La Chiesa di Scientology può definirsi una religione, e secondo quali elementi? Cosa realmente può dire questa Chiesa di se stessa, al di là delle controversie giuridiche e delle mozioni d'animo dei suoi seguaci e difensori, o dei fuoriusciti? Il libro, andando oltre tanto alla pura critica quanto all'apologia, intende colmare una lacuna nella conoscenza di Scientology, indicando un cambio di passo nella sua stessa autocomprensione. Considerare questa Chiesa come una religione significa anzitutto esaminare i suoi contenuti teologici-dottrinali, gli aspetti liturgici e rituali, ricostruiti in queste pagine nell'equilibrio fra distacco critico ed empatia di chi preliminarmente provi a mettersi "nei panni di": una ricerca di oggettività che si compie abbandonando i pregiudizi e ponendosi dall'interno della prospettiva che intende studiare, conducendola oltre se stessa. Uno sguardo fenomenologico, che da decenni Aldo Natale Terrin adotta per comprendere e descrivere la pluralità dei fenomeni religiosi, nella comparazione tra antiche e nuove religioni, volto all'"essenza" della spiritualità. L'analisi condotta in queste pagine si sofferma dapprima sulla figura e sul ruolo del fondatore, Lafayette Ron Hubbard, quindi sulla dottrina di questa Chiesa - basata sugli scritti Scientology e Dianetics e intrisa di una teologia dell'immortalità-salvezza e della libertà umana - infine sul calendario liturgico e sulle pratiche e ritualità, che presentano assonanze e parallelismi con le religioni tradizionali, nella loro grammatica profonda e come spazio esperienziale.
Che cosa significa "eresia", quando nasce e con quali finalità? L'eresia non è un concetto storiografico, che descrive una realtà storico-religiosa, ma è il prodotto di quella storia, con le sue ambiguità: nel II secolo il concetto è introdotto - in chiave teologica, confessionale, apologetica - come sinonimo di "deviazione" rispetto alla verità della fede; rappresenta la condanna elaborata da un gruppo nei confronti di altri per contrastare con l'"ortodossia" le origini non unitarie del cristianesimo. Persino Lutero fu accusato dell'eresia dello Scisma: dal canto suo, egli ispirò la Riforma protestante per ritornare a un ideale di Chiesa autentica. L'autore, ricostruendo gli usi strumentali del linguaggio che descrive queste realtà nel tempo, offre una lezione di metodo: l'analisi storico-critica del cristianesimo come modello di ricerca e di possibile dialogo tra le religioni.
Il volume ricostruisce la storia degli Stati sabaudi nel periodo compreso fra il 1416, quando Amedeo vili, conte di Savoia, ottenne dall'imperatore ii titolo di duca, e il 1848, anno in cui Carlo Alberto, re di Sardegna, promulgò lo Statuto. L'intento è offrire un'opera storiograficamente aggiornata, ma soprattutto ricollocare nel dovuto contesto un territorio il cui consolidamento ha attraversato, nel corso dei secoli, fasi complesse e non lineari. Leggere le vicende degli Stati sabaudi d'antico regime attraverso il prisma della "nazione" - nel senso che questa espressione ha assunto dopo la Rivoluzione francese - rischia di far perdere di vista che fu proprio l'affermarsi del principio nazionale a portare alla loro scomparsa, attraverso un processo non necessario né prefigurato dalla storia precedente. La prospettiva storiografica qui adottata è invece quella di considerare la storia del Piemonte e della Savoia come una monarchia composita e dall'identità plurale, esplorata per grandi temi: la dinastia, l'evoluzione territoriale degli Stati, il ruolo del sovrano, del governo e dell'amministrazione, l'organizzazione militare, la divisione in ceti e l'economia, la funzione culturale della corte e la fioritura della legge. In quest'ottica emerge un tratto pluri-nazionale, pluri-linguistico e pluri-religioso che conferisce a questi Stati il principale elemento d'interesse valido anche per capire il presente.
«Più si teologizza, meglio si filosofa»: con queste parole Emmanuel Falque guida il lettore nel metaforico "passaggio del Rubicone", che conduce dalla riva della filosofia a quella della teologia sconvolgendo i canoni tradizionali del rapporto tra le due discipline. Mettere in dialogo questi versanti opposti - nel tentativo di innovare un'antica tradizione che affonda nel pensiero medievale e ha vari sviluppi nell'età contemporanea - significa predisporsi a una loro nuova comprensione, alla scoperta della potenza euristica di questi diversi e autonomi ambiti del sapere, dove l'uno arricchisce l'altro. Una prospettiva che conduce al superamento del ruolo ancillare della filosofia rispetto alla teologia e alla liberazione della teologia tramite la filosofia, con l'audacia che caratterizza la svolta teologica della fenomenologia francese nel suo aprirsi alle tematiche religiose. La proposta di Falque è una originale ermeneutica cattolica che si pone in dialogo con Husserl, Heidegger, Ricoeur, Lévinas, Merleau-Ponty, Derrida, Rahner, von Balthasar, Bultmann, de Lubac, e ruota attorno ai temi del "corpo", della "voce", del "Kerigma" e del "credere". La "decisione per la fede" è il timbro del suo pensiero: un sapere filosofico-teologico "trasformante".
"Una lunghissima tradizione interpretativa propone di accostare i testi letterari da una prospettiva di tipo storico, declinata sulla base delle categorie hegeliane e successivamente rimodulata sui fenomeni della modernità novecentesca. La crisi della storia - come crisi del rapporto causa-effetto o come sfiducia nel concetto di evoluzione positivista - ha indebolito l'idea di progresso, a partire soprattutto dagli ultimi decenni del secolo scorso, quando gran parte delle strutture ideologiche, politiche, economiche e culturali hanno mostrato limiti e inadeguatezze. Ciò potrebbe aver favorito un cambio di sguardo nello studio dei testi - dalla verticalità della storia all'orizzontalità della geografia, dalla linearità del tempo alla circolarità dello spazio -, maturato sulla base della necessità di cercare e trovare nuovi parametri per decodificare un autore o un'opera."
"Il tema 'esperienza religiosa e questione di Dio' ha fatto da filo conduttore del seminario di studi di 'Hermeneutica', promosso dall'Istituto superiore di scienze religiose di Urbino "Italo Mancini", che ha ospitato nel settembre 2016 il convegno annuale dell'Associazione italiana di filosofia della religione (AIFR). Gli scritti che qui presentiamo raccolgono gli atti del convegno, assieme a un nutrito numero di interventi che restituiscono una parte del dibattito che durante esso si è registrato. La rilevanza di un tema così ampio e complesso è indubbiamente interdisciplinare: non solo la filosofia della religione, ma anche la teologia e le scienze della religione hanno interesse a mettere a fuoco il nesso tra esperienza religiosa e questione di Dio. Tuttavia, tale nesso appare oggi assai meno evidente di quanto poteva essere un tempo: il termine 'religione', sia dentro che fuori dell'ambito accademico, è spesso usato senza implicare un esplicito riferimento all'esistenza di Dio o a un determinato concetto di Dio, e sono frequenti nel panorama filosofico contemporaneo i tentativi di pensare l'esperienza religiosa entro un contesto che non è teistico o che non lo è più (si parla in questo caso di post-teismo). In un certo senso sembra che l'attenzione sul tema dell'esperienza religiosa, che è stata costante in epoca moderna e si rinnova e trasforma continuamente in quella post-moderna, sia stata guadagnata proprio a spese di quello di Dio." (Dall'introduzione di Marco Cangiotti e Andrea Aguti)
Francesco Camera Roberto Celada Ballanti, "Premessa"; Francesco Camera, "Il modello dialogico dell'ermeneutica a confronto col pluralismo religioso"; Roberto Celada Ballanti, "Il teatro celeste del De pace fidei e l'unità tra le religioni in Nicolò Cusano"; Piero Coda, "Le religioni in dialogo. Kairòs e vocazione"; Elisabetta Colagrossi, "Il principe moghul" e la 'congiunzione dei due oceani'. Per una ermeneutica della traducibilità delle religioni"; Gerardo Cunico, "L'arcobaleno delle religioni e i suoi problemi"; Massimo Donà, "Trinità e pensabilità. La 'relazione' come problema metafisico"; Guido Ghia, "La ragione non fa il salto... Sul rapporto verità e fede in Lessing"; Vito Mancuso, "Il dialogo interreligioso e i suoi problemi"; Letterio Mauro, "Dialogare tra pagani e cristiani. L'Octavius di Minucio Felice"; Maurizio Pagano, "Le varietà dell'esperienza religiosa. Riflessioni sul dialogo con la scuola di Kyoto"; Emanuele Pili, "'Extra Ecclesiam nulla salus'?; Tommaso d'Aquino sul rapporto tra il cristianesimo e le altre religioni"; Edoardo Simonotti, "Convinzioni in dialogo. Il pluralismo ermeneutico di Paul Ricoeur"; Marco Vannini, "Umanesimo versus religione"; Maurizio Migliori, "A Hermeneutic Paradigm for the History of Ancient Philosophy. The Multifocal Approach"; Chiara Agnello, "L'inquietudine dell'uomo fra prassi e tecnica"; Esther Genicot, "Ainsi, 'je' n'existe que si, du dehors, l'âme touche au corps? Ou comment le discours nancyen touche au corps"; Giuseppe Bonvegna, "Paul Ricoeur: persona, comunità e Stato da Éthique et politique alla critica a A Theory of Justice di John Rawls"; Fabrizio Palombi, "Jacques Derrida e la logica spettrale"; Timothy Tambassi, "L'eredità di Barry Smith e D.M. Mark nel dibattito geo-ontologico contemporaneo"; Giacomo Romano, "Prodotti della mente e contesto della comunicazione"; Andrea C. Bertino, "Practical Coherence, Moral Truth and Self-Sacrifice"; Diego Zucca, "'Io che è Noi, Noi che è Io'. A proposito della 'svolta intersoggettiva' della filosofia contemporanea a partire da Hegel".
Questi scritti di Bontadini e Severino, risalenti agli anni Ottanta, conducono nel vivo di una disputa durata più di trent'anni. L'origine del disaccordo coincide con la pubblicazione, nel 1964, del celebre saggio di Severino, "Ritornare a Parmenide", nel quale si mostra la necessità che ogni essente sia eterno e, al tempo stesso, si palesa la radicale distanza dal pensiero metafisico. Il disaccordo ruota dapprima attorno alla diversa interpretazione del "Principio di Parmenide" - l'essere è e non può non essere - e successivamente sul "divenire": ciò che per il senso comune è "un uscire delle cose dal nulla e un ritornarvi". Il contrasto fa sì che entrambi sviluppino le argomentazioni a favore della propria tesi facendo chiarezza, da opposte prospettive, su questioni decisive della filosofia; perciò rappresenta uno dei capitoli più significativi della storia della filosofia del Novecento.
SOMMARIO - Ricordo di Giovanni Miccoli SEZIONE MONOGRAFICA I ghetti nell'Italia moderna. Relazioni oltre le mura, a cura di Marina Caffiero e Serena Di Nepi - Marina Caffiero - Serena Di Nepi, Introduction. The Relationship between Jews and Christians. Toward a Redefinition of the Ghettos - Giuseppe Veltri, Exchanging Cultural Space. The Jewish Ghetto and the Italian Academies - Serena Di Nepi, Relazioni oltre le mura. Un processo ad Ancona all'epoca dei ghetti (1555-1563) - Benedetto Ligorio, Ragusa, il secondo ghetto. Una comunità di mercanti nell'Adriatico orientale (1546-1667) - Nourit Melcer-Padon, Free Jews in a Free Port City. Livorno, the City without a Ghetto - Paolo Pellegrini, Uscire dal ghetto, ritornare nel ghetto. Le resistenze alle nobilitazioni di ebrei in Italia dopo l'emancipazione Saggi - Eugène Honée, The Fourth Lateran Council (1215): Its Sentence on Joachim of Fiore's Theology of the Holy Trinity. An Analysis and Commentary - François Boespflug, Sur la Sainte Face du Christ dans l'art, du XVIIIe au XIXe siècle - Francesco Tacchi, «La propaganda dell'errore non si combatte se non mediante la propagazione della verità». L'Opera Nazionale per la Buona Stampa e la Grande Guerra (1915-1918) Rassegne - Giovanni Vian, Il modernismo. Un itinerario tra fonti e documenti Recensioni.
"Antrum" è un volume interamente dedicato alle grotte, un tema fertile, naturalmente disponibile ad una lettura di tipo simbolico e un'analisi interdisciplinare. Di qui l'estrema eterogeneità che caratterizza la raccolta, nei contenuti, nella cronologia e negli ambiti geografici rappresentati, con l'unico motivo unificante di una costante afferenza all'area mediterranea. I contributi, che a seconda dei casi risultano dotati di un taglio prevalentemente archeologico o storico-religioso, si ripartiscono in egual misura tra mondo greco-romano e cristianesimo. Se, dunque, il fulcro dell'opera è costituito dalla forte identità morfologica della grotta, che condiziona la sua stessa attitudine a rivestire significati sacrali, i vari segmenti interni intervengono a declinare singoli aspetti tematici, ora fornendo una nuova lettura di argomenti già noti, ora portando all'attenzione degli studiosi temi meno sondati, e pur tuttavia meritevoli di maggior risalto. Nell'antro, inteso come un "ponte" in cui le categorie dello spazio e del tempo si annullano, almeno rispetto alla loro ordinaria percezione, sono da sempre state ravvisate, da parte delle più varie culture umane, le condizioni idonee per l'irruzione del soprannaturale e la piena estrinsecazione delle sfere cultuali. L'isolamento, la monumentalità, l'inaccessibilità, l'oscurità, la profondità, la presenza di belve o esalazioni sono tutti elementi connotativi di enorme rilievo; ma non per questo, anche alla luce dei più recenti orientamenti scientifici, è possibile accogliere una visione "etica" di questa complessa fattispecie culturale, cui converrà piuttosto anteporre un approccio di tipo "emico", in grado di rendere giustizia alle peculiarità storiche e ambientali della realtà di riferimento. E questa specifica valutazione critica, pertanto, a caratterizzare, come in filigrana, tutti i saggi ospitati nel volume.
Sono qui tradotte da Stefano Esengrini alcune delle più significative conversazioni sull'arte del pittore francese Georges Braque, corredate di illustrazioni. Attraverso le sue parole, pronunciate nel corso di più di un trentennio (1928-1963), e la riproduzione di tredici dipinti, si ripercorre il cammino figurativo e umano di uno dei pittori che più hanno contribuito a determinare il destino dell'arte nel Novecento - dagli esordi fauves alla scoperta di Cézanne, fino all'esperienza cubista e alla produzione tarda, caratterizzata dalla comparsa dei temi dell'atelier e dell'uccello. In gioco è il senso complessivo di quel fenomeno spirituale in cui consiste la creazione artistica: l'origine dell'opera d'arte, la questione dello spazio, la figura dell'artista e la particolare natura del rapporto che egli intrattiene con quella "realtà" che è suo intento ritrarre.
Le testimonianze "bresciane" sulla santità di Paolo VI, qui per la prima volta raccolte e annotate da Massimo Tedeschi, sono tratte dalla Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis, conservata negli archivi della Congregazione delle Cause dei Santi. Documenti che riportano - ai fini del processo di canonizzazione - i detti su Montini riferiti da coloro che lo hanno conosciuto: queste parole, radunate al di fuori dei faldoni ufficiali, sembrano ridare corpo e vita alle virtù di Montini che si manifestano fin da ragazzo e seminarista, e poi da sacerdote, vescovo e Papa. Una polifonia di voci che converge nel mostrare la straordinaria levatura spirituale e umana di Montini, per un ritratto seppure parziale ma poco convenzionale. Come quello, familiare, che si trae dal ricordo di Chiara Montini Matricardi e dall'album di famiglia, dove si coglie la levità dello zio don Battista e non solo la solennità del vescovo e del Papa.