Isole, ponti, palazzi, infinite pagine di carta, otto milioni di abitanti più tutti gli eroi delle sue storie: la materia di New York è il granito e l’immaginazione.
«La prima guglia sparata in cielo, il primo marciapiede gremito, il colore della pelle del primo incontro. Il primo odore inatteso, che per qualcuno è di oceano, o di carne arrostita, o di zucchero a velo, o di ruggine e foglie marce, anche se quello che sta marcendo è legno, cemento, ferro, mattoni, perché l’intera città sembra attaccata dalla ruggine e dalla muffa. Sono inaspettati anche i colori. Non il bagliore freddo del vetro e dell’acciaio, ma le tonalità pastello del rosso, dell’arancio, del marrone. La sorpresa di sbarcare nel Nuovo Mondo e scoprire una città vecchia: non come sono vecchie quelle europee, che sono vecchie come monumenti, ma vecchia come una fabbrica abbandonata, o una casa di famiglia, o gli edifici ferroviari che si vedono appena fuori dalle stazioni, o i luna park in disuso.» Questo libro è frutto di diversi viaggi a New York. Il risultato è una mappa ottenuta per accumulazione di appunti – piena di buchi, libri che non ho letto, posti che non ho visitato. Del resto, se scrivere una guida sulla città più raccontata al mondo ha un senso, l’unico senso possibile è che sia incompleta, particolare e mia.
Con il DVD del documentario Il lato sbagliato del ponte (2005)
Indice
Prologo. Ritorno a Gotham - 1. Chiamatemi Ismaele (Brooklyn Heights + Dumbo) - 2. Kaddish per un sogno (Lower East Side) - 3. Dove vanno le anatre di Central Park d’inverno? (Midtown Manhattan) - 4. In cerca di un jukebox all’idrogeno (Greenwich Village + East Village) - 5. Il lato sbagliato del ponte (Park Slope) - 6. Musica nella città di Dio (Williamsburg) - 7. Brooklyn senza madre (Red Hook + Carroll Gardens) - 8. Molto forte, incredibilmente vicino (Coney Island) - Bibliografia
In breve
Ha ispirato una delle opere giovanili di Giuseppe Verdi e riecheggia nell’inno di Mameli, a ricordare la vittoria degli italici sugli stranieri; è stata messa in scena nei kolossal cinematografici ed è uno dei simboli del partito della Lega Nord, che ha come eroe Alberto da Giussano. Miti, leggende e fantasie letterarie hanno costruito l’immaginario della battaglia di Legnano che ha segnato la storia d’Italia e dell’intera Europa. I fatti però andarono diversamente. 29 maggio 1176: nelle campagne a nord-ovest di Milano, l’imperatore Federico Barbarossa affronta l’esercito delle città italiane raccolte nella Lega Lombarda con un esito che all’epoca pochi si sarebbero aspettati. Perché avvenne lo scontro, come si svolse la battaglia, quali furono le ragioni dei contendenti, quali eventi precedettero il conflitto? Quale disegno politico aveva Federico Barbarossa e cosa rivendicavano i Comuni? Con gli strumenti della storia militare, Paolo Grillo segue passo passo le fasi della battaglia, scende fra le linee dei combattenti e svela cosa c’è dietro quell’amara sconfitta: a Legnano si affrontarono in realtà due forme contrapposte di organizzazione militare. L’Impero, da una parte, con la sua struttura aristocratica, era ben rappresentato dalla celebre e quasi imbattibile cavalleria pesante teutonica. I Comuni, dall’altra, si incarnavano nella collettività in armi dei fanti, che combattevano fianco a fianco ai cavalieri, da uomini liberi, decisi a battersi per la difesa della patria comune. Due mondi diversi, uno prossimo alla fine, l’altro – quello dei cittadini d’Italia – solo all’inizio.
Indice
Introduzione. Una battaglia famosa e ignorata - 1. Le ambizioni di un giovane imperatore - 2. La reazione delle città - 3. Il ritorno dell’imperatore - 4. L’assedio di Alessandria - 5. Montebello, la tregua, la ripresa della guerra - 6. 29 maggio 1176: la battaglia - 7. L’uomo che sconfisse Federico Barbarossa - 8. Dopo la battaglia - 9. Legnano dopo Legnano - Fonti e bibliografia - Indice dei nomi di persone e di luoghi
In breve
Cosa significa prendersi cura di sé e quale influenza ha questa pratica nel percorso di crescita di un individuo: Franco Cambi esplora un tema complesso, intrecciando il piano pedagogico con la categoria della ‘cura’ in generale, concetto chiave della vita sociale e individuale. Un manuale che prefigura un iter formativo perché l’individuo si faccia guida di se stesso, coltivi la propria interiorità e riesca a divenire sempre più ‘persona’.
Indice
Prefazione- Parte primaRiflessioni sulla cura - 1. Aver cura della «cura» - 2. La cura in pedagogia: struttura, statuto, funzione - 3. L’aver «cura di sé»: un compito «lifelong» - Parte secondaLe vie maestre della «cura sui» - 1. La funzione formativa della narrazione - 2. Leggere per formarsi: un’avventura tra costruzione di sé e conoscenza del mondo - 3. La scrittura come «cura di sé» e come piacere... formativo - 4. L’autobiografia come cura di sé - Parte terzaAltre frontiere degli «esercizi spirituali» - 1. Attraversare spazi per formarsi - 2. Farsi «flâneur» - 3. Praticare l’ironia come «forma mentis» - 4. Dialogare con l’arte - 5. Poesia e cura di sé - 6. Classici e «cura di sé» - 7. Et alia... - Parte quartaQuasi un epilogo - 1. La cura di sé: categoria-chiave del presente - 2. La filosofia «diffusa» oggi: percorsi e funzione - Postfazione Tra adultità e scuola -Indice dei nomi
In breve
Dal colonialismo al moderno populismo, dai fallimenti del liberalismo ottocentesco ai limiti di quello contemporaneo, dal caudillismo all’autoritarismo, Loris Zanatta ricostruisce la storia complessa dell’America Latina, percorsa da grandi trasformazioni e forti continuità, da solidi elementi di unità e da forze centrifughe. Unita da lingua e cultura ereditate dal retaggio iberico ma solcata da profonde fenditure etniche e sociali, la sua convulsa storia sospesa tra Europa e America è un capitolo spesso misconosciuto di quella dell’Occidente.
Indice
Premessa - Introduzione alla storia dell’America Latina contemporanea - Parte prima: Dall’indipendenza alla seconda guerra mondiale. 1808-1945 - 1. Il retaggio coloniale - 2. L’indipendenza dell’America Latina - 3. Le repubbliche senza Stato - 4. L’età liberale - 5. Il tramonto dell’età liberale - 6. Corporativismo e società di massa - Parte seconda: Dalla guerra fredda a oggi. 1945-2010 - 7. L’età del populismo classico - 8. Gli anni ’60 e ’70. Il ciclo rivoluzionario - 9. Gli anni ’60 e ’70. Il ciclo controrivoluzionario - 10. La «decada perdida» e la democrazia (ri)trovata - 11. L’età neoliberale - 12. Il nuovo secolo, tra futuro e déjà-vu - Indice dei nomi
In breve
È possibile pensare ai richiedenti asilo, ai corpi occupati dei palestinesi, ai profughi e ai clandestini senza distogliere lo sguardo dalle differenze e ricondurre le loro biografie al solo stato di ‘rifugiati’? Le matrici sociali e storiche della sofferenza, della memoria e del lutto possono essere pensate senza ridurre il dolore di queste donne e questi uomini entro il perimetro di un meccanismo psichico già scritto, di un solo concetto: ‘trauma’? Roberto Beneduce interroga modelli e categorie che, all’ombra della retorica umanitaria e del sapere psichiatrico, ignorano spesso differenze, responsabilità e ruoli e lasciano irrisolta la questione dell’impunità di chi si è reso colpevole di sofferenze e umiliazioni. L’antropologia e la clinica fanno qui dialogare gli enigmi dell’oblio e della memoria, del trauma e della cura sul terreno di una Storia contesa.
Indice
Introduzione - Per un’antropologia del sottosuolo - 1. «La questione» - 2. Scienze della memoria ed «esorcismi moderni» - 3. Edipo non abita la Storia - 4. Testimoni e vittime fra narrazione, retoriche umanitarie e ripetizione - 5. Le vertebre spezzate del tempo - 6. Memorie smembrate e Corpi Occupati - 7. Un Dio che aiuti a dimenticare? - Riferimenti bibliografici - Indice dei nomi
Oggi molte delle categorie attraverso le quali leggevamo la storia contemporanea (Stato, nazione, impero, classe) sono andate in crisi e hanno subito trasformazioni sostanziali. La globalizzazione e le sue conseguenze impongono di ripensare radicalmente i processi storici tenendo conto di uno spaziomondo di cui sono protagonisti uomini e civiltà appartenenti ad etnie, culture e religioni differenti, dislocati in tutto il pianeta. Questo manuale, allora, si propone di ricostruire quella che definiamo come età contemporanea superando la periodizzazione tradizionale basata sul canone della storia nazionale ed europea. Momento inaugurale delle dinamiche dell'età contemporanea vengono considerate le trasformazioni mondiali imposte dall'imperialismo di fine Ottocento. Connessa a questa scelta cronologica sta quella geografica orientata a rivedere il rapporto centro-periferia, ovvero tra un Occidente centrale e propulsivo e il resto del mondo 'periferia', da considerarsi solo quando e se interagisce con il centro. I lunghi e travagliati processi dell'età contemporanea, infatti, hanno mostrato come nello spazio-mondo questa relazione sia mobile e duttile, oppure che le geometrie degli equilibri fluttuano spesso e rapidamente. Ma l'approccio qui utilizzato non rappresenta solo un correttivo geografico. A cambiare è la narrazione stessa che cerca di superare le problematizzazioni storiche più classiche. Temi transnazionali e trasversali (migrazioni, capitali e commercio, espansione degli imperi, circolazione delle idee) affiancano e contribuiscono a superare l'impostazione di una storia scritta esclusivamente dal punto di vista dei governi nazionali o incentrata sulle comunità geografiche. Ampio spazio è quindi dedicato a temi internazionali, ai nuovi protagonismi mondiali, alle nuove guerre, ai cambiamenti sociali e geopolitici degli ultimi decenni di cui si evidenziano le radici e l'evolversi nel passato più prossimo restituendo la giusta complessità al tempo che viviamo.
"Capitolo dopo capitolo, parola dopo parola, col fiato mozzato dallo scorgere tanta bellezza così sconosciuta, c'è lo spazio per appropriarsi della storia di tutti e assieme ricostruire la storia d'ognuno." dalla Prefazione di Fabiano Amati, Assessore regionale alle Opere pubbliche della Regione Puglia, quella dell'Acquedotto Pugliese è la storia delle vicissitudini sopportate e delle battaglie condotte dalle operose genti di Puglia e dai suoi figli più illuminati, per affrancarsi definitivamente dalla penuria e dal bisogno antico della sete. Vicende che si svolgono lungo l'arco di quasi un secolo e su cui lo studio di Michele Viterbo rimane, a quasi 60 anni dalla prima pubblicazione, un valido e solido punto di riferimento. Lo storico ripercorre puntualmente e cronologicamente gli interventi politici, i provvedimenti legislativi, i progetti iniziali e quelli definitivi che condussero alla costruzione del "più grande acquedotto del mondo", come venne definito per la lunghezza delle sue reti idriche che alimentano le regioni di Puglia e Basilicata e parte degli abitati dell'Irpinia, del Molise e della Calabria. Il volume viene oggi riproposto al pubblico con una Postfazione di Massimiliano Scagliarini che dà conto degli ultimi 50 anni di vita dell'Acquedotto, a quasi un secolo dalla sua nascita, nella consapevolezza che è ancora lungo il lavoro da farsi prima che l'ambizioso progetto possa davvero dirsi compiuto.
«Enorme – davvero: enorme, e unica, e inspiegabile – è l’ossessione meteorologica dei siciliani. Se c’è brutto tempo si sentono in colpa, si giustificano, come se avessero invitato qualcuno a casa propria facendogli trovare la tovaglia macchiata di sugo». Una stravaganza, ma non l’unica. Se andate a Scicli troverete, per esempio, un’insolita raffigurazione della Grande Madre: in tutto il Mediterraneo è una figura archetipica soavemente benigna, mentre qui si trasforma nella Madonna delle Milizie, armata e a cavallo, parecchio minacciosa. Ma è tutta la Sicilia a essere, oltre che se stessa, anche il contrario di sé, capace di amori smisurati, che si esprimono nella fisicità degli incontri: è il tatto a prevalere fra i cinque sensi. I siciliani toccano. Ti toccano un braccio mentre cercano di capire di cosa hai bisogno e anche di cosa non sai ancora di avere bisogno. La sensazione di e ssere toccati può rivelarsi sgradevole, per il viaggiatore, ma anche lui a poco a poco si abitua, e alla fine qualcuno persino si dispiace quando poi nessuno lo tocca più. Apparenti contraddizioni e immobili mutamenti rendono lo spirito di una terra piena di angoli insospettabili. Marsala, Palermo, Ustica, Porto Palo, Favignana, Agrigento, Siracusa, Tindari, Catania, Gela, Taormina, Messina sono solo alcune delle tappe di Roberto Alajmo, un viaggiatore capace di raccontare riallacciando i fili di una trama antichissima e tormentata: in fondo l’amore per la Sicilia è quello che si prova per una canaglia. Tu sai che è una canaglia, ma non puoi farci niente.
«Garantire a tutti gli studenti, in tutte le regioni,apprendimenti adeguati.»
Quanto costa oggi la scuola italiana? E quanto costerà domani, quando molte competenze sull’istruzione passeranno dallo Stato alle Regioni? Il federalismo scolastico sarà solo uno strumento per razionalizzare la spesa, o piuttosto un’occasione per migliorare gli apprendimenti dei nostri ragazzi? E ancora: come coniugare qualità ed equità, se ancora oggi nella scuola italiana la provenienza sociale dello studente troppo sovente conta più dei suoi talenti ? Come rinnovare la didattica per essere al passo con i cambiamenti che Internet e le nuove tecnologie hanno portato nella società e nel lavoro? Domande a cui dare risposte con sguardo lungo, pensando a quale scuola vogliamo nel prossimo decennio, senza nostalgie per il passato. Su questi temi il Rapporto sulla scuola in Italia 2010 della Fondazione Giovanni Agnelli, nella scia del precedente edito nel 2009, presenta a insegnanti, famiglie e decisori politici nuove ricerc he, nuovi dati, nuove proposte.
Come si studia la storia? E come si racconta? Domande difficili ma appassionanti, se soltanto gli storici si impegnano a non avere segreti, e a parlare chiaro. Se invitano il pubblico dentro la loro officina e spiegano come maneggiarne gli attrezzi. Se una tecnica, il buon uso delle ‘fonti’, diventa un’arte di ricostruzione del passato. Qui, dieci storici italiani – Alessandro Barbero, Roberto Bizzocchi, Alessandro Casellato, Antonio Gibelli, Miguel Gotor, Giovanni Levi, Salvatore Lupo, Sergio Luzzatto, Ottavia Niccoli, Lisa Roscioni – hanno scelto ciascuno una singola fonte, l’hanno lavorata con i ferri del mestiere, ne hanno fatto la base di un racconto esemplare.
In breve
Pennacchi ha scritto un altro libro bello e inquietante. Saggi che riscoprono e raccontano 147 città fondate durante il ventennio da Mussolini. La ragione per la quale sono state pensate, la fisionomia che hanno avuto, che hanno oggi. Corrado Augias
Ci sono due ragioni per cui dobbiamo rendere grazie al Duce per la bonifica delle paludi pontine. La prima è che dopo non l’avrebbe fatta nessuno. La seconda è Pennacchi. No bonifica, no Pennacchi. Una catastrofe epistemologica. Lucio Caracciolo
Un libro insolito, appassionante, da cui si imparano tante di quelle cose da farmelo segnalare con forza a quei lettori che cercano, nel libro d’un narratore, una verità, non solo formale ma anche antropologica. Massimo Onofri
Indice
Presentazione aggratis di Lucio Caracciolo - Premessa dell’autore - 1. La koinè dell’eucalyptus 2. Il campanile di Aprilia - 3. Carbonia hag - 4. Segezia (ma anche e di nuovo Aprilia, Pomezia, Fertilia, Borgo Appio e Borgo Domitio) - 5. Da Segezia a Borgo Mezzanone - 6. Borgo Cervaro e Borgo Giardinetto - 7. I rurali di Littoria - 8. Guidonia e Incoronata: masseria e massoneria - 9. Arsia (ma anche Pozzo Littorio e Torviscosa) - 10. I Borghi dell’Agro Pontino. Dalla bonifica fasciocomunista alle città nuove - 11. Da Borgo Riena a Borgo Recalmigi. Il fascismo come dittatura del proletariato - 12. Che cos’è una città di fondazione. Quante e quali sono – e quali no – le Città del Duce - Inventario delle nuove fondazioni in Italia a cavallo degli anni Trenta - Note - Referenze iconografiche - Indice dei nomi e dei luoghi - Storia del testo
Descrizione
La fine dell’Impero romano ci fu, eccome. E fu caratterizzata da una drastica flessione demografica, da un generale impoverimento, dalla perdita di quelle caratteristiche di vivibilità urbana, di cultura diffusa che avevano impresso un segno speciale alla civiltà romana. La fine dell’impero fu la fine, se non della, perlomeno di una civiltà. Al di là del tono brillante e qua e là della vis polemica, siamo dinanzi a un libro serio ed equilibrato che, non senza una punta di pessimismo, ci presenta la fine dell’età classica e dell’Impero romano. Franco Cardini
Un libro programmatico già dal titolo. La fine della civiltà romana fu cruenta, comportò sofferenza per i romani conquistati dai barbari, e un generalizzato cedimento del livello di civilizzazione. Ne scaturì una età oscura:Ward-Perkins rispolvera per l’alto medioevo questa espressione che non si leggeva da tempo. Marina Montesano, “il manifesto”
Nessuna precotta discussione sulle trasformazioni dell’impero, nel libro di Ward-Perkins. Al contrario è tutto violenza, orrore e cataclisma. Le sue argomentazioni hanno una qualità apocalittica. Tom Holland, “The Sunday Times”.
Indice
Prefazione all’edizione italiana - Premessa - I. Roma è mai caduta? - Parte prima La caduta di Roma - II. Gli orrori della guerra - III. Verso la disfatta - IV. La vita sotto i nuovi padroni - Parte seconda La fine di una civiltà - V. La scomparsa del benessere - VI. Perché la scomparsa del benessere? - VII. Morte di una civiltà? - VIII.Va tutto bene nel migliore dei mondi? - Appendice Dai cocci alle persone - Note - Bibliografia - Cronologia - Cartine - Fonti delle illustrazioni - Indice analitico