
E' possibile introdurre concetti quali responsabilità, altruismo, filantropia" nell'eticamente arido mondo della finanza? Il testo ripercorre gli avvenimenti più recenti che hanno generato la crisi del sistema finanziario internazionale. "
Questo libro propone reali, concreti percorsi di costruzione di felicità e bene comune che le imprese oggi, nella risacca della crisi globale, possono sposare e implementare. Troppi sono gli scandali che hanno segnato la vita delle aziende: occorre che esse imparino di nuovo a percorrere piste virtuose, affinché ogni uomo, coinvolto dal progetto dell'impresa, possa vedere la sua vita fiorire. è questa la loro autentica responsabilità sociale: creare valore condiviso, curare gli interessi di tutti.
Fare bene il Bene è il motto che può sintetizzare lo spirito della Venture Philanthropy (VP), oggetto di questo libro. I due autori hanno qui concettualizzato le possibilità di innovazione gestionale offerte al sistema della filantropia e del mecenatismo dall'adozione delle pratiche della VP, che prevedono di introdurre nel settore non profit l'uso delle regole ideate e sperimentate con successo dal mondo del venture capital. Il testo, oltre a trattare in una prospettiva macroeconomica e gestionale la VP, porta esempi di realizzazioni di successo nel nostro Paese. Sullo sfondo è sempre presente la potenzialità che potrebbe esprimere il sistema delle fondazioni di origine bancaria, attraverso un uso estensivo e coordinato delle nuove pratiche. Il lavoro si conclude con una proposta progettuale innovativa per consentire il mantenimento di un elevato livello di welfare in presenza di significative riduzioni di spesa pubblica, ma pure il miglioramento della qualità delle prestazioni: insieme un documento di politica economica e di indicazioni gestionali e di governance.
Il libro indaga il contributo dell'enciclica Fratelli tutti a partire dalla domanda su come possa nascere e crescere un'economia in grado di generare fratelli. Il titolo annuncia il punto di partenza: la parabola del buon samaritano, icona biblica della FT, che pone davanti ai nostri occhi l'umanità scartata dall'attuale economia e la responsabilità di costruirne una radicalmente nuova. Lo sguardo spazia dall'enciclica agli studi sul superamento delle disuguaglianze; un superamento che implica una nuova antropologia e una politica - anche e soprattutto a livello globale - capace di indirizzare l'umanità verso la vera felicità. Le proposte concrete vertono sul lavoro e sugli imprenditori, sulle nuove regole e sul ruolo dello Stato, sull'imprescindibile attenzione alla casa comune e sul ripensamento del debito pubblico. Una nuova economia è possibile: occorre mantenere alto il livello della riflessione e partire. Con coraggio, senza esitare.
Arricchirsi sembra essere uno degli scopi principali di tante persone, quasi da diventare un rito del vivere quotidiano. Immersi e condizionati dagli stili economico-finanziari che sembrano dettare ogni regola, a che serve accumulare beni e denaro se restiamo incapaci di solidarietà e condivisione? Il messaggio del Vangelo provoca a una riflessione esigente sulla responsabilità di ciascuno, sul valore delle ricchezze e della povertà. La felicità non nasce forse dall'arricchire gli altri?
Realizzato a partire dai dati raccolti dal «Courrier International», ma utilizzando anche le analisi pubblicate annualmente da Banca Mondiale, Onu, Unicef, Amnesty International, Freedom House, Oxfam, Wmo e altre organizzazioni governative e non governative, il "Piccolo atlante delle disuguaglianze" racconta in modo breve, immediato e senza troppi commenti, soprattutto attraverso i numeri, lo squilibrio presente a livello fondamentale nelle condizioni degli esseri umani, che hanno speranze di vita ben diverse da luogo a luogo e che si differenziano nelle loro prospettive per il sesso e il luogo di nascita, le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza monetaria, dei frutti della terra, della proprietà, dell'acqua, della fame, dell'igiene pubblica, dell'accesso a Internet. Ma anche la profonda disuguaglianza nella distribuzione dei diritti sessuali, della parità di genere, dei metodi contraccettivi, del trattamento carcerario, della pena di morte, prendendo in esame anche il modo in cui i disastri climatici e il degrado dell'ambiente colpiscano in modo profondamente disuguale gli abitanti del pianeta.
Lo sviluppo dell'economia della conoscenza, la formazione di una nuova classe costituita dai lavoratori della conoscenza e la diffusione di Internet annunciano il possibile passaggio dal capitalismo speculativo a un nuovo modo di produzione, basato sulla cooperazione e la democrazia economica. Infatti paradossalmente la conoscenza, su cui si fonda il capitalismo più avanzato, ha caratteristiche intrinseche difficilmente compatibili con il capitalismo stesso, perché è un bene economico non esclusivo e non competitivo. L'emergente knowledge economy sta dunque scardinando dall'interno i meccanismi produttivi attuali, che invece si basano sulla ipercompetizione e sulla proprietà esclusiva dei beni. Protagonisti di questa rivoluzione - "lunga", come suggerisce Grazzini, perché graduale, complessa e dagli esiti ancora imprevedibili - sono i lavoratori della conoscenza. Pur subendo le caotiche speculazioni finanziarie (che generano precarietà occupazionale, stress, riduzione dei redditi e dei servizi sociali), essi stanno sviluppando autonomamente, grazie a Internet, nuove dinamiche produttive della conoscenza aperte, cooperative e democratiche. Il free software, l'open source, Wikipedia, i blog e l'open science non sono che i primi passi di una "rivoluzione lunga" nel campo scientifico, tecnologico e delle comunicazioni. Una rivoluzione innanzitutto culturale, economica e tecnologica, destinata però a trasformare radicalmente anche le istituzioni politiche e sociali.
La crisi che nell'autunno del 2008 ha minato profondamente il sistema finanziario e bancario americano, allargandosi in breve tempo come uno tsunami, ha avuto e avrà effetti profondi sull'organizzazione economica e sociale. Non è stata una semplice crisi: per la prima volta dagli anni Trenta gli Stati Uniti hanno dovuto fare i conti con uno spettro che credevano di avere definitivamente allontanato, quello della depressione economica. A più di due anni dal fallimento della Lehman Brothers, Richard Posner, esponente di spicco della scuola di pensiero che da sempre professa l'assoluta fiducia nel libero mercato, ne analizza le cause, gli errori della politica (in buona e cattiva fede), le reazioni iniziali e le prospettive future. Una lucida autocritica che mette in discussione la reale validità di questo capitalismo, e che si chiede se sia giunto il momento di ripensare un nuovo ordine economico. Prefazione di Federico Rampini.
Se avete in mente una certa destinazione, la strada migliore da percorrere potrebbe essere quella che inizialmente vi porta nella direzione opposta. Questo, in sostanza, è il pensiero obliquo. Potrà sembrare paradossale, ma se si tratta di superare un ostacolo, risolvere un problema, vincere una battaglia o raggiungere un obiettivo economico, la storia ci dice che un approccio indiretto quasi sempre garantisce un maggiore successo. Attraverso una serie di aneddoti, esempi e consigli pratici che spaziano dal mondo degli affari alla pianificazione urbana, dal calcio allo spegnimento degli incendi boschivi, John Kay dimostra come le aziende con i maggiori profitti non siano quelle più orientate al profitto, come le persone più ricche non siano quelle più attaccate ai soldi, e le più felici non necessariamente quelle che cercano ad ogni costo la felicità.
"Il prezzo della civiltà" non solo indaga le cause della recessione globale, che si è ormai palesata come una crisi strutturale delle democrazie capitaliste occidentali, ma offre anche una speranza, la ricetta per una soluzione, difficile ma concreta e praticabile. L'ampiezza di sguardo e la capacità analitica pongono Jeffrey Sachs a pieno titolo tra i pensatori più influenti di questi anni. La diagnosi è netta e non lascia alcun dubbio: una società in cui l'1 per cento della popolazione (manager strapagati, banchieri ed élite economiche) detiene la maggior parte della ricchezza, lasciando il restante 99 per cento alla deriva, è una società ingiusta, che mai potrà sperare in una qualsiasi ripresa. L'unica soluzione possibile è pagare il prezzo della civiltà: una più equa distribuzione del carico fiscale (è tempo che i ricchi facciano la loro parte è uno dei messaggi chiave del libro), un profondo rispetto delle necessità dei più bisognosi, e la consapevolezza che le virtù personali e civiche sono il collante che tiene assieme una società sana.
Il fulgido e rassicurante benessere dell'Occidente convive da sempre, ignorandola colpevolmente, con la sua metà oscura, fatta di inquinamento ambientale, spaventosi squilibri sociali ed economici, povertà inaccettabile. Il sistema, però, dice Philippe Kourilsky, così non può reggere: i cedimenti strutturali che si avvertono ovunque denunciano la necessità di un cambiamento radicale. Ma non si tratta di sostituire un sistema economico o politico con un altro, o di generici appelli alla moralizzazione e alla generosità per i più svantaggiati. Il cambiamento deve essere più profondo, e investire l'individuo prima ancora che la società. "mi sembra che sia giunto il tempo di dare all'altruismo il posto che gli spetta" scrive Kourilsky. Un libro forte come un pugno allo stomaco; un richiamo potente alla responsabilità, personale e collettiva, che nel torpore generale della nostra epoca è una rigenerante doccia fredda. Prefazione di Amartya Sen.

