
"... a un figlio - beh, veramente a tre: Lidia, Fabio e Adrian, nell'ordine. Ricordi, Adrian, quando eri a scuola e ti chiedevano cosa faceva tuo padre? Tu farfugliavi: economista, giornalista... economista giornalista... giornalista... economista... giornalista economico... Ma, alla fine, capivano quello che faccio? No, rispondevi. Ma almeno tu lo capisci? Veramente neanch'io, confessavi. Questa mi sembra già una ragione sufficiente per scrivervi un libro..." (Fabrizio Galimberti)
Lo scoppio violento della bolla della new economy, gli avventurismi politici come la guerra in Iraq, il prezzo raggiunto dal petrolio e da altre materie prime, il difficile avvio dell'euro, le discutibili scelte dei vertici della Federal Reserve americana e della Banca centrale europea, la crisi di produttività del Vecchio continente, l'ascesa dei nuovi giganti asiatici: gravi incognite pesano sul presente e sull'immediato futuro dell'economia mondiale, e l'elenco potrebbe continuare a lungo. Quali sono le cause e quanto durerà questo clamoroso ritorno di instabilità sulla scena mondiale dopo anni di crescita apparentemente illimitata? La penna di Marcello De Cecco non risparmia nessuno. Tantomeno l'Italia.
"La motivazione più profonda con la quale ho cominciato a scrivere il libro non è solo quella di fare una proposta al legislatore. La spinta è la necessità di riflettere sulle fonti dell'infelicità sociale e sul fatto che la priorità oggi è garantire una maggiore inclusione nel mondo del lavoro, perché nella vita di una persona questa esigenza è cruciale per consentire il suo sviluppo emotivo e il suo benessere complessivo." Il Premio Nobel Edmund S. Phelps avanza una proposta innovativa per integrare nel mondo del lavoro e dell'impresa quelle persone che oggi vivono ai margini. Edmund S. Phelps, considerato un capostipite dei neo-keynesiani, insegna alla Columbia University dove è McVickar Professor of Political Economy. Il Premio Nobel 2006 per l'Economia gli è stato conferito per la sua analisi delle relazioni tra gli effetti a breve e a lungo termine delle politiche economiche.
Circa 8 milioni: sono gli italiani che hanno un lavoro instabile. Tra 5 e 6 milioni sono precari per legge, ossia lavorano con uno dei tanti contratti atipici che l'immaginazione del legislatore ha concepito negli ultimi quindici anni. Gli altri sono i precari al di fuori della legge, i lavoratori del sommerso. Come si è arrivati a queste cifre, perché le imprese chiedono la flessibilità del lavoro in misura sempre crescente, quali sono i costi umani che stiamo pagando e quali sarebbero i costi economici che il paese dovrebbe affrontare se si volesse davvero coniugare l'instabilità dell'occupazione con la sicurezza del reddito, cosa ha a che fare tutto questo con la globalizzazione, quali caratteristiche dovrebbe avere una politica del lavoro globale per essere davvero all'altezza delle reali dimensioni del problema. In queste pagine, l'accusa di Gallino: non solo non è giusto che il precariato sia merce di scambio dell'economia globalizzata, ma nemmeno intelligente per una società che voglia congiungere allo sviluppo economico lo sviluppo umano.
Perché nigeriani e messicani risultano essere in media più felici degli europei e degli americani, nonostante siano indiscutibilmente più poveri? Perché l'aumento del benessere economico in una società va di pari passo con una vita di relazione sempre meno soddisfacente? Esiste una branca della ricerca sociale che si occupa di rispondere a questo genere di domande: gli 'studi sulla felicità' analizzano e quantificano il grado di soddisfazione degli individui in relazione a un folto numero di variabili socioeconomiche quali, ad esempio, il livello di reddito e l'occupazione. Le ricerche in questa materia sono oggi in grado di supportare le istituzioni internazionali e le classi dirigenti nella formulazione di obiettivi socioeconomici completi e soddisfacenti, che suscitino il pieno consenso dei cittadini. Questo volume illustra, sulla base dei dati più aggiornati, le principali leggi che regolano il rapporto tra felicità e ricchezza e analizza problemi e paradossi del nesso tra reddito e soddisfazione di vita, l'effetto dell'inflazione, della disoccupazione e della rivoluzione del modello d'impresa contemporaneo sul tasso di felicità di una nazione, il rapporto della felicità con il mercato e il capitale sociale.
Gary Becker è stato un pioniere nell'applicare l'analisi economica allo studio del comportamento umano in aree come la discriminazione, il matrimonio, le relazioni familiari e l'educazione, dove si riteneva che il comportamento fosse dettato principalmente dalla consuetudine e dall'irrazionalità. La ricerca di Becker sul capitale umano - pubblicata in tempi in cui la stessa espressione capitale umano era ancora nuova e fortemente controversa - è divenuta presto un classico ed è stata considerata dal comitato del Nobel come il contributo più notevole di questo studioso alle discipline economiche. Per la prima volta tradotto in italiano, "II capitale umano" studia le conseguenze economiche prodotte, in termini di assunzioni e livelli salariali, dall'investimento in istruzione e formazione individuale.
Franklin Delano Roosevelt traghettò una nazione prostrata dalla crisi verso una ripresa economica, politica e sociale di così vasto respiro da durare per i trent'anni successivi. Grazie a lui gli Stati Uniti del dopoguerra poggiavano su forti valori democratici ed egualitari, incarnazione di una società di ceto medio dove il boom dei salari aveva elevato decine di milioni di americani dalla povertà a una vita agiata, livellando il reddito medio degli individui a scapito della concentrazione dei capitali. Poi le cose sono precipitate sempre più in fretta lungo un crinale scosceso fatto di crescenti disuguaglianze e di strisciante corruzione politica: "Durante gli anni Settanta, la destra radicale ha assunto il controllo del Partito repubblicano, incoraggiato le imprese a sferrare un attacco contro il movimento sindacale, ridotto drasticamente il potere contrattuale dei lavoratori, abbassato le aliquote fiscali applicate ai redditi elevati". I risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Oggi, sostiene Krugman, il tempo è maturo per un'altra grande era di riforme, per un altro New Deal. Cosa dovrebbe fare la nuova maggioranza? Nell'interesse della nazione, dovrebbe attuare un programma imprescindibilmente progressista, che promuova l'espansione della rete di sicurezza sociale e riduca la disuguaglianza.
Stremati da due conflitti e da una crisi finanziaria di proporzioni mai viste, gli Stati Uniti faticano sempre più a conservare il ruolo di superpotenza mondiale, mentre a Washington politici e generali - concentrati su Iraq, Iran e Medio Oriente - sembrano non realizzare quanto è ormai palese per molti. La vera sfida del XXI secolo non sarà contro i terroristi, ma contro una potenza riemergente dopo più di un secolo di letargo: la Cina. Con un'economia che ha tassi di crescita annui del 9-10% la Repubblica popolare cinese è oggi il secondo consumatore di petrolio al mondo, tra Usa e Giappone, e il suo fabbisogno è destinato a crescere se, come recitano le previsioni, entro il 2030 diverrà la prima economia del pianeta. Una presenza tanto ingombrante e competitiva non può che far saltare gli equilibri economici e politici internazionali. Vale per tutti il caso della corsa mondiale al controllo delle materie prime. In Africa, vero eldorado emergente dello sfruttamento petrolifero del nuovo millennio, i cinesi sono già ovunque e hanno scalzato la tradizionale influenza occidentale. Il motivo è semplice: fanno affari senza porre condizioni come americani ed europei. Niente più richieste di riforme, niente trasparenza, stato di diritto e altri obiettivi neo-liberali. Date le premesse, lo scontro che si profila minaccia dimensioni epiche e toni drammatici.
La comunicazione d'impresa è un sapere integrato che, gestito da un professionista, esperto in pubbliche relazioni, consente a un'azienda di elaborare e attivare flessibili ed efficaci strategie di presenza sul mercato di riferimento. Applicata e praticata da anni in paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, in Italia ha lungamente stentato a prendere piede a causa, si diceva, di una tendenza a organizzare la comunicazione "per comparti": ovvero ciascuna agenzia o struttura lavora in autonomia, e non esiste una mente centrale che ne coordini gli sforzi (e i risultati) comunicativi verso l'esterno. Le cose oggi stanno finalmente cambiando. Questo volume offre una panoramica teorica sulla comunicazione d'impresa e passa in rassegna le diverse professionalità legate a questo settore, dalla pubblicità alle relazioni pubbliche, alle promozioni, sponsorizzazioni.
In breve
Come può persistere una povertà estrema per la metà dell’umanità, nonostante l’enorme progresso economico e tecnologico, le norme morali e i valori illuminati della nostra civiltà occidentale? Perché noi – cittadini degli Stati ricchi dell’Occidente – non troviamo moralmente preoccupante il fatto che un mondo da noi fortemente dominato gravi su milioni di persone con posizioni di partenza così inferiori e inadeguate? Un autorevole filosofo a confronto con i temi della giustizia universale: Thomas Pogge indica come riformare l’ordine globale per combattere la povertà e sostenere i diritti umani.
Indice
Prefazione di Luigi Caranti - Introduzione generale - 1. Fioritura umana e giustizia universale - 2. Come devono essere concepiti i diritti umani? - 3. Scappatoie nelle moralità - 4. Universalismo morale e giustizia economica globale - 5. I limiti del nazionalismo - 6. Realizzare la democrazia - 7. Cosmopolitismo e sovranità - 8. Estirpare la povertà sistemica: istruzioni per un Dividendo Globale delle Risorse - 9. Innovazione farmaceutica: dobbiamo escludere i poveri? - Parole conclusive - Note - Bibliografia - Indice analitico
La finanza è diventata sempre più grande, sempre più opaca, sempre più incontrollata. Anziché essere dispensatrice di benessere per tutti, è stata colta da una sorta di ambizione luciferina che l'ha portata a mostrare il suo volto peggiore. La teoria economica dominante si è arroccata attorno all'ipotesi che il sistema finanziario fosse intrinsecamente efficiente e che potesse trovare autonomamente regole adeguate. E che il mercato, nella sua infinita saggezza ed efficienza, potesse determinare il livello ottimale di capitale necessario a garantire la stabilità delle banche. Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto Totò. Il problema non sono le regole abolite, ma quelle che non sono mai state scritte. Non si tratta di scegliere tra Stato e mercato. Si tratta di avere più Stato per scrivere le regole necessarie a far funzionare i mercati finanziari in modo efficiente, così che non assumano più le orride sembianze di Mr Hyde.
Luglio 2007: è la data d'inizio di una crisi che ha squassato l'economia mondiale e che continua a intorbidire acque e sonni di famiglie e imprese. C'è chi ha evocato lo spettro della Grande depressione degli anni Trenta, c'è chi si chiede se bisogna correre a riprendersi i soldi dalla banca, c'è chi assiste impotente a fallimenti e disoccupazione, o guarda affascinato ai frenetici tentativi di arginare la crisi da parte di Governi e Banche centrali. Ma come siamo arrivati a questo punto? Quali meccanismi impazziti hanno scatenato l'epocale sommovimento? Se ogni crisi rappresenta anche un'opportunità, questa offre l'occasione di capire gli errori fatti fin qui e di ricostruire un sistema finanziario internazionale in cui la finanza sia ancella e non padrona dell'economia. Conducendo per mano il lettore nelle basse cucine dell'alta finanza e nelle sale ovattate dove si cercano rimedi alla crisi più grave del dopoguerra, Fabrizio Galimberti offre spiegazioni piane e comprensibili di quanto sta accadendo e (presumibilmente) accadrà nel mondo, intrecciando insieme la cronaca e la riflessione, i fatti, l'analisi e i rimedi.