
Il diritto penale di impresa è stato tradizionalmente un'arma del potere punitivo dello Stato destinata in gran parte a rimanere lettera morta, o a colpire esclusivamente i "pesci piccoli". Complice anche la crisi finanziaria globale, assieme a una rinnovata sensibilità verso i temi della sicurezza, oggi non è più così. La grande impresa è chiamata sempre più spesso a fare i conti con la giustizia penale, tanto in chiave repressiva quanto in chiave preventiva. Attraverso l'analisi di una serie di casi esemplari (Porto Marghera, Eternit, Ilva, ThyssenKrupp) il volume, cui contribuiscono alcuni fra i migliori studiosi della materia, fa il punto sulla portata e sul mutamento di ruolo della giurisprudenza nella materia penale economica in Italia, senza tralasciare puntuali riferimenti alla dimensione europea del fenomeno.
La temperatura media globale è in crescita ormai da più di cent'anni. Con sempre maggiore frequenza eventi estremi come uragani, piogge torrenziali o siccità prolungate rovesciano sul nostro habitat e le nostre vite i loro effetti disastrosi. Al pari della disoccupazione e delle crisi monetarie internazionali, il cambiamento climatico è uno dei grandi problemi economici (oltre che etici) da fronteggiare. Possiamo ancora farlo? La direzione giusta - ci indicano gli autori - è quella dello sviluppo sostenibile: una strada che, agendo con urgenza, è ancora possibile percorrere.
Il volume si propone di offrire una ricostruzione e un'analisi delle dinamiche dell'economia del Mezzogiorno, dal secondo dopoguerra alla conclusione dell'"intervento straordinario", in rapporto al contesto economico italiano e internazionale e all'impatto delle politiche nazionali e regionali adottate, a partire dall'esperienza e dal ruolo per lo sviluppo svolto dalla Cassa per il Mezzogiorno, di cui si presentano preziose testimonianze. La ricerca affronta aspetti di particolare interesse, quali le trasformazioni economiche e sociali e il ruolo delle istituzioni e del capitale umano, e si sofferma sul passaggio dalla politica di preindustrializzazione a quella di industrializzazione e sulla questione dei flussi finanziari Nord-Sud. Ampio risalto è poi attribuito al ruolo svolto nel periodo considerato da settori specifici per lo sviluppo del Sud: industria, infrastrutture per viabilità e trasporti, agricoltura, energia, formazione. Completano il quadro un'analisi del sistema finanziario in connessione allo sviluppo del Mezzogiorno e una riflessione sugli effetti dell'illegalità sulle politiche di sviluppo.
Che fine ha fatto il capitalismo italiano? La realtà industriale italiana presenta continuamente casi di imprese virtuose, che operano con successo sui mercati internazionali. Si tratta di imprese di taglia intermedia, che animano un'imprenditorialità vigorosa ma non hanno la forza di sostituirsi ai campioni del passato. Il libro invita a una riconsiderazione coraggiosa degli assetti imprenditoriali dell'Italia d'oggi e a una valutazione realistica del nostro potenziale economico e industriale. La sfera più propria del nostro paese secondo l'autore - è quella del mercato e non del capitalismo: alle sue reti lunghe occorre agganciarsi per non rinunciare a una prospettiva di sviluppo che possiamo ancora conseguire.
Quanto conta la salute per la felicità? Studiare le caratteristiche, il nesso di causalità e le teorie relative alle relazioni tra soddisfazione e benessere fisico e mentale è oggi di estrema attualità. Attraverso un'accurata analisi dei dati raccolti in un'indagine condotta in ambito europeo, il volume contribuisce in modo rigoroso all'individuazione del rapporto tra salute e felicità. Un Indice statistico delle relazioni fra salute, felicità e alcuni fattori fondamentali del ben vivere sociale, quali l'istruzione, il volontariato, la percezione della propria condizione, fa emergere importanti implicazioni e direzioni di policy per lo sviluppo sociale ed economico.
Il manuale spiega il funzionamento dell'Unione monetaria europea nel contesto dei profondi cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni a livello economico e politico. Fra i temi chiave affrontati, il ruolo della BCE come prestatore di ultima istanza nel mercato dei titoli di stato, l'ipotesi di Grexit, la posizione del Regno Unito. In questa edizione aggiornata una attenta disamina è dedicata alle recenti modifiche istituzionali. Particolare importanza riveste la decisione di creare un'unione bancaria nell'Eurozona: se ne analizzano gli ingredienti, valutandone l'efficacia nel caso di nuove crisi bancarie e illustrandone la rilevanza per il futuro dell'Eurozona.
«La vita dell’uomo è dominata dalla parola o dal denaro». Se l’aforisma di Menandro ha resistito all’urto di più di venti secoli di storia e la commedia umana dell’oggi si specchia ancora in quella scheggia di pensiero, i banchieri centrali sono gli uomini e le donne più potenti del mondo.
Con il celebre «whatever it takes» Mario Draghi entra nella storia e quella frase, emblematica del misterioso legame che esiste fra moneta, fiducia e parola, vale un «alea jacta est». Dalle parole dei banchieri centrali derivano i comportamenti del mercato e molto di ciò che l’economia riverbera nella nostra vita di tutti i giorni. Se per anni hanno privilegiato una comunicazione oracolare, volutamente oscura e misticheggiante, oggi, al contrario, i governatori si confrontano con la nuova strategia della trasparenza e con le conferenze stampa. E le loro parole sono atti. Ma la lingua della sovranità monetaria si contamina con la lingua della sovranità politica e per i banchieri centrali si verifica il paradosso che, mentre sono creduti onnipotenti, diventano capro espiatorio se l’economia e le aspettative non vanno nella direzione del miglioramento, per cause, peraltro, non imputabili a ciò che compete loro.
Si può progettare una macchina ad alta velocità riducendo la capacità di frenare, oltre che potenziando il motore? Qualcosa del genere accadde nel passaggio al capitalismo finanziario, e specie tra gli anni ottanta e novanta, fino a produrre una modificazione genetica dell'economia, della politica, della società e del diritto. Il nuovo modello, nato sotto l'egida di una grande spinta libertaria e liberatrice, e con il formidabile aiuto di una tecnologia in rapido sviluppo, sembrava favorire non solo gli appetiti finanziari, ma anche una grande effervescenza individuale e collettiva. "Meno stato", "privatizzazioni", "concorrenza", "efficienza", "smaterializzazione", "empowerment", "trasparenza", "meritocrazia" diventarono le stelle polari di un nuovo cammino e la trama di una narrazione nella quale siamo stati tutti immersi. Quel mondo più grande e più ricco di opportunità che avevamo intravisto è diventato invece un mondo opaco e incerto, sia nelle biografie individuali che collettive, senza visione, schiacciato sul presente, che produce e vende rischio, arricchisce i più ricchi ed è insofferente a controlli e regole. Come siamo giunti a questo, attraverso quali snodi e quali idee, è il racconto di questo libro.
Proprio come l'Idra, il mostro mitologico le cui teste, mozzate da Ercole, avevano il potere di rinascere raddoppiandosi, il capitalismo, un tempo solo occidentale oggi planetario, ricompare sulla scena del mondo riproponendo nuove e più sofisticate forme di schiavitù. Ma se è vero che dai grandi conflitti del '900 il capitalismo è uscito vincitore trionfando su ogni rivoluzione, è altrettanto vero che «l'uguaglianza è una necessità che si ripresenta continuamente, come la fame». Nella trama della storia qual è il posto di questo anelito, proprio delle religioni di salvezza e del comunismo moderno?
L'economia della pace, che vanta padri illustri quali John Maynard Keynes, Kenneth Arrow e Lawrence Klein, studia le cause e le conseguenze economiche delle guerre e di altre forme di violenza, e analizza la crescita e lo sviluppo di istituzioni volte alla risoluzione di scenari di conflittualità distruttiva. La disciplina ha dimensioni macro e micro. Esiste, infatti, una conflittualità di livello «macro» che coinvolge gli Stati, la loro politica estera e le loro politiche economiche, e una conflittualità «micro» in seno alle società nei rapporti tra Stato, gruppi sociali, formazioni intermedie e cittadini.
L'Europa, diversamente dagli Stati Uniti, non si è ancora del tutto ripresa dalle intemperie della crisi soprattutto per l'incompletezza del suo disegno istituzionale; al suo interno l'Italia è l'anello debole (Grecia a parte) che può costituire un rischio sistemico per l'intera area. Il senso di frustrazione per lo status quo alimenta la tentazione di andarsene, nell'illusione di poter scaricare sull'Europa le colpe di un male tutto italiano. In realtà il destino dell'Italia e quello dell'Europa sono strettamente collegati: solo agendo con una coraggiosa azione riformatrice l'Italia può ritrovare un suo ruolo da protagonista e insieme contribuire al completamento del progetto europeo.

