In un'Internet di massa, trovare ciò di cui si ha bisogno è sempre più difficile, ma ancor più difficile è valutarne l'attendibilità. È il prodotto dell'ideologia del Web 2.0 - quello di blog e social network - che preconizza la scomparsa degli intermediari dell'informazione, dai giornalisti alle testate di prestigio, dai bibliotecari agli editori, presto sostituiti dalla swarm intelligence, l'intelligenza delle folle: chiunque può e deve essere autore ed editore di se stesso. Il 'mondo Web 2.0', dove nessuno è tenuto a identificarsi e chiunque può diffondere notizie senza assumersene la responsabilità, realizza davvero un sogno egualitario, o piuttosto un regno del caos e della deriva informativa?
La parola "ipertesto è oggi associata a uno dei fenomeni più rilevanti della contemporaneità, il Web. Eppure, quando Ted Nelson la coniò negli anni Sessanta, le sue teorie, che prefiguravano un nuovo supporto di scrittura, una nuova pratica di lettura e soprattutto un nuovo rapporto tra autore e lettore, vennero considerate idealistiche e visionarie. Paola Castellucci ripercorre la stona dell'ipertestualità, le cui tappe fondamentali hanno contribuito a definire l'identità stessa dell'informatica in quanto disciplina autonoma rispetto alle altre aree scientifiche.
Il legame tra diritti e dignità umana è un punto fermo nel pensiero giuridico corrente, fondato sul postulato che tutti gli uomini siano egualmente degni e si debbano reciproco rispetto per la comune umanità. Ma a questa accezione 'genetica' e ugualitaria della dignità umana, oggi prevalente, si sono contrapposte storicamente concezioni diverse, elitarie e subordinate all'esito dell'azione individuale. Umberto Vincenti risale alle origini classiche del concetto di dignitas hominis e ne ricostruisce il lungo percorso, fino alla odierna formulazione dei diritti: umani, inviolabili, fondamentali, della personalità.
Dalla corsa all'industrializzazione alla presa di coscienza ambientalista, dall'Italia rurale del secondo dopoguerra alle manifestazioni della cittadinanza contro la Tav, il passo è lungo. Mentre con il boom economico l'ambiente si trasforma in risorsa per lo sfruttamento industriale, un fenomeno nuovo e inizialmente sottovalutato fa la sua comparsa: l'inquinamento. Occorrerà attendere il '68, e più ancora il '76 (anno dei disastri di Seveso e Manfredonia), perché l'opinione pubblica se ne avveda e ne riconosca i letali fattori di rischio. La sciagura di Chernobyl, nell'86, rappresenta un ulteriore passaggio di livello: i danni, si dice, sono divenuti globali. È l'inizio di una escalation esponenziale. Oggi la stragrande maggioranza delle patologie che ci minacciano include, tra le concause della loro vastissima diffusione, le gravi alterazioni ambientali. Saverio Luzzi racconta la prima storia sociale di oltre sessant'anni di inquinamento nel nostro Paese e le radicali mutazioni del rapporto uomo-natura.
Il piccolo re, il grande dittatore, novanta ore di cinismo e di incapacità sufficienti per azzerare uno Stato. Marco Patricelli racconta l’incredibile e grottesca sequenza di eventi che dal 9 al 12 settembre 1943 sconvolse l’Italia e la consegnò a un destino di macerie.
«La colonna di sette automobili aveva già lasciato Roma illuminando le strade ancora buie e deserte con la luce azzurrognola dei fari schermati. Vittorio Emanuele, la regina Elena, il generale aiutante di campo del re e il tenente colonnello Buzzaccarini erano a bordo di una Fiat 2800 nera, guidata dall’autista che faceva incredibilmente sfoggio del guidone reale: noblesse oblige, ma a nessuno viene in mente che la nobiltà vorrebbe ben altro contegno che una fuga nell’oscurità.»
È così, alle prime luci del 9 settembre 1943, ad armistizio appena proclamato, che il re abbandona la Capitale per fuggire al sud, lontano dalla vendetta tedesca. In Italia intanto si spara e si muore. Tra quell’alba e il pomeriggio del 12 settembre il Paese si disgrega e precipita nel caos di un vuoto istituzionale senza precedenti. In meno di quattro giorni, e nel raggio di pochissimi chilometri, si compiono due fughe eccellenti: quella tragicomica del re dal porto di Ortona, in Abruzzo, e quella rocambolesco-spionistica di Benito Mussolini dalla prigione dove è stato rinchiuso, sul Gran Sasso. Questa è la storia di quelle fughe, delle loro conseguenze e della vigliaccheria di chi poteva e doveva agire diversamente.
In una trattazione sistematica, le esperienze costituzionali contemporanee dalle forme 'classiche' di costituzionalismo - dal Regno Unito agli Usa, dal Belgio al Giappone - alle democrazie 'incerte' o di recente costituzione, come molti Paesi dell'America Latina o l'India e la Cina. Degli ordinamenti costituzionali si analizzano in chiave comparata forma di Stato e di governo, autonomie territoriali, fonti del diritto, pubblica amministrazione, giurisdizione, giustizia costituzionale, tutela dei diritti. Ne emerge con evidenza un affresco dei grandi modelli del diritto costituzionale comparato.
Quali sono le circostanze filosofiche che rendono possibile la questione del desiderio? Quali sono le condizioni che ci spingono a interrogarci sul significato e la struttura del desiderio umano al fine di comprendere la natura della filosofia, i suoi limiti e le sue possibilità? Quando la questione del desiderio umano rende problematico il pensiero filosofico? Il desiderio è stato considerato filosoficamente pericoloso a causa della sua propensione a oscurare una visione chiara e a promuovere la miopia filosofica, incoraggiandoci a vedere solo ciò che noi vogliamo e non ciò che è. Il desiderio è troppo limitato, concentrato, interessato e coinvolto. In quanto immediato è arbitrario, immotivato, animale. Desiderare il mondo e conoscerne il significato sono sembrate imprese in contrasto tra loro. Ma quando la filosofia interroga le proprie possibilità in quanto conoscenza impegnata o pratica, tende a informarsi sul potenziale filosofico del desiderio.
I racconti e le immagini della violenza, soprattutto sessuale, ci sommergono. I romanzi indugiano volentieri su eroine "sedotte" contro la propria volontà; un film americano su otto contiene una scena di stupro; a partire dagli anni Ottanta le storie di violenza e aggressione hanno lentamente conquistato un posto centrale nei reportage giornalistici. Eppure non conosciamo il numero reale di donne (o uomini) vittime di violenza sessuale. La verità è che lo stupro sfugge alla notazione statistica: numerose aggressioni non vengono nemmeno riportate alle autorità e meno del 5 per cento di quelle denunciate finisce con una condanna. I numeri spaventosi non devono intimidire: se vogliamo analizzare il flagello della violenza sessuale dobbiamo puntare uno sguardo gelido sui colpevoli e smontarne i meccanismi emotivi. È quanto fa Joanna Bourke in queste pagine. Attingendo agli studi di criminologi, giuristi, psicologi e sociologi, servendosi delle narrazioni di violenza rilasciate da vittime e aggressori inglesi e americani dalla metà dell'Ottocento a oggi e di come quei racconti sono cambiati nel tempo, combattendo con la definizione di stupro e stupratore, di consenso e coercizione, l'autrice scava nelle "motivazioni" che portano un individuo a scegliere la violenza: "Al centro di questo libro c'è lo stupratore e non la vittima. Se la categoria dello stupratore viene demistificata, la violenza sessuale non sembrerà più inevitabile. Stupratori non si nasce, si diventa.
Spinoza elabora un'etica laica, in cui l'uomo è visto come un essere naturale che deve essere incluso nell'ambito della produttività infinita della natura. Secondo Spinoza l'uomo è parte della natura universale, e non si può parlare della sua libertà senza conoscere in che cosa questa consista e come sia possibile all'interno della totalità della natura: la conoscenza della natura delle cose è pertanto prioritaria e fondamentale. Come per i classici, anche per Spinoza il momento propriamente etico, ossia la descrizione delle azioni che consentono all'uomo di pervenire alla sua massima perfezione, giunge al termine di un percorso che fonda le conoscenze indispensabili allo scopo.
La scuola in Italia è una scuola a rischio. Le indagini internazionali sugli apprendimenti delineano un quadro impietoso del gap di competenze linguistiche, matematiche e scientifiche che già a 15 anni separa i ragazzi italiani dai loro coetanei europei. I nostri insegnanti appaiono nel complesso sfiduciati, penalizzati dall'assenza di incentivi retributivi e professionali, demotivati dalla caduta di prestigio del proprio ruolo sociale. L'autonomia scolastica, nata dieci anni fa sull'onda delle spinte al decentramento, è ancora oggi monca, incapace di dare vita a una distinzione efficiente di ruoli fra governo centrale, governi locali e scuole, e men che mai di alimentare nei singoli istituti sostanziali miglioramenti della didattica e dell'organizzazione dello studio. Allo stesso modo segna il passo anche il processo per sottoporre la scuola a un efficace e trasparente sistema di vantazione, complemento indispensabile dell'autonomia. È una situazione allarmante quella descritta dal rapporto della Fondazione Agnelli che, dopo aver fotografato lo stato generale di degrado e abbandono del nostro sistema educativo, propone linee di sviluppo futuro fondate non solo sul confronto con l'estero ma anche su una seria e approfondita operazione di rinnovamento e potenziamento professionale del corpo insegnante.
Ludovico Ariosto decide di tramutarsi in editore di se stesso, compra una montagna di carta per stampare il "Furioso", ma tre quarti delle copie restano invendute. Dalle prime due edizioni dell'"Ortis" Ugo Foscolo non riceve alcun guadagno: con la scusa dell'anonimato l'editore gli ruba la paternità del libro. Nel 1878 Treves lancia per "Cuore" una campagna pubblicitaria senza precedenti, anche se sa bene che De Amicis non ha scritto ancora una sola pagina. Carlo Emilio Gadda invece è solito promettere le sue opere sempre a editori diversi (anche in contemporanea), ed Einaudi dovrà pazientare quasi un ventennio - e sopportare più di una 'mattana' - per pubblicare "La cognizione del dolore". Nel 1955, a bozze già pronte, Livio Garzanti costringe Pasolini a 'purgare' e riscrivere "Ragazzi di vita", preoccupato che un 'libro di racconti' venda meno di un romanzo vero e proprio. Fin dagli albori della stampa nel Quattrocento, dalle prime edizioni di Dante e Petrarca, di Pulci e Boiardo, la letteratura trabocca di storie come queste, vicende di libri irresistibilmente portati a generare un proprio doppio romanzesco: quello editoriale. Fra ripensamenti, traversie e strategie mercantili - a volte clandestine - che hanno scandito, pilotato, e spesso segnato la nascita dei più grandi capolavori della letteratura italiana, nel serrato racconto di Giovanni Ragone si rivelano gli ambienti della Galassia Gutenberg: l'insospettato retroscena dei nostri classici.
Il sogno di una società dell'informazione uguale per tutti si sta infrangendo contro l'evidenza: Internet riproduce meccanismi di esclusione propri del passato e li ripropone nel presente con forza del tutto nuova. Il modello della rete pervade la società, dà forma alle relazioni umane, è alla base di ogni tipo di attività economica, politica, associativa o religiosa. Chi non ha i mezzi per accedervi è fuori da tutto, intrappolato al fondo della piramide sociale.