Nell'uso comune pazienza è sinonimo di sopportazione, persino di rassegnazione passiva, parole che nell'attuale clima culturale evocano qualcosa di impopolare: la rinuncia ad agire e a lottare per realizzare i propri obiettivi e desideri. Ma il concetto di pazienza racchiude risorse e accezioni ben più ricche, collegate all'attesa e alla strenua resistenza per ciò che vale, che la filosofia e le religioni hanno frequentato assiduamente. Il libro propone al lettore di riavvicinare questo concetto, di farlo risuonare nei luoghi più fragili e rischiosi dell'esperienza. Come in un vero e proprio laboratorio di pratica filosofica, lo accompagna a porsi le domande più urgenti, a vedere le alternative teoriche, a scegliere le strade più promettenti. La pratica filosofica, però, consiste anche in un costante ascolto del già pensato: il percorso si conclude pertanto con un viaggio storico-concettuale, dai testi biblici ai miti pagani, dalla filosofia classica a quella contemporanea, toccando anche alcuni luoghi dell'epica e della narrativa.
Raccogliamo in questo volume i contributi a un seminario pluriennale sulla filosofia italiana contemporanea svoltosi presso il Centro studi filosofico-religiosi "Luigi Pareyson". Il seminario prevedeva, per ciascuna seduta, la relazione di un filosofo italiano contemporaneo che oltre a presentare le linee fondamentali del suo pensiero parlasse anche della sua scuola d'origine, dei suoi maestri, ed enucleasse la portata che la sua proposta speculativa o quella espressa dalla sua scuola di appartenenza avevano avuto e continuavano ad avere sulla cultura filosofica contemporanea. La richiesta trovò una risposta generosa ed entusiastica da parte dei colleghi delle diverse sedi universitarie italiane, sì che ne è scaturito un quadro della filosofia italiana contemporanea ricco, complesso, mosso e vivo, in cui luoghi, momenti e svolte fondamentali del pensiero italiano degli ultimi cinquant'anni emergono con tutta chiarezza e con una completezza di contorni che le presentazioni, pur nella loro necessaria sinteticità, evidenziano e che nel suo insieme trova pochi analoghi nella storiografia e nella pubblicistica corrente. Il volume potrebbe anche essere inteso come la cronaca di un viaggio nell'Italia filosofica del nostro tempo.
L'"Annuario Filosofico" nasce da una cerchia di studiosi particolarmente affiatati, dediti alla ricerca filosofica tanto nel campo storico quanto nel campo teorico. Essi si propongono anzitutto di rinnovare le categorie storiografiche nei punti in cui quelle in uso hanno dimostrato qualche insufficienza, di sfruttare la portata rilevante del dibattito filosofico attuale proponendo nuove interpretazioni di filosofie del passato, di riportare in circolazione correnti e autori meno studiati eppure capaci di far sentire una voce importante nella cultura filosofica contemporanea. Essi si propongono inoltre di allargare la problematica attuale con la trattazione di temi nuovi o insoliti nel clima filosofico odierno, con spirito alieno dalle mode e al tempo stesso decisamente anticonformistico, e di segnalare l'urgenza di tematiche oggi poco frequentate ma non per questo meno decisive nell'attualità. La rivista conta sulla collaborazione di quanti si riconoscono in questo programma e condividono questa impostazione, al di là delle singole proposte personali e dei particolari esiti speculativi, nella consapevolezza che in filosofia più che le differenze che dividono, importa la convergenza in una problematica comune.
Secondo Nietzsche la filosofia non nasce affatto, come si è soliti pensare, da un afflato disinteressato al sapere, ma da un'inquietudine esistenziale figlia dell'incapacità dell'uomo di dare senso alla precarietà della propria vita. Abbracciando tale prospettiva, questo libro invita a liberarsi dalla tendenza a considerare patologica ogni forma di disagio esistenziale per provare a pensare filosoficamente "la fatica di essere se stessi". Capitolo dopo capitolo, il volume si rivela un percorso di autenticità nel quale la malattia e l'eccesso di medicalizzazione, l'ansia da prestazione e il senso d'inadeguatezza, la bassa soglia di sopportazione delle difficoltà, il risentimento e il senso di colpa rispetto al tempo passato, la frustrazione per quello presente e l'angoscia per quello futuro, la relazione tra la paura di morire e quella di vivere si trasformano in opportunità per esaminare il nostro modo di essere al mondo e per vedere se l'esistenza, inquadrata da nuove prospettive, possa apparire sotto una luce diversa che ne rischiari il senso e le dia nuovo slancio. E se la filosofia non sarà sempre in grado di apportare agli uomini quella guarigione che "consisterà nel liberare l'anima dalle preoccupazioni della vita, per condurla alla semplice gioia di esistere" - come amava dire Epicuro -, essa potrà almeno insegnargli "a non farsi ingannare".
Il bue squartato è Nietzsche, da cui ciascun interprete si ritaglia una bistecca trascurando il resto. Gli altri macelli sono quelli che la vita fa di noi, quelli che noi facciamo di noi stessi e degli animali, quelli che in tutto il libro si fanno di luoghi comuni e di idee ricevute, nonché i "macelli" critici di grandi autori come Platone, Sant'Agostino, Bruno, Spinoza, Schopenhauer, Nietzsche, Heidegger, Hegel, Croce e altri, senza risparmiare gli autori odierni: macelli che Sossio Giametta fa, dopo lo scavo dei loro tesori, come continuazione del loro lavoro. Fino ad abbozzare in conclusione, con osservazioni scaturite dall'esperienza di una vita, un vero e proprio metodo filosofico ad uso dei giovani pensatori, che innova sui metodi classici come quelli di Descartes e di Spinoza. Giametta, intervistato da Giuseppe Girgenti in occasione del suo ottantesimo compleanno, racconta la sua esperienza tra Firenze e Weimar come collaboratore all'edizione critica Colli-Montinari delle opere di Nietzsche, come traduttore, saggista, narratore, critico letterario e giornalista, dà una nuova immagine di Nietzsche e una nuova sintesi di Schopenhauer, getta una profonda luce sul Cristianesimo e sulla Chiesa, esplora le radici dell'attuale situazione politica ed economica italiana ed europea, si interroga su aspetti problematici di Platone e trancia la questione della responsabilità politica di Heidegger.
Il Corso di estetica del 1945-'46 rappresenta l'esordio di Luigi Pareyson quale docente universitario, e le relative dispense racchiudono un'inesauribile riserva di spunti, sollecitazioni, proposte e problemi in cui appaiono già stagliate le linee guida del futuro sviluppo del suo pensiero, soprattutto per quanto riguarda il fecondo intreccio di personalismo ontologico, problematica estetica e teoria dell'interpretazione; appare già chiaro insomma, in questi testi, come per lui l'estetica non costituisca soltanto un ambito particolare e regionale della riflessione filosofica, ma una via d'entrata privilegiata alla filosofia in quanto tale.
Questo volume non costituisce soltanto la premessa storiografica della prima fase della speculazione pareysoniana, ma anche uno dei contributi decisivi alla diffusione dell'esistenzialismo in Italia. Con gli "Studi sull'esistenzialismo" Pareyson offrì agli studiosi italiani una guida per orientarsi in quel tumultuoso movimento ancora in evoluzione, indicandone e analizzandone la genesi e le articolazioni, ma allo stesso tempo operando precise e anche coraggiose scelte teoriche.