Le cosiddette primavere arabe, con il loro sostanziale fallimento, hanno suscitato nel mondo occidentale una delusione che ha portato molti a concludere che il rapporto tra islam e democrazia sia impossibile. Questo libro affronta finalmente il problema nella prospettiva corretta, mettendo in luce i meccanismi attraverso i quali culture e storie politiche diverse finiscono per fraintendersi. La prima cosa da capire - ci dice Riccardo Redaelli, che da anni si occupa di geopolitica e storia del Medio Oriente - è che la religione islamica non è una realtà monolitica, bensì storicamente diversificata secondo le etnie, le culture e le regioni di quel mondo. Il secondo punto è che i concetti di democrazia e di Stato nazionale, affermatisi nei nostri sistemi occidentali e basati sul concetto di libertà individuale, risultano difficilmente applicabili nelle società islamiche perché estranei alle loro tradizioni. È invece la rivelazione coranica il fondamento dei loro sistemi politici e statuali, pur se in declinazioni molto diverse. Ma le esperienze di (teo)democrazia islamica sono state finora deludenti, come mostra qui Redaelli analizzando le più significative, e spesso hanno addirittura finito per dividere e polarizzare quelle società. A complicare la situazione, le visioni radicali e militanti hanno rinverdito il mito del califfato islamico da riportare in vita sulle ceneri degli Stati nazionali moderni.
C'è stato un periodo della storia europea in cui il rapporto tra l'islam e la cristianità non si è configurato come l'opposizione di due nemici irriducibili. Infatti, dall'VIII al XIII secolo si realizzò un incontro che, insieme ad aspri conflitti politici e religiosi, diede origine ad ampi e variegati scambi culturali nelle scienze, nella filosofia, nell'arte e nella letteratura: basti pensare all'influsso islamico sulla Sicilia nell'alto Medioevo; a quella singolare sintesi di civiltà che per sette secoli caratterizzò la Spagna musulmana fino alla Reconquista spagnola; e, infine, alle radici arabe della poesia provenzale. Questa feconda stagione culturale viene rievocata da Anawati con la maestria di chi sa sedimentare in una sintesi chiara ed equilibrata le ricerche di tutta una vita dedicata al dialogo islamo-cristiano. E proprio in tale sintesi si può cogliere l'attuazione di un dialogo autentico tra religioni e culture diverse, quello cioè che non elude gli aspetti di insuperabile differenza, ma insieme rileva i tesori delle rispettive tradizioni. Lo studio della storia è prodigo di preziosi ammaestramenti quando lo si affronta con oggettività e senza pregiudizi, come in questo saggio che si ispira agli auspici del Concilio Vaticano II: "Se nel corso dei secoli non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e ad esercitare la mutua comprensione".