
L'economia del nostro paese sembra avere smarrito la capacità di accrescere reddito ed efficienza produttiva. Perché? Per capirlo e per avanzare delle soluzioni, gli autori mettono a fuoco alcune variabili chiave dell'economia italiana: chi genera ricchezza; che cosa, dove e come si produce; quali sono i problemi di molte imprese, familiste, poco produttive, scarsamente innovative; quali i punti di forza della nostra competitività internazionale. Far nascere nuovi imprenditori, convincere quelli che ci sono a far crescere le loro imprese, separandole dai destini della famiglia, premiare il coraggio e l'inventiva, disincentivare le rendite di posizione devono essere gli impegni prioritari della politica economica oggi in Italia. Suscitare attese favorevoli e lavorare per la loro realizzazione potrebbe liberare le energie di cui il nostro paese resta ricco.
Le economie dei paesi sviluppati devono affrontare problemi profondi e interconnessi: città inquinate, gravi diseguaglianze, marginalizzazione di larghe fasce di popolazione, crescita lenta, un disastroso cambiamento climatico. Per affrontare questi problemi le politiche economiche devono cambiare radicalmente. Il che vuol dire che dobbiamo capire fino in fondo come funziona il sistema capitalista contemporaneo. In questo libro, alcuni tra i massimi economisti a livello internazionale affrontano le questioni chiave dell'economia contemporanea - la politica fiscale e monetaria, il mercato finanziario, la diseguaglianza, le privatizzazioni, l'innovazione e il cambiamento climatico. Con una convinzione: il capitalismo deve essere riformato e reinterpretato per evitare i fallimenti che tuttora abbiamo davanti agli occhi. "Abbiamo un bisogno disperato di nuovi modi di pensare e concepire le politiche economiche: questo libro affronta i nostri preconcetti, sfida i nostri mostri sacri e offre finalmente idee nuove e provocatorie." (Financial Times)
Finanza e tecnologia, lavoro e ambiente, disuguaglianza, povertà, crescita, welfare, imprese... I temi fondamentali dell'economia da Smith a Keynes, da Platone a Bauman, da Einaudi a Stiglitz.
Banchieri, imprenditori, politici: tutti parlano della necessità di ‘creare valore’ per creare ricchezza. Ma cos’è realmente il ‘valore’? Chi crea ricchezza? Come decidiamo il valore delle cose che produciamo e quanto spetta a chi le realizza?
L'Europa è ormai un campo di battaglia diviso fra un establishment in bancarotta e nuovi nazionalismi reazionari. Da un lato, la politica tradizionale arroccata a difesa del fortino dello status quo, impegnata in un vano tentativo di proteggere un estremo centro che non può e non deve più reggere: il centro di una certa globalizzazione neoliberale, dell'austerità, quello che ha assunto come simboli le grandi coalizioni e la Troika. Dall'altro, l'emergere prepotente di nuove forze regressive che sfruttano un sentimento reale e dilagante di insicurezza sociale per promuovere una politica identitaria, reazionaria e autoritaria. È più urgente che mai creare un terzo spazio con una visione forte e ambiziosa. Uno spazio che tenga insieme quanti già lavorano per un'alternativa, costruendo un'alleanza popolare vincente in grado di rappresentare un punto di riferimento nel disordine europeo e di radunare quanti rifiutano di essere meri spettatori della disintegrazione del nostro continente.
Giovani e meno giovani costretti a lavorare gratis, uomini e donne assuefatti alla logica della promessa di un lavoro pagato domani, lavoratori a 3 euro l'ora nel pubblico e nel privato: questa è la modernità che paga a cottimo. Sottoccupazione da un lato e ritmi di lavoro mortali dall'altro. Diritti negati dentro e fuori le aziende per quanti non vogliono cedere al ricatto. Storie di ordinario sfruttamento, legalizzato da vent'anni di flessibilizzazione del mercato del lavoro. Malgrado la retorica della flessibilità espansiva e del merito come ingredienti indispensabili alla crescita sia stata smentita dai fatti, il potere politico ha avallato le richieste delle imprese. Il risultato è stato una cornice legislativa e istituzionale che ha prodotto uno sfaldamento del mondo del lavoro: facchini, commesse, lavoratori dei call center, addetti alle pulizie in appalto procedono in ordine sparso, non sentono più di appartenere alla medesima comunità di destino. Le inchieste di Marta Fana sul Jobs Act e la sua lettera al ministro Poletti, condivise da migliaia e migliaia di lettori, hanno portato alla luce la condizione del lavoro in Italia, imponendola all'attenzione pubblica come voce di un'intera generazione.
La democrazia diretta invocata dai populisti rischia di sfociare nella dittatura della maggioranza. Il peggiore nemico del populismo sono i corpi intermedi della cosiddetta società civile: associazioni, partiti, sindacati, autorità indipendenti, amministrazioni pubbliche. La lucida analisi di una questione essenziale per il futuro del nostro mondo, e una proposta concreta sul tema dell'immigrazione.
Gli interventi tenuti da Carlo Azeglio Ciampi nell'arco di quasi due decenni (dal 1981 al 1992 e dal 1996 al 1998) all'Assemblea annuale dell'Associazione Bancaria Italiana in qualità di Governatore della Banca d'Italia e, successivamente, di Ministro del Tesoro raccontano l'evoluzione economica e sociale del nostro paese. I quindici contributi riuniti in questo volume approfondiscono i temi di specifico rilievo per le banche e fanno il punto sul cammino di un'Italia impegnata ad evolvere verso una nuova dimensione europea, all'interno di un quadro civile e politico caratterizzato da eventi drammatici (le strategie stragiste, anche di stampo mafioso) ed epocali (la caduta del muro di Berlino e la costruzione dell'Europa unita). Ciampi scandisce in modo chiaro, rigoroso e documentato, i tempi del definitivo riconoscimento della natura imprenditoriale dell'attività svolta dalle banche e della necessità che essa si svolga in un regime di concorrenza; più in generale, sancisce la necessità che Governo e Parti sociali convergano nell'attivazione di un circuito virtuoso volto alla sconfitta del fenomeno inflattivo e al contenimento del debito pubblico. In tale contesto Ciampi, nella sua veste di Ministro del Tesoro, afferma l'impegno a costruire un quadro economico compatibile con l'ingresso a pieno titolo fin dal primo momento dell'Italia nel gruppo costitutivo dei paesi europei che avrebbero avuto moneta unica. Postfazione di Pier Carlo Padoan.
«Non è difficile individuare le politiche economiche necessarie per invertire la rotta. Abbiamo bisogno di maggiori investimenti nei beni pubblici; di una migliore governance aziendale, leggi antitrust e antidiscriminazioni; di un sistema finanziario più regolamentato; di un rafforzamento dei diritti dei lavoratori; di sistemi di tassazione e trasferimenti più progressivi. 'Riscrivendo le regole' che disciplinano l'economia di mercato sulla base di queste esigenze potremo ottenere una maggiore uguaglianza nella distribuzione del reddito sia prima che dopo le tasse e i trasferimenti, e di conseguenza risultati economici migliori.»
«Abbiamo scritto questo libro per aggrapparci alla speranza. Per riepilogare la storia di quello che è andato storto e del perché è andato storto, ma anche per ricordarci di tutto quello che è andato per il verso giusto. È un libro che parla dei problemi e anche di quello che possiamo fare per rimettere insieme il nostro mondo, se riusciremo a fare una diagnosi onesta. Un libro che racconta dove ha fallito la politica economica, dove ci siamo fatti accecare dall'ideologia, dove non siamo riusciti a vedere delle cose ovvie: ma anche un libro che racconta dove e perché la buona economia è utile, soprattutto nel mondo di oggi. Alla fine, abbiamo deciso di buttarci, in parte perché eravamo stufi di starcene in disparte a guardare il dibattito pubblico su questioni economiche fondamentali - immigrazione, commerci, crescita, disuguaglianza, ambiente - che partiva sempre più per la tangente. Ma anche perché, man mano che ci ragionavamo sopra, ci rendevamo conto che i problemi che devono fronteggiare i paesi ricchi spesso, in realtà, sono inquietantemente simili a quelli che siamo abituati a studiare nei paesi in via di sviluppo: persone lasciate indietro dallo sviluppo, esplosione della disuguaglianza, mancanza di fiducia nello Stato, spaccature sociali e politiche e così via. Abbiamo imparato molto scrivendo questo libro, e questo ci ha dato fiducia nella cosa che come economisti abbiamo imparato a fare meglio, cioè concentrarci ostinatamente sui dati reali, diffidare delle risposte superficiali e delle soluzioni miracolose, affrontare con umiltà e onestà le cose che non capiamo ed essere pronti - forse la cosa più importante di tutte - a sperimentare idee e soluzioni e a sbagliarci, se questo serve ad avvicinarci allo scopo ultimo di costruire un mondo più umano.»
Per costruire un futuro migliore ci serve un'utopia. Un'utopia sostenibile. È la via maestra che Enrico Giovannini indica per il raggiungimento entro il 2030 degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall'ONU. Fame, salute, acqua, povertà, energia, infrastrutture, occupazione, disuguaglianze, clima, pace, istruzione sono questioni che si affrontano solo con un pensiero integrato e il concorso di forze politiche, economiche e sociali. Continuare a pensare e ad agire come nel passato vuol dire far precipitare il nostro mondo in una profonda crisi ambientale, economica, sociale. È richiesto l'impegno di tutti e un profondo cambiamento del modo in cui leggiamo e affrontiamo i problemi che ci circondano.
Nuove e profonde contrapposizioni lacerano il tessuto sociale delle società occidentali: grandi città contro province povere, élite altamente specializzate contro masse di lavoratori poco qualificati, paesi ricchi contro paesi poveri. Queste lacerazioni generano nuove ansie, nuova rabbia e nuove passioni politiche, come testimonia l'ondata di consensi ricevuti dai populisti di tutto il mondo, da Trump al partito della Brexit, sino all'estrema destra italiana. In questo libro appassionato e polemico, Paul Collier, uno dei maggiori esperti mondiali su povertà e migrazioni, prova a delineare i percorsi attraverso i quali superare queste nuove fratture economiche, sociali e culturali. Solo se il capitalismo riesce a darsi un fondamento etico tale da rendersi equo e compassionevole, e non solo efficiente ed economicamente fiorente, potrà garantire una vita degna. Un capitalismo in cui la dignità e la reciprocità prevalgano sull'aggressività, sulla paura e sull'umiliazione, caratteri tipici della nostra 'società dei rottweiler'.

