L'articolo sulla strage di Piazza della Loggia, scritto tre giorni dopo per "Bresciaoggi" e qui pubblicato con un'intervista a quarant'anni di distanza, ha inaugurato l'intensa attività pubblicistica di Emanuele Severino su questioni di attualità politica. Un'analisi delle vicende storiche sotto il segno di un disincantato realismo, che significa leggere la contingenza alla luce di fenomeni più ampi e, nello specifico, leggere il terrorismo come effetto di relazioni ed equilibri internazionali e nazionali, dalle tensioni e trasformazioni del "Duumvirato" USA-URSS alle ricadute sulla politica interna.
Karl-Heinz Ilting, noto studioso di Hegel e curatore delle lezioni hegeliane di filosofia del diritto, della religione, della natura, della storia, ha fornito un importante tassello alla letteratura critica rendendo accessibili materiali inediti. Ma il suo contributo, che emerge in filigrana da queste pagine, va oltre Hegel: riguarda il suo legame con il diritto naturale moderno e i suoi effetti sul pensiero contemporaneo. Il pensiero hegeliano, che qui si presenta nel suo sviluppo rispetto alla storia del pensiero politico, fra istanze classiche e moderne e in particolare nel confronto con Aristotele, fino alla elaborazione della filosofia del diritto e di concetti alla base dello Stato quali "moralità", "libertà individuale", "eticità", è osservato alla luce della categoria di "adattamento" (Anpassung) alla contingenza storica, che spiegherebbe la torsione della concezione politica hegeliana in senso conservatore piuttosto che liberale. Eppure a questo adattamento si può ricondurre il vissuto biografico di Hegel più che l'idea di fondo: una coscienza della libertà che non giunge, per contingenze storiche, a sollevarsi dal piano della descrizione fattuale a quello normativo. Una linea interpretativa che fa scorgere in Hegel stesso i germi di quel movimento epocale e inarrestabile che è il nichilismo, invitando a ripensare l'intero sistema hegeliano.
Se da sempre provoca il pensiero filosofico, la questione dell'"altro" assume nuovo interesse di fronte alla pluralità che caratterizza l'epoca odierna. Confrontandosi con autori e testi non solo della tradizione europea ma anche di quella orientale, in particolare cinese e giapponese, l'autore esamina l'alterità nell'ambito del linguaggio, della pratica artistica e dell'etica, giungendo a una inedita nozione di "vuoto", non come nome dell'indicibile, ma come apertura nei confronti delle molteplici forme del mondo.
Unde male faciamus? O meglio, unde malum? (donde viene il male?) Partendo da queste domande - domande classiche in forza dell'enigma in esse raccolto Ricoeur torna a riflettere sullo scandalo del male. In pagine intessute di finezza ermeneutica e rigore teoretico, Ricoeur disegna da un lato una fenomenologia del male: la sofferenza, la pena, il peccato, l'intreccio di male subìto e male commesso... D'altro lato ricostruisce il formarsi dell'onto-teologia e delle sue diverse teodicee, in quanto tentativo - da Agostino a Leibniz, da Kant a Hegel, fino alla paradossale dialettica spezzata di Barth - di coniugare realtà del male e credenza in un Dio onnipotente. Ma reggono queste soluzioni dinanzi alle forme estreme del male nel nostro secolo? Per Ricoeur, consumatosi il progetto stesso dell'onto-teologia, alla fine non resta che il riconoscimento dell'aporia di un male in sé ingiustificabile e di una fede che ripeta il gesto ultimo di Giobbe: credere in Dio per nulla. In margine al saggio di Ricoeur, De Benedetti, nella Postfazione, si sofferma sui riflessi teologici dell'enigma del male, dopo che la caligine di Auschwitz ha oscurato (fino a quando?) i segni di Dio.
Chi è Dio? Cos'è l'uomo? Una chiara e profonda meditazione sulla relazione uomo/Dio, da parte di Pietro Coda, uno dei maggiori teologi italiani.
Riflettere su parole chiave dei monoteismi (ebraico, cristiano, musulmano) e dell'umanesimo, quali dignità dell'uomo, imitatio dei, agape o amore universale, genera contrapposizioni: la spinta alla secolarizzazione con la pretesa moderna di ricondurre il diritto e la convivenza fra popoli e religioni a ideali umanistici, ma anche la presa di posizione critica verso le religioni in quanto portatrici di violenza, e, all'opposto, la loro rivendicazione di un primato etico-valoriale. Il paziente lavoro filologico qui svolto sulle fonti scioglie le contrapposizioni in una prospettiva poliedrica: l'umanesimo, di matrice greca, non è un dato conchiuso, ma diviene di pari passo alla contaminazione delle culture - ellenistica, ebraico-cristiana, musulmana. La filantropia del mondo classico si riflette, e da lì va ricompresa, nei comandamenti della Torà e della Bibbia: un bacino di significati da cui hanno origine le prime comunità di credenti. Lo sforzo di interpretazione su cui esse si fondano - della Parola, della Rivelazione e dei concetti della filosofia - funge da modello ermeneutico per il dialogo e per il rispetto.
La Logica Maggiore o Logica della ragione vera (Logica Major) è un frammento incompiuto del 1934 - per la prima volta tradotto integralmente - da ricondurre a due opere fondamentali: gli Elementi di filosofia (Logica formale) e Distinguere per unire. I gradi del sapere. Una ripresa del tomismo, nel confronto con il metodo delle scienze empiriche così come era presentato dal positivismo, tesa qui a definire lo statuto della filosofia, e della teologia, come scienza (le Savoir). La metafisica, messa in scacco dal pensiero moderno, in quanto conoscenza che si spinge fino alle cause ultime è una scienza "sapienziale", riabilitata in una prospettiva epistemologica realista, nella sua possibilità di conoscenza certa e vera. A questa dimostrazione dell'Essere nel suo massimo grado è orientata la "logica materiale", che corrisponde a due criteri: certezza (della forma) e necessità (del contenuto). Una prospettiva che, se appare in controtendenza rispetto al suo tempo, resta ancora oggi un classico del pensiero cristiano nel suo rigoroso tentativo di fare spazio alla metafisica nella cultura del '900.
Marco Minghetti (1818-1886) fu uno dei principali teorici, in Italia e in Europa, del pensiero politico liberale e, allo stesso tempo, eminente statista della Destra storica: più volte Ministro e Presidente del Consiglio, legò il suo nome a tappe salienti della politica nazionale quali la Convenzione di settembre, l'avvio dell'inchiesta industriale e dell'inchiesta agraria, la revisione dei trattati commerciali, il raggiungimento del pareggio di bilancio. Raffaella Gherardi ne ripercorre qui non solo gli scritti, ma anche i discorsi parlamentari ed extraparlamentari, attingendo a documenti spesso non facilmente reperibili: emerge il ritratto a tutto tondo di una personalità attenta a sfuggire gli opposti rischi di una scienza della politica disancorata dalla prassi e di un'azione politica meramente empirica e contingente. Si manifestano inoltre temi ancora oggi rilevanti: il rapporto fra economia, morale e diritto; le relazioni tra Stato e Chiesa; le ingerenze dei partiti politici nella giustizia e nell'amministrazione. Anche di fronte alla politica del presente l'opera di Minghetti non ha perso centralità, elevandolo a classico della politica italiana ed europea, in grado di parlare a tempi che vanno ben oltre quelli che egli ha vissuto.