È stato calcolato che fra Cinque e Ottocento quasi la metà delle figlie della nobiltà fiorentina, e i tre quarti di quella milanese, finirono in convento. Per una famiglia, sposare le figlie femmine era molto più costoso che mandarle in convento. Se la storia della monaca di Monza ci ha consegnato un'immagine nera della monacazione, è anche vero però che nel convento le donne trovavano l'unica alternativa lecita al matrimonio, e una vita non di rado migliore di quella che avrebbero trovato nel mondo. Valutando con equilibrio pro e contro, questo libro racconta con chiarezza, attraverso la voce stessa delle monache, com'era vivere in convento nei secoli di massima espansione di questa fondamentale istituzione dell'Europa cattolica. Luogo protetto, repubblica femminile, occasione di educazione e di fioritura artistica e letteraria, il convento ha potuto essere contemporaneamente una prigione e un'esperienza di emancipazione e libertà
Nell'arco secolare tra la metà del Quattrocento e la metà del Cinquecento, con una velocità di acquisizioni, proposte, scelte che non ha eguali, l'arte a Venezia si emancipa dall'ultima eredità bizantina, propone prima una lezione tutta "italiana" con Giovanni Bellini, poi si impone come pienamente "europea" con Tiziano Vecellio. "Nuova Bisanzio" e poi "Nuova Roma" Venezia assimila le versioni dei fiamminghi e dei nordici e restituisce una lezione coloristica con cui l'intera arte occidentale dovrà fare i conti. Questo libro percorre quel secolo densissimo nel dialogo fra la pittura e l'architettura, la scultura e le arti proprie di Venezia: i colori dei mosaici e dei marmi, dei tessuti e dei vetri, nel variare continuo di una città che affronta pericoli mortali e una civiltà orgogliosa della propria distinzione. L'umanesimo civile del patriziato, la committenza ecclesiastica e dogale, le Scuole maggiori e minori danno vita a dialoghi intensi e ricchissimi, di cui ogni pittore seppe dare personale, e insieme collettiva, traduzione in immagini. Che restano, nella loro autonomia, una componente essenziale ma anche "altra" del Rinascimento.
Il genio di Mantegna, uno dei grandi maestri del Rinascimento italiano è stato celebrato attraverso tre mostre aperte in contemporanea, il 16 settembre 2006, a Padova, Verona e Mantova. A Verona il nucleo della mostra è stato rappresentato dalle due grandi opere realizzate da Andrea Mantegna per la città: il Trittico di San Zeno del 1456-1459, voluto dall'abate Gregorio Correr, e la Madonna in gloria fra santi e angeli per gli olivetani di Santa Maria in Organo, del 1497, ora al Castello Sforzesco di Milano, e sul forte impatto che esse hanno esercitato sulla cultura figurativa locale dando l'avvio ad uno dei periodi più alti della storia artistica veronese, come sottolineò per primo, fin dalla metà del Cinquecento, Giorgio Vasari e poi grandi studiosi dell'età moderna come Bernard Berenson, Rudolph Wittkower. Il catalogo presenta il multiforme panorama culturale veronese, dal quale emergono personalità di grande interesse, ancora poco studiate ma tutt'altro che minori: Francesco Benaglio (circa 1432 - 1492), Francesco Bonsignori (circa 1460 - 1519), Liberale da Verona (1445 - 1526/29), Francesco Dai Libri (circa 1474 - 1555), Girolamo Dai Libri (circa 1452 - prima del 1514), Domenico Morone (circa 1442 - dopo il 1518).
Superando le definizioni tradizionali di Controriforma e Riforma cattolica, Bireley guarda il cattolicesimo degli anni 1450-1700 da un'angolatura originale o almeno non convenzionale. Si tratta di un cattolicesimo modellato dai profondi cambiamenti della prima età moderna e desideroso di rispondere creativamente alle sfide della modernità: il Rinascimento, lo sviluppo economico e i disordini sociali, la Riforma cattolica, la formazione degli Stati, il colonialismo europeo. Con approcci diversi - politico, sociale, religioso e culturale - l'autore dedica particolare attenzione ai metodi di evangelizzazione nel vecchio e nel nuovo mondo, all'educazione, all'attività degli ordini religiosi e allo sforzo di creare una nuova spiritualità per i cristiani sparsi nel mondo.
Secondo una consolidata tradizione storiografica proprio dal 12 ottobre 1492, con la scoperta di Cristoforo Colombo, ebbe inizio l'età moderna. Ma seguendo altre linee interpretative la storia moderna incominciò nel 1453 con la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi e la fine della guerra dei Cent'anni tra Francia e Inghilterra; oppure il vero evento che segnò l'arrivo dei tempi moderni furono gli scritti del monaco agostiniano Martin Lutero che a partire dal 1517 spezzò l'unità dell'Europa cristiana. Di questi e di altri nodi essenziali dell'età moderna dà conto questo "Manuale di storia moderna", che segue gli eventi storici susseguitisi tra la metà del Quattrocento e la metà del Seicento.
Attraverso l'esame di inedita documentazione si delinea la storia della riforma della provincia domenicana di Spagna, che si sviluppò anche nelle province di Aragona e Portogallo.