Definire con precisione la "natura morta" non è difficile: tutti la riconosciamo quando ne vediamo una. Eppure nella storia dell'arte il tema ha appassionato gli studiosi animando un dibattito tutt'ora in corso sulle sue origini nonché sulla data esatta della sua nascita come genere della pittura, generalmente collocata intorno al 1600. L'intento di David Ekserdjian è di dimostrare con questo libro come fin dal Trecento, in Italia, e per tutto il Quattro e Cinquecento in Europa gli artisti sono stati attratti dal desiderio di raffigurare in modo autonomo all'interno di composizioni più vaste elementi naturali e oggetti inanimati con esiti talvolta altissimi, tali da essere assimilati a vere e proprie nature morte ante litteram. Attraverso una scelta accurata di cento opere, il libro offre al lettore un percorso per immagini di straordinaria bellezza ordinato tematicamente: fiori, frutti e ortaggi, oggetti, accessori della persona, vanitas. Di ogni opera, riprodotta per intero e contestualizzata attraverso una breve nota storico-artistica, si mostra anche un particolare ingrandito e puntualmente commentato di natura morta: un vaso di fiori, una tavola imbandita, uno scaffale colmo di libri, una cesta di biancheria, un'armatura di rappresentanza. Così, attraverso i capolavori di Gentile da Fabriano, Leonardo, Raffaello, Van Eyck, Holbein, Brueghel e molti altri, questo libro evidenzia dei dettagli che spesso passano del tutto inosservati se visti nel contesto iconografico dell'opera intera.
"Il piccolo principe" di Antoine de Saint-Exupéry, pubblicato nel 1943 negli Stati Uniti, nel 1946 in Francia e nel 1949 in Italia da Valentino Bompiani, è uno dei libri più letti al mondo. Pubblicando il libro pochi mesi prima della sua scomparsa, Saint-Exupéry lasciò la testimonianza più eloquente di un amore per il disegno che coltivò in effetti per tutta la vita. Di questa sua passione e di tutte le prove, i tentativi, gli esercizi da cui nacque "II piccolo principe" questo libro dà conto, offrendo un eccezionale corpus di disegni inediti raccolti tra numerosi collezionisti. Accanto ai disegni, alcune pagine manoscritte dell'autore, fogli volanti regalati a parenti, amici e compagne, pagine di taccuino, lettere e dediche illustrate... Prefazione di Hayao Miyazaki.
La morte fu celebrata dagli antichi come il culmine della vita eroica, dai poeti quale estrema conseguenza dell'amore, dai cristiani come strumento di salvezza e, di conseguenza, senso ultimo della vita terrena. Anche oggi gli artisti contemporanei - ai quali l'autore dedica ampio spazio - si confrontano con questo tema, talvolta in modo provocatorio e scioccante per il pubblico. Dalla morte violenta alle epidemie, dalla morte del corpo alla simbologia della morte allegorica, dai temi cristiani della Passione e della Rinascita alla raffigurazione dell'aldilà, fino al culto dei morti nelle diverse civiltà, in un percorso di quasi 400 esempi iconografici, l'autore restituisce alla Nera Signora il ruolo che sempre ha avuto nella storia delle civiltà, prima che le odierne società evolute la relegassero a un innominabile tabù.
Dalle Oranti alla Maddalena, dall'ascesi di Maria Vergine alle parabole dei Vangeli Apocrifi, Dario Fo accompagna il lettore attraverso la rappresentazione e il "progressivo occultamento" della donna nei testi sacri, nel tentativo di risalire alle origini della presunta misoginia della Chiesa. Attraverso lo studio delle opere d'arte e dell'iconografia cristiana e la rielaborazione di molte immagini pittoriche, egli trae alcune delle riflessioni che lo porteranno a identificare una sorta di involuzione nello sviluppo della figura femminile nella storia.
"Amo molto la danza. È una cosa straordinaria la danza: vita e ritmo. Per me è facile vivere con la danza. Quando ho dovuto dipingere una danza per Mosca, sono semplicemente andato una domenica pomeriggio al Moulin de la Galette. Ho guardato come danzavano. In particolare ho guardato la farandola... I ballerini, tenendosi per mano, corrono attraverso tutta la sala, avvolgendo come un nastro la gente un po' sconcertata... Tornato a casa, ho composto la mia danza su una superficie di quattro metri, canticchiando lo stesso motivo che avevo sentito al Moulin de la Galette, in modo che tutta la composizione, tutti i ballerini, si muovessero allo stesso ritmo". (Henri Matisse)
"Fili metallici, di cotone, lana, seta, d'ogni spessore, colorati. Vetri colorati, carteveline, celluloidi, reti metalliche, trasparenti d'ogni genere, coloratissimi, tessuti, specchi, lamine metalliche, stagnole colorate, e tutte le sostanze sgargiantissime. Congegni meccanici, elettrotecnici; musicali e rumoristi; liquidi chimicamente luminosi di colorazione viariabile; molle; leve; tubi, ecc." (Manifesto della ricostruzione futurista dell'universo, Milano, 11 marzo 1915)
Valentina Moncada che gestisce l'omonima galleria d'arte a Via Margutta ha scoperto per caso che nel 1917 il marchese Giuseppe Patrizi, suo bisnonno, affittò a Picasso uno studio nell'antico complesso degli Studi Patrizi. Il libro racconta l'attività creativa dell'artista durante il suo primo soggiorno romano, attraverso l'esposizione di alcune fotografie di Picasso nel suo atelier di Via Margutta e alla corrispondenza tenuta in quel tempo da Picasso e dai suoi compagni d'avventura (soprattutto Jean Cocteau), consentendo di ripercorrere la quotidianità di quei mesi romani, in particolare la creazione di due grandi capolavori, "L'Italiana" e "L'Arlecchino e donna con collana". Seguono una serie di documenti, che illustrano i rapporti di Picasso con gli artisti coinvolti a Roma nella genesi della "Parade", balletto per il quale l'artista realizzò costumi e scenografie. La pubblicazione analizza inoltre le possibili motivazioni della scelta del maestro di lavorare proprio a Via Margutta a un passo dal Circolo Artistico romano degli Studi Patrizi e il suo rapporto con i Futuristi.
A Urbino nella Galleria nazionale c'è un dipinto misterioso, la "Flagellazione" di Piero della Francesca, di cui s'ignora la committenza, la data precisa, il significato. A partire da questo enigma Silvia Ronchey ha scritto una vera e propria detective story, piena di colpi di scena. Protagonisti? Papi, cardinali, agenti segreti, torbidi signori rinascimentali, spie russe, grandi pittori e, come un ragno al centro della tela, il genio politico dell'ultimo grande bizantino, Bessarione. La teoria suggestiva che emerge da queste pagine rimanda a un evento che, come un 11 settembre immensamente più devastante, ha sancito lo scontro di civiltà tra Cristianesimo e Islam: la caduta di Costantinopoli in mano ai turchi nel 1453.
L'indagine prende spunto dalla opere pittoriche di tutti i tempi, includendo anche civiltà extraeuropee, per approfondire il ruolo che ebbero nell'arte le gemme, i gioielli e i materiali preziosi in genere: talvolta mero accessorio di ornamento; nella ritrattistica ufficiale, attributo di rappresentanza e status symbol; ma spesso anche oggetto carico di significati simbolici come nel caso delle scene allegoriche. Molto interessanti sono i due capitoli dedicati ai materiali (metalli, gemme preziose e semipreziose, pietre dure, perle) e alle tipologie di gioielli e oggetti di pregio, in cui alle rappresentazioni pittoriche dei pezzi si alternano anche gli oggetti reali.