Tante piccole storie legate da un cammino che ruota intorno all'amore per entrare in un mondo di fiaba che ha il potere di sconfiggere il male, di compiere miracoli quando trova cuori audaci e generosi che sanno ascoltare.
Don Bernardo è stato un missionario nel senso più ampio del termine. Lo è stato con la sua parola, con la sua attività apostolica, con i suoi scritti, ma soprattutto con la sua testimonianza di vita. Un missionario che ha voluto percorrere le orme del grande Paolo di Tarso, del quale nutriva profonda ammirazione. Per molte persone è stato un'àncora, un punto di riferimento, sempre con il sorriso sulle labbra. Don Bernardo è riuscito a comprendere i messaggi della Provvidenza, a leggere negli eventi, piacevoli o meno, la volontà di Dio. In questo senso, ha saputo accogliere l'invito alla missionarietà rivolto verso la Russia, a quell'immenso Paese crogiolo di razze e di religioni che all'epoca (1989) si apriva lentamente alla libertà e alla trasparenza dopo decenni di comunismo. Erano gli anni di Michail Gorbaciov, della perestroika, della glasnost, della caduta del muro di Berlino e tutto questo non è passato inosservato agli occhi di don Bernardo, che si è reso immediatamente disponibile per la missione in Russia, dove ha svolto la sua preziosa opera pastorale dal 1990 al 2002 sotto la guida della gerarchia cattolica ricostituita da papa Giovanni Paolo II.
Il volume dà la parola alle domande di Giobbe: domande urlate che tirano fuori tutto il dolore dell'uomo e tutto il dolore del mondo. Domande di allora e di sempre, che tornano ad interpellare la coscienza delle donne e degli uomini di oggi.
esistono ancora gli eremiti? Chi sono? dove vivono? Perché scelgono un’esistenza austera ai margini estremi della società? In Italia e in Occidente il fenomeno di chi lascia tutto e si ritira in luoghi appartati è in forte crescita anche fra i giovani.
Un giornalista si è messo sulle tracce degli ultimi solitari: li ha incontrati – in Italia, in Francia, in Svizzera, in Medio Oriente, in Asia – dentro una grotta, nascosti in baracche fatiscenti, in eremi sperduti nella natura o semplicemente al riparo dai frastuoni della “civiltà del rumore”. e dopo averli scovati li ha invitati, e talvolta forzati con insistenza, a “raccontarsi”.
Le parole e le storie di questi personaggi – alcuni noti e altri sconosciuti, alcuni credenti e altri in ricerca – svelano preziose verità per chi vive immerso nel caos della vita quotidiana: la necessità di staccare ogni tanto da un vorticoso attivismo per ritrovare il senso del nostro agire; il valore della meditazione come disciplina di spiritualità laica; il bisogno di spazi per la “coltivazione di sé”, il riposo e la rigenerazione mentale; la necessità di un sano distacco dal potere, dai beni e dalle comodità per risvegliare coscienze intorpidite incapaci di produrre il bene, di cercare la giustizia, di generare bellezza.
Francesco Antonioli
È giornalista de “Il Sole 24 Ore”. Si occupa di economia del territorio, ma da tempo esplora i temi legati alla fede, al dialogo tra credenti e laici, al confronto tra le religioni.
Per Piemme ha curato La Bibbia dei non credenti (2002), C’è posta per Dio (2005), L’oppio dei popoli (2009), e ha scritto il racconto La cena dei potenti. Quando Jahvè, Dio e Allah si incontrarono (2006).
La dimensione estetica è essenziale nella vita umana. A detta di Dostoevskij (I demoni), la bellezza è «il vero frutto dell’umanità intera e, forse, il frutto più alto che mai possa essere». «Quale bellezza salverà il mondo?», si chiede allora lo scrittore russo nell’Idiota. Attraversando la storia dell’estetica dalla sua concezione antica, «interrogando – come scrive Stefano Zecchi in Prefazione – la tradizione e testimoniandola nella nostra contemporaneità con potente vigore, questo libro coraggioso» giunge alle conclusioni che furono di Charles Moeller in Saggezza greca e paradosso cristiano: la bellezza dell’arte su questa Terra è superata dalla bellezza dei santi, quindi dell’uomo, che di Dio è immagine. «La gloria di Dio è l’uomo vivente», aveva affermato prima di lui icasticamente sant’Ireneo. Il percorso del volume investe i campi artistici letterario (Iacopone, Dante, Petrarca, Tasso, Shakespeare, Manzoni, Dostoevskji, Zola, Peguy, Wilde, Ungaretti...), figurativo (Michelangelo, Raffaello e tanti altri fino a oggi) e quello filosofico (Platone, Aristotele, san Tommaso, Kant, Croce...) sorpresi sotto la luce portata dal fatto cristiano. «Presi per mano dall’autore – commenta sr. Maria Gloria Riva in Postfazione – apriamo gli occhi su quel brutto a cui ci siamo abituati e che sta diventando categoria di giudizio e veniamo pian piano istradati dentro quella via pulchritudinis che davvero rappresenta l’urgenza educativa del nostro tempo».
La forma della felicità, il nuovo libro di don Fabrizio Centofanti e Sabrina Trane, non può non sorprendere il lettore. Partendo da un'idea diffusa di felicità psicologica, e descrivendola con competenza, allarga sempre più l'orizzonte, fino a sovrapporre al livello semplicemente umano quello che si può evincere dalla lettura del Vangelo e della tradizione cristiana più attendibile: dal progetto dell'uomo, potremmo dire, al progetto di Dio. Ne risulta una visione totalmente nuova dell'obiettivo più comune e condiviso da ogni essere umano. Il breve saggio si legge quasi come un romanzo: a un certo punto, il ritmo si fa incalzante, sembra di essere arrivati al gran finale, ma - e questo è il vero assunto del libro - c'è sempre un oltre. Perché per essere felici bisogna «passare all'altra riva», come Gesù dice, così frequentemente, nel Vangelo. Dalla Prefazione di don Fernando Altieri La felicità è un obiettivo comune a tutti gli esseri umani. In questo libro, scopriremo se e come sia possibile vincere questa scommessa, in un tempo in cui tecnologia, informatica e digitalizzazione globale ci spingono a ripensare dalle fondamenta un tema ineludibile per ogni persona consapevole di sé.
Lasciarsi muovere verso l'abbraccio è la condizione necessaria per sentire l'amore. Dio è amore. Egli abbraccia continuamente l'umanità attraverso l'amore di Gesù, il Figlio amato, che ama con tutto se stesso, donandoci il suo corpo, mostrando all'umanità intera la potenza dell'Amore vero, appassionato, totale, ferito. Questo libro si sviluppa a partire dalla contemplazione del corpo di Gesù, ci porta a sentire una sempre più forte comunione con Lui, a costruire la comunione e la pace tra noi, a essere segno della sua tenerezza e della sua bellezza nel mondo. È dalla relazione umana tra noi e il corpo di Cristo che ci possiamo aprire alla comunione d'amore con l'Unico Dio.
«Era la prima volta che un quotidiano d’informazione come il nostro, con una tradizione laica e post risorgimentale per di più, affidava una rubrica domenicale a un prete. [...] Un prete, pensavo, se capisce bene cosa sto cercando, forse riuscirà meglio a parlarci dell’altra faccia della nostra società, della nostra quotidiana fatica del vivere» (dalla Prefazione). Con il titolo Cose di questo mondo prende quindi avvio nell’autunno 1999, in vista del Grande Giubileo, la rubrica che don Giovanni Nicolini firma ogni domenica su Il Resto del Carlino, quotidiano di Bologna. Gli argomenti non li suggerisce lui, ma li pongono le lettere inviate dai lettori e a tutti egli riesce a offrire una risposta, un conforto. Sono i temi della vita, gli interrogativi dell’umanità varia che ogni mattina apre il giornale: le famiglie e i bambini, il papà che non crede, il suicidio, i disabili e i carcerati, il Giubileo e la Terrra Santa, la pace e la guerra. E don Giovanni risponde gettandovi sopra un pensiero di fede e un rapporto di umanità. Gli stessi riferimenti – fede e umanità – che danno senso alle sue opere e ai suoi giorni di direttore della Caritas di Bologna. «Da ogni suo scritto, lo vedrete voi stessi, sprizzano scintille. C’è sempre un cenno, una traccia da seguire, perché il Bene arriva anche per il dormiglione del presepe, per colui che al Mistero non è interessato».
Sommario. Prefazione (M. Gagliardi, redattore capo Il Resto del Carlino - QN). Cose di questo mondo.
Note sull'autore
Giovanni Nicolini (Mantova, 1940) dopo gli studi classici si è laureato in filosofia all’Università Cattolica nel 1963 e ha in seguito studiato teologia alla Pontificia Università Gregoriana fino al 1967, anno in cui è stato ordinato diacono per la Chiesa di Bologna. L’allora provicario generale don G. Dossetti gli chiese la disponibilità a esercitare il ministero diaconale, al fine di presentare questo ministero alla Chiesa dopo che il concilio Vaticano II aveva restaurato il diaconato permanente. Ordinato presbitero nel settembre del 1972, fu poi assegnato a una parrocchia di San Giovanni in Persiceto (BO) in qualità di cappellano e dal 1977 ha assunto le parrocchie delle frazioni di Sammartini, Ronchi e Caselle. Incaricato dal card. Biffi di tenere un coordinamento informale tra l’Azione Cattolica, l’Agesci e Comunione e Liberazione nella diocesi di Bologna, nel 1992 è stato nominato assistente diocesano dell’Azione Cattolica fino a quando, nel 1998, è diventato vicario episcopale per la carità. Lo stesso card. Biffi gli chiese di iniziare la rubrica domenicale proposta da Il Resto del Carlino. Dal 1999 è parroco a Bologna. Intorno al suo ministero è nata una comunità di fratelli, sorelle e sposi legata spiritualmente e affettivamente alla comunità di Monteveglio. Come vicario per la carità è anche direttore della Caritas diocesana.