanza attiva le derive dell'agrobusiness. Alle quali ci si può (pacificamente) ribellare, come suggeriscono Bové e Luneau. Perché la prima libertà da riprenderci è quella di decidere noi cosa metterci in tavola.
Il G8 del 2001 non va ricordato solo per le violenze a Genova. Durante quell’evento veniva lanciato il «Fondo Globale per la lotta all’aids, alla tubercolosi e alla malaria» voluto da Bill Gates. Una cosa buona, che però ha messo alle corde Oms e Unaids, le agenzie Onu sulla salute. Nel 1997 Ted Turner, il fondatore della Cnn, erogò la maggior donazione di sempre all’Onu. Nella corsa al vaccino anti-covid spicca la Bill & Melinda Gates Foundation. Solo un caso? Non proprio. Sono esempi dello svuotamento, operato da privati, delle più alte istanze internazionali pubbliche.
Questo libro mostra come le visioni «umanitarie» delle fondazioni dei ricchissimi e generosissimi, da John Rockefeller a Bill Clinton e Mark Zuckerberg, sono potenti strumenti di controllo planetario. A colpi di donazioni, con ovvi benefici, i filantrocapitalisti si assicurano che il turbocapitalismo non venga messo in discussione.
Primo obiettivo, la salute: «Bill Gates ha puntato a comprarsi un’intera agenzia Onu, l’Oms. La cosa gli sta riuscendo; è grave che la comunità internazionale glielo permetta». Altro campo di battaglia, l’agricoltura: la «Rivoluzione verde» in Africa funge da battistrada agli Ogm.
Dopotutto, una mano lava l’altra. La ricchezza delle aziende permette la filantropia, la filantropia apre nuovi mercati alle aziende. Il filantrocapitalismo non ci rimette mai. La democrazia, sì.
«Questo libro sarà una bussola importante per difendere le nostre libertà dalla ricolonizzazione del filantrocapitalismo» Vandana Shiva
«Il filantrocapitalismo olia le ruote delle imprese. Gli emarginati della Terra non vogliono carità, vogliono giustizia» Nicoletta Dentico
La crisi è sotto gli occhi di tutti: è sociale ed ecologica, si esplica nelle disuguaglianze planetarie e nell'insostenibilità di un modello economico predatorio dell'ambiente. Che cosa ha causato questo? Nel serrato dialogo fra Gaël Giraud e Felwine Sarr, due intellettuali capaci di spaziare con sagacia dall'attualità alla filosofia, dalla teologia all'economia, la risposta emerge limpidamente: tutto deriva da «quell'utopia mortifera di privatizzazione integrale del mondo e di riduzione di ogni risorsa a un capitale», ovvero l'ideologia postliberale che ha conquistato la nostra immaginazione e colonizzato la prassi politica. La ragione strumentale, denunciano i due autori, ha occupato completamente la scienza economica, riducendola ad un'asfittica pratica contabile di stampo razionalistico, che non tiene in conto altre variabili: culture, popoli, pensieri, desideri... Appoggiandosi a pensatori come Jacques Derrida, Paul Ricoeur e Christoph Theobald, attingendo alla saggezza delle grandi spiritualità religiose, in queste pagine colte e appassionanti Giraud e Sarr disegnano un'altra mappa dell'economia. Una mappa più disordinata di quella che si studia nelle facoltà universitarie, spesso schiava di un sapere di tipo strumentale típico dell'homo homini lupus, ma molto più necessaria per la realtà in cui viviamo. Segnata da una pandemia da cui possiamo ripartire solo con un nuovo immaginario.
Serve una mobilitazione civica condotta attraverso gli strumenti dell'economia civile, le leve del consumo critico e il risparmio responsabile. Il libro illustra caratteristiche e potenzialità di questa rivoluzione.
Seconda edizione del rapporto annuale sul mercato cinematografico.
Il Rapporto, giunto alla sua terza edizione è una pubblicazione importante in quanto, per la prima volta in Italia, fornisce un quadro organico di questo settore vitale della nostra economia.