
La dimensione culturale all'origine dell'attuale crisi economica è il tema centrale del libro. La tesi è che, in Occidente, lo sviluppo è stato segnato da una sproporzione tra crescita materiale e qualità della vita sul piano dei rapporti umani e della socialità. La crisi è considerata la conseguenza di una concezione alienata dell'esistenza e del lavoro, dove il benessere economico è perseguito come compenso per la rinuncia a una completa realizzazione di identità. Questa concezione alienata, inoltre, porta a considerare il mercato e il suo dominio sulla società come se fossero generati da leggi eterne, divine, e non da comportamenti e istituzioni volute dagli uomini. Dopo aver analizzato come Marx abbia tentato, senza riuscirvi, di svelare il 'feticismo delle merci' per uno sviluppo umano in grado di superare l'alienazione religiosa, il libro esamina il processo di formazione della teoria economica neoclassica evidenziandone, oltre al contenuto antropologico e alle carenze interne, il contributo al processo di deregolamentazione dei mercati che ha condotto alla crisi. Infine, con riferimento al dibattito che si è svolto in Italia sui temi della crescita economica tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta e ad alcuni suoi successivi sviluppi, l'autore affronta la questione della distinzione tra bisogni ed esigenze, mostrando su quali basi è possibile costruire una proposta culturale in grado di superare la centralità della dimensione economica
Questo non è un libro per esperti.
È un libro che parla non di soldi ma di persone. E, come sempre quando parliamo di persone, parliamo di valori, di sogni e bisogni. Quindi qualcuno potrebbe dire che parliamo anche di soldi perché i soldi permettono che i sogni e i bisogni delle persone possano essere soddisfatti. Diciamo allora che questo libro parla del bisogno delle persone di essere felici in un tempo di crisi, in cui il risparmio è una parola che in alcuni genera tristezza e può evocare una pratica che non si connette con la difficoltà di molti, tanti, di arrivare a fine mese. Sempre questi tempi di crisi hanno lentamente sostituito dentro di noi la regola del risparmio con la regola dell’indebitamento: carte di credito, pagamenti rateali, interessi su operazioni tutte lecite e consentite che però agiscono sul nostro stile di vita.
Un tempo il salvadanaio era depositario non solo di monete ma anche di progetti e stili di vita. Si rompeva quando era pieno e solo allora il sogno veniva realizzato. Oggi il salvadanaio si svuota ancora prima di riempirsi perché i nostri progetti e il nostro stile di vita sono avvinti da una catena che ci rende sempre più consumatori e clienti. E troppo spesso debitori.
Questo libro è per tutti coloro che vogliono tornare a risparmiare in maniera consapevole e felice.
Ogni comunità ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze: l'uomo deve trovare le ragioni di queste disparità per non rischiare di vedere crollare l'intero edificio politico e sociale. In questa chiave, anche molte ideologie del passato non appaiono più così irragionevoli, se paragonate al nostro presente. Conoscere la molteplicità delle traiettorie e delle biforcazioni della storia può infatti aiutarci a interrogare le fondamenta delle nostre istituzioni e a intuire le loro trasformazioni. Questo libro, fondato sull'analisi di dati comparativi di inedita ampiezza, traccia il percorso dei regimi basati sulla disuguaglianza e ne immagina il futuro in una prospettiva economica, sociale, intellettuale e politica: dalle antiche società schiavistiche fino alla modernità ipercapitalista, passando per le esperienze comuniste e socialdemocratiche, e per il racconto inegualitario che si è imposto negli anni ottanta e novanta. Con lo sguardo rivolto ai temi più caldi della nostra contemporaneità, Thomas Piketty dimostra come l'elemento decisivo per il progresso umano e lo sviluppo economico sia la lotta per l'uguaglianza e l'educazione, ridiscutendo il mito della proprietà a tutti i costi. Ispirati dalle lezioni della storia, possiamo affrontare il fatalismo che ha nutrito le derive identitarie in Europa e nel resto del mondo, e immaginare un nuovo orizzonte partecipativo per il XXI secolo, basato sull'uguaglianza, la proprietà sociale, l'educazione e la condivisione dei saperi e dei poteri. Nel seguito di "Il capitale nel XXI secolo", Piketty lancia la sfida di un nuovo modello economico e culturale.
Il destino dell'economia mondiale è in bilico, e l'Europa sta facendo tutto il possibile per minarlo: la tensione tra i paesi membri è altissima, e il rapporto con l'alleato di sempre, gli Stati Uniti, molto compromesso. In questo drammatico racconto dell'ascesa e del colossale crollo dell'economia europea, Yanis Varoufakis spiega come le radici del collasso vadano rintracciate molto più a fondo di quanto i nostri leader siano disposti ad ammettere - e come finora non sia stato fatto nulla per porvi rimedio. Da quando l'uragano della crisi economica si è abbattuto sull'Europa, infatti, i leader degli stati membri hanno scelto di rispondervi con una miscela di misure votate all'indebitamento e all'austerità invece di mettere in piedi un sistema di riforme, lasciando così che fossero i cittadini più poveri delle nazioni più povere a pagare il prezzo degli errori commessi dalle banche, e non facendo nulla per prevenire la prossima crisi. Al contrario, le politiche di austerity ricadute sulle nazioni più deboli, già colpite dalla recessione, hanno favorito l'insorgere di sentimenti estremisti e razzisti. Già ministro delle Finanze nel governo Tsipras, Varoufakis ha un posto in prima fila nelle stanze dove si decide la politica economica europea, e svela come la zona euro, senza un radicale cambiamento di direzione, rappresenti un castello di carte destinate a cadere e una minaccia per se stessa e la stabilità globale.
Per anni abbiamo ritenuto le tasse, se non belle, almeno necessarie per tenere in piedi il nostro apparato pubblico e i servizi che fornisce. Poi si è teorizzato che fossero necessarie per apportare una qualche forma di riequilibrio sociale. Ci siamo però accorti che il conto da pagare era decisamente superiore alla qualità del pasto che stavamo consumando. I servizi, dalla sicurezza alla sanità, non sono all'altezza. E la favola della giustizia sociale per via fiscale si è dimostrata falsa. Piuttosto lo stato e le sue casse si sono grandemente arricchiti, alzando le pretese. Non poteva continuare così. Ecco perché il mostro fiscale ha dovuto cambiare forma, è dovuto diventare "bio", come direbbero le groupie della correttezza alimentare. Ha dovuto trovare un racconto originale che gli permettesse, impunito, di continuare a sottrarre risorse ai privati. L'idea di tassare e nascondere la mano non è nuova. Ma oggi, come mai prima, le imposte cercano di mimetizzarsi. Esistono e ci danno uno schiaffo come fossero l'uomo invisibile: non sappiamo come reagire, con chi prendercela. Cercano di darsi una veste nuova. Lo stato continua ad alimentarsi con le consuete pietanze di un tempo, con i prelievi sui consumi, sui redditi e sui patrimoni, ma ha aggiunto un dessert fintamente equo e solidale. Le nuove tasse si giustificano per emergenze tutte da dimostrare, su comportamenti che in modo arbitrario si ritengono socialmente deprecabili. Le tasse invisibili sono etiche ed ambientali. Sono richieste non già per migliorare le condizioni del presente, ma per evitare i drammi di un futuro catastrofico, che si dà per certo. I socialisti volevano occuparsi dei cittadini dalla culla alla tomba, i loro nipoti hanno scoperto che ci si può occupare anche dell'aldilà. La morale resta la solita. I nostri rappresentanti passano gran parte del loro tempo, per di più pagati da noi, a cercare un modo per spillarci quattrini. Sempre per il nostro bene. Si intende.
Affronta la composita ma estremamente preziosa dimensione della solidarietà in Italia. Tre milioni di volontari, oltre 30mila organizzazioni non profit, 700mila dipendenti: sono questi i numeri del terzo settore italiano, ovvero il variegato mondo, fatto di solidarietà, volontariato, partecipazione civica ed economia sociale che non è «né Stato né mercato». Un mondo fatto di persone, giovani e meno giovani, impegnate per un ideale di giustizia e orientate dal valore della sussidiarietà, che negli ultimi vent'anni nel nostro Paese è costantemente cresciuto fino a diventare interlocutore irrinunciabile delle istituzioni ed elemento portante anche del sistema economico.
Luigi Bobba, oggi deputato, ma per anni dirigente e poi presidente nazionale delle Acli, è un testimone privilegiato di questa evoluzione e un osservatore attento delle dinamiche sociali che caratterizzano il mondo dell'impegno volontario, oltre che un protagonista dell'associazionismo italiano. La guida ideale, dunque, per conoscere il non profit italiano e capire quali sfide lo attendono oggi, tra crisi economica, globalizzazione, povertà emergenti e bisogni sociali a cui né Stato né mercato, da soli, riescono più a rispondere.
Gli autori.
Luigi Bobba è giornalista pubblicista, ricercatore sociale e autore di numerose pubblicazioni sui temi del lavoro, del welfare e della formazione. Già presidente nazionale delle Acli ed esponente di spicco del mondo cattolico, senatore nella XV Legislatura. Dal 2008 è deputato e vice presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Gabriella Meroni è giornalista, caposervizio del settimanale "Vita". Scrive di economia sociale, non profit, tematiche fiscali. Dal 1999 al 2003 ha condotto la trasmissione radiofonica “Senza fine di lucro” su Radio24-Il Sole24Ore.
Stretti tra la necessità di risparmiare indotta dalla crisi economica e i continui appelli a non modificare le abitudini di consumo per non incidere negativamente sul sistema economico generale, i consumatori tentano di trovare nuovi criteri di acquisto. Ecco quindi un volume per riflettere sui concetti di responsabilità, consumo critico, sostenibilità e per analizzare se le modalità di consumo "alternativo" (biologico, equo-solidale, collettivo, ecc.) possano veramente considerarsi modelli realistici per tutte le famiglie.
Parlare chiaramente di tasse si può e lo dimostrano gli autori di questo libro che propongono un metodo innovativo e trasparente per riportare la questione fiscale al centro del dibattito democratico. La loro proposta parla anche di noi: solo affrontando con chiarezza e competenza i nodi irrisolti del nostro sistema tributario possiamo scongiurare per il nostro paese scenari economici difficili.
Il mondo, già provato dalla crisi dei subprime, è alle prese con lo spettro di una nuova recessione mondiale se non addirittura con una seconda Grande Depressione dagli sviluppi, anche sociali, imprevedibili. Le crisi di susseguono ormai con regolarità impressionante mettendo a dura prova Stati, unioni economiche e continenti interi. Quali sono le cause di queste crisi? Che cosa frena realmente l'economia? Come eliminare gli ostacoli allo sviluppo? Come riportare l'accento sull'economia reale schiacciata negli ultimi due decenni dall'economia finanziaria? Tante domande, un'unica certezza: la via d'uscita è l'adozione di un'etica della responsabilità che punti con decisione su sussidiarietà, solidarietà e sostenibilità dell'azione di politica economica e dell'agire di imprenditori e delle altre parti sociali.
Si parla spesso di giovani, pur sapendone molto poco, e "senza quella necessaria riserva di pudore che sarebbe probabilmente dovuta a chi ha ereditato, senza averne colpe, situazioni che altri, in anni ormai lontani, hanno contribuito a creare". Questo volume presenta i risultati di un'ampia e rigorosa ricerca effettuata dall'Istituto Demopolis per IAL e CISL e racconta un intero segmento del Paese che, fra precarietà, incertezza occupazionale e tutele sociali ridimensionate, tenta di realizzarsi nella vita e nel lavoro: i cittadini italiani fra i 18 e i 34 anni. Gli aspetti qualitativi e i dati dell'indagine demoscopica sono stati raccolti e organizzati ascoltando i giovani, studiandone le dinamiche di formazione e di ingresso nel mondo del lavoro, le modalità di orientamento, i vissuti personali e lavorativi, la percezione del futuro, le sicurezze attese, i punti di riferimento valoriali e istituzionali. La fotografia di una generazione in difficoltà, in cui il disincanto convive con un realismo insospettato e una forte capacità di adattamento, che non è rassegnazione.

