
Il libro si apre con un'analisi della storia economica italiana dal dopoguerra a oggi, e mostra come si sia verificata una crescita formidabile dell'imprenditorialità privata, accompagnata però, a partire dagli anni Settanta, dal tracollo dell'economia pubblica. Questo sguardo storico permette di misurare i limiti della nostra cultura economica e di indicare nei principi fondanti dell'Unione europea le linee-guida delle riforme necessarie. Dopo aver ripercorso il processo di integrazione comunitaria, l'autore rivela come in Germania, Francia e Inghilterra la crescita dell'economia si sia innestata su modelli statali differenti tra loro, ma sostanzialmente basati su un rapporto più equilibrato fra centro e periferia.
Il volume prende le mosse dalla considerazione che, nelle mutate condizioni dei mercati mondiali, la partecipazione dei lavoratori al processo produttivo è la condizione più importante perché l'impresa riesca ad essere competitiva. Si tratta di condividere i fini dell'impresa, di trarre gratificazione dai buoni risultati del proprio lavoro, senza naturalmente eliminare le asimmetrie di potere nell'organizzazione. Gli autori partono dalle esperienze maturate in altri paesi europei per formulare la proposta di un Istituto per il lavoro con il compito di studiare le condizioni di partecipazione, di sperimentare le istituzioni e le regole che la favoriscono, e di sostenere e diffonderne i valori, in linea con le più avanzate ipotesi strategiche.

