
Questo testo nasce dalle parole di Papa Francesco e dalla sua denuncia: "La solidarietà diventa uno stile di costruzione della storia" (EG 188)Il volume, snello e senza pretesa di esaustività, vuole dare qualche suggestione alla nostra società attraverso un triplice sguardo: quello di un teologo (Walter Magnoni), di un filosofo (Silvano Petrosino) e di un economista (Luigi Campiglio). Magnoni si lascia pro-vocare dalla parabola di Gesù del Buon Samaritano, che si trova a essere solidale senza averlo programmato; Petrosino riflette sul termine "solidarietà" tentando di smascherarne alcune tentazioni in atto, come quella che la considera un "lubrificatore sociale"; Campiglio, infine, analizza concetti quali "solidarietà naturale" e "solidarietà della ragione" sottolineando l'importanza della solidarietà tra generazioni ed eredità. Il cardinale Angelo Scola firma la prefazione del testo e riconosce come la solidarietà possa essere uno stile virtuoso per "includere socialmente i poveri".
Vengono pubblicati in forma antologica testi di grande attualità. L'economista del Mahatma Gandhi ci spiega i mali dell'economia moderna e come curarli in modo equo e nonviolento. Un libro, quindi, non solo di denuncia, ma che indica con chiarezza le alternative, che ridà speranza e voglia di agire. Kumarappa è stato l'economista di Gandhi, il suo più stretto collaboratore nel tracciare le linee di un programma economico nonviolento.
L'imperativo marx-engelsiano, "Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!", sembra essere stato stravolto nel suo opposto: le vicende che qui richiamiamo, quelle dei "soliti ignoti" cioè delle multinazionali, dimostrano che nell'età postmoderna tutti i "lavoratori" (e i semioccupati, e i disoccupati, e i diseredati) si sono frammentati e dispersi, mentre a unirsi, salvo che ciò preluda a nuovi conflitti, per il momento sono stati invece i padroni. Non possiamo opporci a questa dinamica, sappiamo di essere impotenti dinanzi ad essa, non c'illudiamo sul valore del nostro contributo. Che tuttavia tende, con molta modestia, a tradurre in termini politici il vecchio imperativo esorcistico, Quomodo te vocaris? Ecco: questo è un contributo al disincanto weberiano. Cominciamo a conoscerli e a chiamarli per nome, questi padroni. Cominciamo a riconoscerli, a costringerli a salire al proscenio, a farsi vedere. Cominciamo a contarli e a parlare di loro. Ce la siamo troppo a lungo presa con i politici mediocri e corrotti che essi mandavano avanti a spianare la loro strada: e, come lo stupido cane bastonato, abbiamo azzannato il bastone anziché la mano che lo guidava, e meglio ancora la gola di chi ci stava bastonando.
Ecco la minaccia più grave che incombe sul pianeta: l'attuale sistema finanziario ultraglobalizzato, che deprime la crescita economica, aumenta la disuguaglianza, impoverisce la gente, e diffonde insicurezza e paura del futuro. Sono quasi cinquant'anni che il capitalismo dei mercati finanziari ha preso il potere in Occidente. La sua ideologia è il neoliberismo, un pensiero unico che prevale nel mondo accademico, nella società civile e nella politica, a destra come a sinistra. L'Unione europea ne è diretta espressione e la superburocrazia che la governa in condizioni di pesante deficit democratico agisce con la complicità dei media, per lo píù allineati a questo strapotere. Ma i padroni del mondo attuale non sono inamovibili. Come spiega Arlacchi, sono in campo contromovimenti che li combattono. L'economia sociale di mercato della Cina e dell'Asia orientale già contrasta la deriva neoliberista. E stanno inoltre emergendo formazioni di riformatori, conservatori, fascisti, socialisti e populisti prodotte da un grande scontento verso il mercato che mobilita tutti, da Corbyn a Trump a Le Pen. È questo il dato nuovo. All'orizzonte ci sono il declino dell'Occidente dominato dal capitale finanziario, il tramonto incruento della tutela americana e un ordine mondiale multipolare più pacifico e progressivo.
Tre motivi per leggerlo: perché "Prosperità" è l'esempio di una economia dal volto umano, sempre rivedibile, mai dogmatica, attenta alle persone prima che al mercato. Perché le politiche ispirate alla lezione di Keynes (investimenti pubblici, tassazione progressiva, protezione sociale) hanno risollevato l'economia in un periodo di forti contrapposizioni politiche e di crisi economica la cui affinità con il nostro tempo è evidente. Perché questo libro guarda al futuro, non solo della scienza economica ma soprattutto della società in cui viviamo. Introduzione di Francesco Saraceno.
L'amministratore delegato della banca Unicredit, Alessandro Profumo, nel 2007 ha guadagnato 9 milioni e mezzo di euro, 25 mila euro al giorno. Quanto un lavoratore medio in un anno. Il dibattito sugli stipendi dei manager sta diventando centrale in tutti i Paesi sviluppati. Solo in Italia se ne discute pochissimo, come se l'argomento fosse ritenuto sconveniente. Questo libro affronta il tema in profondità, analizzando una raffica di casi che lasciano allibiti i piccoli azionisti, i dipendenti e gli stessi clienti delle società quotate in Borsa. Perché nel 2007 le buste paga dei cinquanta manager più pagati sono cresciute del 17 per cento (in un anno in cui sono andati male Borsa e bilanci) mentre quelle dei lavoratori dipendenti solo del 2,3 per cento? Le retribuzioni dei top manager sembrano aver strappato ai salari il titolo di "variabile indipendente". Perché nella classifica dei manager più pagati d'Italia ci sono spesso i grandi azionisti o loro famigliari? Forse perché i capitalisti italiani riescono a comandare nelle aziende con così poche azioni che se dovessero vivere di dividendi sarebbero poveri. Gli autori raccontano, in un linguaggio semplice e ricco di storie, come gli stipendi dei manager aiutino a capire la crisi profonda dell'economia italiana, e di un'industria che sembra non tenere il passo con la competizione internazionale.