Questa ricerca non ha l'intento di tracciare una storia comparata dell'evangelismo e della massoneria italiana. L'obiettivo è descrivere le reciproche influenze createsi, ponendo particolare attenzione sulle relazioni umane che si intrecciarono, attraverso una ricostruzione prosopografica capace di restituire il percorso religioso e iniziatico di personaggi appartenenti a entrambi gli ambienti. Nell'Italia liberale nacque quello che l'autore definisce «evangelmassonismo», che si basava su una comune avversione al potere della Chiesa cattolica e al suo perdurante influsso nella società civile. Non fu tuttavia un'alleanza con finalità esclusivamente difensive tra minoranze nei confronti di un avversario soverchiante, ma di rapporti cementati da ideali comuni, terreni di incontro e battaglie condivise, portate avanti non attraverso accordi di vertice ma tramite l'impegno di singoli individui. Marco Novarino traccia una storia poco conosciuta, supportata da una rigorosa ricerca archivistica che da una parte evidenzia la presenza di «operai» evangelici in un numero decisamente superiore rispetto a quanto emerso dalla passata storiografia, e dall'altra sfata la "leggenda" della doppia appartenenza di noti esponenti delle denominazioni protestanti operanti in Italia.
Da diversi anni l'opera di Alexis de Tocqueville è oggetto di grande attenzione da parte di politologi e storici, infatti due sue opere "La democrazia in America" e "L'Ancien Régime e la Rivoluzione". offrono un punto di riferimento essenziale al dibattito sulle società democratiche, sulla crisi dello Stato, sul totalitarismo. Meno conosciuta la sua concreta esperienza di politico e di studioso sul campo delle società a lui contemporanee. Questo libro di André Jardin, direttore scientifico della commissione incaricata dell'edizione critica dell'Opera omnia, colma la mancanza ed è fondato su dati di prima mano: archivi familiari, massa epistolare quasi del tutto inedita, memoriali.
A Solferino, nel corso della guerra che nel 1859 vide a confronto Francia e Austria, si combatté la più grande battaglia europea dal 1813, quando Bonaparte fu sconfitto sui campi di Lipsia. Tre sovrani - Napoleone III di Francia, Francesco Giuseppe, Kaiser dell'Austria, e Vittorio Emanuele II, re di Sardegna e futuro re d'Italia - assistettero allo scontro dei loro eserciti che a fine giornata contarono, tra morti e feriti, 26.000 vittime. Il libro non si limita a Solferino, momento supremo della Seconda guerra d'indipendenza, ma tratta anche i preliminari della battaglia e le azioni di Montebello, Palestro e Magenta che portarono all'unificazione dell'Italia. Ricorda anche la fondazione della Croce rossa internazionale.
Questo libro si propone di affrontare in modo nuovo la questione del crimine organizzato italiano nella seconda metà del XIX secolo, utilizzando la categoria di "classi pericolose". Questa impostazione è diversa dalla prospettiva, comunemente adottata, che punta viceversa a studiare il crimine organizzato ottocentesco ex post, per cosi dire, "dall'oggi", e cioè a partire dalle forme e dalle strutture che la criminalità organizzata si è data durante il secondo dopoguerra. Vi è al fondo di questa prospettiva un residuo di un pregiudizio di stampo romantico, l'idea per cui vi siano dei soggetti separati, "i criminali", intesi come un popolo a parte, portatore di inequivocabili stigmate comportamentali e attitudinali che li rendono sempre uguali a sé stessi malgrado il tempo trascorso. L'adozione del modello delle "classi pericolose" consente invece di muoversi in direzione opposta, basandosi sulla concezione del crimine condivisa nell'Ottocento. Tutto ciò ha conseguenze importanti. Piuttosto che considerare, ad esempio, l'analisi della mafia delle origini come una sorta di premessa utile a sceverare le radici lunghe di pratiche criminali che daranno poi luogo nel XX secolo a "Cosa nostra", esso invita invece a immergersi nella confusione dei discorsi e delle pratiche di quell'epoca.