A partire da una prospettiva che viene dall'Oriente, il volume si prefigge di disinnescare il pericolo che l'affermazione dell'identità - etnica, culturale, religiosa - di un gruppo diventi motivo di conflitto in una società pluralista. Descrive, in modo semplice e ricco di esemplificazioni, come la dottrina politica e sociale dell'Occidente sia giunta a coniugare la diversità con la democrazia, come all'interno delle singole religioni si diano delle concezioni diversificate sul tema (l'integralismo, le concezioni moniste e quelle plurali, l'accettazione di differenze…), come alcune religioni nella storia abbiano prodotto dei modelli politici e sociali che manifestano difficoltà ad accettare la differenza e come in quasi tutte le religioni siano ravvisabili tratti su cui è possibile fare forza per creare armonia vivendo in un mondo pluralista.
Sommario
Presentazione. Michael Amaladoss: la teologia nel pluralismo delle culture (F. Strazzari). Prefazione: Creare armonia in un mondo pluralista. 1. Religioni in conflitto. 2. Una democrazia sociale pluralista. 3. Multiculturalismo. 4. Può la verità essere plurale? 5. Un solo Dio e molte religioni. 6. Vivere insieme.
Note sull' autore
Michael Amaladoss, nato a Tamil Nadu (India), è sacerdote della Compagnia di Gesù, nella quale è stato consigliere generale. Attualmente è direttore dell'Istituto di dialogo con le culture e le religioni a Chennai (India). Ha scritto 22 libri e circa 350 articoli; tra i volumi ricordiamo Making Harmony: Living in a Pluralist World; The Dancing Cosmos: A Way to Harmony; Peace on Earth e We Believe. Presso le EDB ha pubblicato Il volto asiatico di Gesù (2007).
Le grandi masse e anche molta parte della classe dirigente delle società odierne continuano ad avvalersi di una spiegazione della realtà che si richiama al sistema simbolico forgiato dal cristianesimo in età antica e medievale. Nel suo sorgere, la modernità si è trovata in Europa di fronte a società in cui l'organizzazione urbanistica ruotava attorno ai simboli religiosi. Nella struttura cittadina, la centralità fisica della cattedrale e la disposizione spaziale delle chiese principali e degli edifici del potere esprimevano un'organizzazione gerarchica in cui il cristianesimo sanciva simbolicamente ogni aspetto. Il tempo era scandito da una complessa organizzazione cultuale e la stessa rappresentazione del cosmo aveva una struttura fisico-sacrale che abbracciava l'intero universo. Pur contrassegnando una svolta radicale rispetto a questa antica eredità, il mondo moderno ha dovuto creare un'incessante dialettica tra antico e nuovo nel continuo confronto con un tenace sistema simbolico religioso che non è riuscita a sostituire. In questo modo, il cristianesimo ha assorbito la modernità e ne è stato contemporaneamente assorbito.
Il volume ripercorre, in ottica storico-teologica ed ermeneutica, il dibattito sulla «crisi del sacro» in età contemporanea in rapporto al processo di evangelizzazione. Il lavoro di ricerca si propone di verificare l'ipotesi che tra liturgia, crisi del sacro e secolarizzazione esista realmente un rapporto sul piano dei fatti storici, oltre che sul piano dialettico e teologico-pastorale. Il sondaggio non si sofferma solo sull'analisi dei provvedimenti di riforma della Chiesa cattolica in epoca postconciliare, ma scandaglia in modo analitico le fonti a disposizione, soprattutto quelle a stampa e, in particolare, le riviste, autentici cantieri di informazioni capaci di restituire la freschezza del dibattito. Presentazione di Andrea Milano.
Il documento, approvato dai vescovi austriaci nel corso della loro assemblea generale dal 19 al 22 marzo 2012 a Tainach, è pensato come un "direttorio per la catechesi" su come condurre un'evangelizzazione "nuova" nell'Austria di oggi (un paese dalla profonda tradizione cattolica, ma con segnali di progressiva secolarizzazione, un trauma da perdita di credibilità dell'istituzione ecclesiale dopo i casi di violenza perpetrati da personale ecclesiastico su minori, istanze di riforma interna portate avanti anche in forme quasi "insurrezionali" come l'Appello alla disobbedienza dei parroci). Si concentra su un annuncio della fede di tipo esperienziale e vuole accompagnare l'Anno della fede proclamato da Benedetto XVI a partire dall'11 ottobre 2012, mese nel quale si è celebrato anche il Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Nella conclusione un'eco delle recenti vicende ecclesiali: "Vogliamo apprezzarci, rafforzarci e incoraggiarci a vicenda. (...) I conflitti, che non potremo mai superare del tutto, non ci devono scoraggiare. I problemi di comunicazione e collaborazione non ci devono dividere".
Il mondo islamico ha nei confronti del denaro un approccio etico che si regge su alcuni principi: una parte dei guadagni va devoluta in carità, non sono previsti interessi sui prestiti e gli investimenti devono essere socialmente responsabili e lontani dal rischio e dalla speculazione. Teorizzata negli anni Cinquanta, quando molti Paesi a maggioranza musulmana hanno raggiunto l'indipendenza politica dalle potenze coloniali, la finanza islamica è stata messa per la prima volta in pratica negli anni Sessanta in Egitto, Algeria, Malaysia e Dubai. Due decenni dopo, la sua crescente diffusione - che oggi registra tassi di crescita annua a doppia cifra - ha portato anche in Europa all'offerta di prodotti conformi alla sharìha. Ma in che modo la finanza islamica si inserisce nel sistema capitalistico? E in quali forme questo fenomeno incide sull'integrazione delle comunità islamiche nelle società occidentali travolte dalla speculazione finanziaria?
«Questo libretto cerca di accostare l’identità di Gesù – e quindi quella dei suoi discepoli – a partire dal gesto feriale e ovvio del suo abitare, considerando il luogo in cui egli si è sentito a casa. Il testo tenta di evidenziare come lo sguardo del Signore restituisca il carattere originariamente “domestico” a tutte le cose e le persone del mondo» (dall’Introduzione). Fin dalle prime pagine, le Sacre Scritture, mostrano la volontà di Dio che il mondo intero diventi una casa ove abitare confidenti, liberi dalla paura. Sullo sfondo dello stile abitativo di Gesù e della sua visione del mondo come “casa”, l’autore prende in considerazione la singolare consapevolezza del Maestro di essere – attraverso la Pasqua – la pietra angolare che conferisce saldezza e definiva abitabilità a tutta intera la creazione. Di conseguenza anche la fede del discepolo avrà a che vedere con lo stare al mondo, dimorandovi e contribuendo alla sua costruzione secondo lo stile del Signore.
L’aggettivo «postsecolare» circoscrive un panorama storico e culturale che negli ultimi anni sembra aver sconfessato le diverse teorie della secolarizzazione. Il ritorno del religioso si profila e si configura sotto forme molteplici e richiede di essere analizzato da diverse discipline come la filosofia, la sociologia, la teologia e le scienze politico-giuridiche.
Il dibattito Habermas-Ratzinger sugli esiti della secolarizzazione, le analisi sociologiche di José Casanova sulle trasformazioni pubbliche delle religioni mondiali, le indagini di Hans Joas sul ruolo della contingenza nella postmodernità rappresentano solo alcuni degli snodi teorici di un dibattito sempre più animato e fiorente a livello internazionale.
Parlare di «rivincita di Dio» o di «reincantamento del mondo» significa, oggi più che mai, possedere bussole interpretative e validi contributi teorici per orientarsi nel cosmo del pluralismo delle fedi o per analizzare le derive dell’integralismo e del fondamentalismo religioso su scala nazionale e internazionale.
Questo volume si propone di fornire un quadro critico-ricostruttivo delle teorie e dei dibattiti che hanno elevato la categoria di postsecolare a chiave interpretativa imprescindibile per la comprensione dei mutamenti del religioso e delle religioni all’interno del complesso panorama sociale e politico globale.
Lutero non è moderno, ma neppure medievale. Apre un modo nuovo di percepire e vivere l'esperienza religiosa come esperienza di verità che coinvolge direttamente, senza intermediari - e, per questa ragione, drammaticamente - la persona del credente.Lutero, soprattutto, comprende il paradosso dell'epoca moderna: la fede è un vincolo - una servitù, un inchinarsi - e pur tuttavia, anche nel senso della laica progettualità positiva, è la radice della libertà intesa come processo dinamico. La stessa posizione dell'uomo è bivalente, poiché egli è libero e nello stesso tempo servo, non può esistere senza libertà, ma modi e forme di liberazione possono approdare alla più totale schiavitù: alla colonizzazione interiore e alla proletarizzazione dell'anima.
Il primo Forum dei giovani ricercatori (Roma, 28-29.10.2005) ha fornito l’occasione per ripensare con un taglio diverso i temi del Forum del progetto culturale della CEI e per sperimentare un metodo di lavoro parzialmente nuovo. L’appuntamento è infatti stato preparato da tre incontri, coinvolgendo circa 120 “giovani” ricercatori, ossia soggetti tra i trenta e i quarant’anni inseriti nel mondo della ricerca, che si trovano – dati gli standard del nostro paese – ancora nella prima fase della propria vicenda professionale.
La cura nel cammino di preparazione e lo sguardo rivolto a questa fascia di età rappresenta una novità significativa, così come l’elaborazione dei contenuti, che esprimono la capacità di questa generazione di dare un contributo serio alla discussione del Paese.
Il volume è diviso in due parti. Nella prima sono raccolti i materiali della fase preparatoria, mentre la seconda, inaugurata dalla prolusione di mons. G. Betori, raccoglie contributi disparati, com’è nella natura di un appuntamento che prova a far emergere le sensibilità e le capacità di un gruppo rappresentativo.
Sommario
Premessa. I. Materiali preparatori. Il progetto culturale e la Chiesa in Italia. Alcune riflessioni sui temi di ricerca (mons. G. Betori). Polisemia dialettica della libertà (S. D’Agostino). Sull’identità (F. Bonini). Verità tra scienze e altri saperi (R. Presilla). II. Contributi. Il mondo e noi: ripensare il Vaticano II a partire dalla Dei Verbum e dalla Gaudium et spes (mons. G. Betori). Parlare la lingua della cultura oggi (P. Acquavita). Autonomia della cultura e delle scienze in prospettiva cristiana. Spunti per una riflessione filosofica (A. Aguti). Il mondo (multiculturale) e noi: l’orizzonte transculturale (M.L. Bellati). Alcune riflessioni in tema di giustizia ed economia (C. Bellavite Pellegrini). Le risorse della storia (M. Bocci). La domanda sulla libertà e l’avviarsi al filosofare (V. Cesarone). A quarant’anni dal concilio: qualche riflessione su storiografia e istituzioni (N. D’Acunto). Crisi ambientale e salvaguardia del creato: dai valori etici alla «conversione ecologica» (P. De Toro). L’orizzonte comune di senso cercato dal concilio (G. Del Zanna). La ragionevole necessità di una sintesi (L. Fossati). «Ricondurre i valori alla loro divina sorgente»: l’invito della Gaudium et spes ieri e oggi (N. Genghini). Chiesa e società in Italia negli ultimi sessant’anni: alcuni spunti di riflessione (P. Gheda). Libertà e relazione a partire da Gaudium et spes (P. Gomarasca). È ancora tempo di sintesi? L’integrazione tra i saperi come orizzonte permanente del pensare cristiano (G Grandi). Una cultura critica per un’identità ritorvata: il cattolicesimo italiano e le sfide del XXI secolo. Il ruolo mancato della cultura economica (G. Gregorini). La chiamata del concilio (A. Lobello). Il carattere eccedente del concetto di «storia della salvezza» nel legame tra i saperi (G. Pasquale). La psicoterapia nell’epoca contemporanea (N. Terminio). Dalla frammentazione a una visione sapienziale della realtà: l’attualità della Gaudium et spes per l’epistemologia teologica (L. Zak). Speranza e legami. A margine della Gaudium et spes (S. Zanardo). Dalla «libertà da» alla «libertà con» nella teoria economica contemporanea: le potenzialità della prospettiva relazionale (L. Zarri). Il concilio e la cultura: un passaggio dimenticato? (G. Ziviani).
Note sull'autore
Il Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI ha pubblicato presso le EDB i seguenti atti di Forum del Progetto culturale: L’Europa sfida e problema per i cattolici (II Forum, 2000), Libertà della fede e mutamenti culturali (III Forum, 2001), Il futuro dell’uomo. Fede cristiana e antropologia (IV Forum, 2002), Di generazione in generazione. La difficile costruzione del futuro (V Forum, 2004), A quarant’anni dal Concilio (VI Forum, 2005), Cattolicesimo italiano e futuro del Paese (VI Forum, 2006); inoltre i volumi: Il prete e la sua immagine (2005); Ripensare la parrocchia (22005) e, insieme all’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, Parabole mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione, 2003.
Omero, Aristotele, Eliano e molti altri autori dimostrano che nel mondo antico era diffusa la credenza nella fecondazione degli animali attraverso il vento. Può sembrare eccessivo stabilire una relazione fra questa forma di concepimento in grado di transitare per bocca, naso, pelle bagnata o apparato digerente e la gravidanza di Maria per opera dello Spirito Santo, ma molti padri della Chiesa non la pensavano così e non hanno esitato a fare questo collegamento. Essi, infatti, ritenevano che l'antica credenza nella fecondazione attraverso il vento conferisse credibilità alla gravidanza di Maria per opera dello Spirito santo o del «vento santo» e la usarono per difendere la nascita verginale di Gesù. L'antica concezione forniva infatti un contesto plausibile e accettabile a un auditorio greco-romano già orientato a credere alla capacità fecondante del vento.
Non ci sarebbe bisogno di leggi, di regole, di comandamenti, se non ci fossero uomini e donne disposti all'imbroglio, alla menzogna, al furto, al falso giuramento e all'omicidio. Eppure - sostiene Ágnes Heller - fino a quando la capacità di distinguere il bene dal male prevale sugli altri princìpi, resta valido un punto centrale di riferimento morale. «Certamente ogni persona retta lo è in modo diverso, ciascuno a suo modo, ma l'uomo e la donna retta rimangono sempre colui o colei che preferirebbe, se fosse posto di fronte a una scelta, soffrire un'ingiustizia piuttosto che commetterla, subire un torto piuttosto che farlo di proposito a un altro». Tuttavia, la rettitudine non è immediatamente identificabile con la bontà o con la scelta della sofferenza come testimonianza morale. L'irreprensibilità di una persona retta è molto più modesta: essa sceglie di soffrire solo nel caso in cui l'unica alternativa alla sua sofferenza sia la causa indiretta della sofferenza altrui.