In breve
Storia e metodi della psicologia, rapporto tra cervello e comportamento, cosa sono e come si curano i disturbi psichici e comportamentali: una guida completa e articolata alla conoscenza della psicologia moderna, nella sua duplice, ma complementare, ramificazione in scienza dei processi cognitivi e scienza dei processi dinamici. Questa nuova edizione tiene conto dei più recenti sviluppi della ricerca psicologica in un’ottica interdisciplinare e offre un panorama articolato degli studi attuali. L’indice degli argomenti è stato arricchito dalla traduzione inglese di ciascun termine, così da facilitare la ricerca bibliografica nelle banche dati internazionali.
Indice
Avvertenza - I. Definizione di psicologia - II. Storia e metodi della psicologia - III. Il cervello e il comportamento - IV. I processi cognitivi - V. I processi dinamici - VI. I disturbi del comportamento e della mente - Bibliografia - Indice dei nomi - Indice degli argomenti
Nei sei anni compresi tra il trionfo degasperiano del 18 aprile 1948 e la sconfitta della 'legge truffa' del giugno 1953, Piero Calamandrei intensifica il suo impegno nel mensile "Il Ponte", riferimento culturale laico e terzaforzista alternativo sia alla Democrazia Cristiana sia al blocco social-comunista. La rivista vive la sua più densa stagione di studi su temi quali il federalismo europeo, le identità regionali, la riforma dello Stato, l'ammodernamento della giustizia, la questione femminile, la funzione dell'intellettuale, l'opposizione alla clericalizzazione delle istituzioni, le campagne contro la pena di morte e per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza al servizio militare. Il volume - articolato nelle sezioni Politica, Società e Cultura - fornisce un panorama significativo dell"altra Italia, delle potenzialità progettuali e della tensione morale di una generazione di intellettuali progressisti impegnata nel rafforzamento della democrazia. È un'essenziale antologia che, oltre agli scritti di Piero Calamandrei, include i più significativi contributi di intellettuali del calibro di Aldo Capitini, Riccardo Bauer, Norberto Bobbio, Guido Calogero, Nicola Chiaromonte, Luigi Einaudi, Vittorio Foa, Franco Fortini, Arturo Carlo Jemolo, Augusto Monti, Adriano Olivetti, Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini, Ignazio Silone, Leo Valiani, Ruggero Zangrandi. Il saggio introduttivo di Mimmo Franzinelli ricostruisce il metodo di lavoro di Piero Calamandrei.
«Si ricordi che qui lavoriamo coi secondi, capisce, coi secondi! Arrivederci, aggiunge.»
«Una rotazione completa del tamburo rotante della betoniera intorno al suo asse: su questa unità di tempo è tarato l’orologio degli umani e dei flussi relativi; o viceversa, in fondo la cosa ha poca importanza: animali, vegetali, persone, sentimenti, pensieri, ovvero merci e flussi di merci, e in definitiva tutto ciò che si muove in e per questo territorio, si regola sullo stesso metronomo, ‘lavora’ con gli stessi secondi, o meglio, nel caso umano, ne ha l’impressione; ma negli interstizi, nelle pieghe, nei bordi, negli spazi residui, abbandonati, ai margini, fuori dal flusso, un altro tempo lavora e così in ogni caso moriamo. Curioso: i luoghi in cui più intensamente se ne percepisce la presenza sono le fabbriche abbandonate. La prima impressione che si ricava, esplorando questi spazi, è che lì il tempo si sia improvvisamente fermato, ma naturalmente no, non è così, solo non scorre, non fluisce, soggiorna, abita il luogo, ne pervade l’atmosfera, si fa respirare, toccare, pensare, e nel mentre lavora, indifferente, con ostinata determinazione.»
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L’autore a chi legge - Periferia diffusa - Tristissimi giardini - Frammenti sulla vecchiaia - Rifacimenti - Centro - Assurdo teatro - La lingua, ovvero: l’amore che ho per loro - Note
Viaggiate il più possibile, approfittate delle borse di studio europee, accumulate esperienze all’estero, approfondite le conoscenze e aprite le menti. Gae Aulenti
Oggi per i giovani il problema non è di essere bamboccioni, ma di non fare la fine dei barboni. Andrea Camilleri
I giovani sono ancora curiosi della vita, chiedono e vogliono essere informati. Bisogna evitare che si facciano trascinare nel pessimismo. Dario Fo
A cosa servono i dottorati di ricerca se poi non ci sono sbocchi? Si devono creare le condizioni affinché i giovani riescano a trovare un posto di lavoro entro tempi che non siano ‘astronomici’. Margherita Hack
Bamboccioni? Io direi piuttosto che stiamo creando una generazione di viziati, incapaci di affrontare il mondo. Dacia Maraini
Voi, al contrario di noi, siete soli, disincantati, disinteressati a tutto. Sì, siete dei mammoni, proprio dei gran mammoni, se è questo che volete sapere. Mario Monicelli
«Come ogni velista impara sulla propria pelle, non è saggio lottare contro il vento: la strategia giusta è solitamente profittare della sua forza per farsi spingere. Con abilità nello sfruttare gli angoli di incidenza, con pazienza, e spesso con un po’ di fortuna, si naviga anche controvento. Sapendo che la planata di un windsurf può produrre un uragano all’altro capo del globo, e poche parole di un leader politico possono fare la differenza»: è uno degli esempi che Roberto Menotti utilizza per spiegare il nesso fra le relazioni internazionali e le teorie della fisica quantistica o i meccanismi dell’evoluzione. Perché le scienze hanno molto da dire all’arte della politica e sono sempre più utili per comprendere il nostro mondo, complesso, incerto e in parte imprevedibile.
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Premessa - 1. Le lezioni delle scienze naturali - 2. I «puzzle» irrisolti della politica internazionale - 3. Caos ed evoluzione all’opera: come risolvere i «puzzle» - 4. Prevedere l’imprevedibile: l’epilogo che non c’è - Bibliografia essenziale - Ringraziamenti - Indice dei nomi
Nella lunga crisi della grande filosofia seguita alla fine del sistema hegeliano, Heidegger ci ha restituito il senso di cosa significhi pensare in grande stile. Non solo per la grandezza e lo spessore della sua opera, venuta alla luce in tutta la sua imponenza. Non solo per l'acuta sensibilità che Heidegger ha mostrato nei confronti dei problemi fondamentali della nostra epoca: il venir meno della coscienza religiosa, la crisi dei valori tradizionali e la sfiducia nei confronti di una ragione solo strumentale, la fine dell'assoluto sulla terra e il chiudersi dell'orizzonte epocale della tecnica. Ma anche e soprattutto per il fatto che, con una radicalità che nessun altro dopo Hegel aveva osato, Heidegger ha saputo ripensare nel suo insieme l'accadere della filosofia occidentale, riproponendo come problema filosofico la questione dei fondamenti dell'epoca presente e della sua connessione essenziale con il pensiero greco. In quest'orizzonte, la presenza di Aristotele nel pensiero heideggeriano non è circoscrivibile nelle forme di una semplice interpretazione. Essa è piuttosto una presenza generalizzata che pervade tutta l'opera di Heidegger e che si configura nei termini di una forte assimilazione e di un confronto mediante cui il filosofo tedesco si è appropriato dell'ontologia e della filosofia pratica di Aristotele.
«Se una grande maggioranza di italiani è orgogliosa della propria italianità, considera un bene l’Unità d’Italia, e si identifica con la patria, allora è lecito concludere che lo stato di salute della nazione italiana appare buono, molto buono, anzi florido. Ma le cose stanno proprio così?»
Il mondo in cui viviamo è diviso in Stati nazionali. Ma l’Italia va controcorrente: alla vigilia del 150° anniversario dell’Unità, il nostro paese sembra afflitto da una grave crisi di sfiducia nella propria esistenza. Molti cittadini pensano che la nascita dello Stato unitario sia stato un errore e che una nazione italiana non sia mai esistita. E vorrebbero prendere un’altra strada; ma non sanno quale. In un mondo di Stati nazionali, gli italiani rischiano di vagare, litigiosi e divisi, verso un futuro incerto e senza meta. Emilio Gentile invita a riflettere su oltre un secolo di storia, per comprendere le ragioni di tanto smarrimento. E, con l’immaginazione, apre uno spiraglio al miracolo della speranza.
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Prefazione - I. Italia unita cento anni fa. 1911 - II. Italia unita cento anni dopo. 2011 - III. Nel mondo degli Stati nazionali - IV. Il Miracolo dello Stellone. 3111 - Nota dell’autore
«Parlare di città è come parlare del mondo quotidiano e dei nostri progetti. La città desiderata riflette, dà forma e voce alla vita che vogliamo o che aspettiamo che essa offra e consenta». In queste pagine, Giandomenico Amendola esamina dieci modelli: la città sostenibile, la città impresa, la città spettacolo, la città cosmopolita, la città alla carta, la città ubiqua, la città bella, la città sicura, la città amica, la città dei cittadini. Nessuna è perfetta, ma tutte assieme possono diventare le mille facce della metropoli del nuovo millennio e dare risposta alle domande e ai desideri della gente.
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1. La nuova domanda di città – 2. Dieci città – 3. La città sostenibile – 4. La città impresa – 5. La città spettacolo – 6. La città cosmopolita – 7. La città alla carta – 8. La città ubiqua – 9. La città bella – 10. La città sicura – 11. La città amica – 12. La città dei cittadini – Postilla - Note - Bibliografia
Nell'aprile del 1963 ai paesi e alle terre che erano stati a un passo dalla guerra atomica nella crisi di Cuba, un papa anziano e malato, Giovanni XXIII, indirizza la sua ultima enciclica, la Pacem in terris: la prima che si sia rivolta non solo ai cattolici, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Di questa enciclica, che fu uno dei principali contributi di papa Roncalli al suo concilio, conoscevamo il testo e la portata. In questo volume Alberto Melloni porta alla luce per la prima volta le discussioni che ne hanno accompagnato la redazione, le varianti proposte da coloro con cui il papa lavora a questo documento che prende posizione come mai era accaduto prima sulla dignità della coscienza, sulla distinzione fra movimenti e ideologie, sulla mentalità della ‘guerra giusta’. In una politica che ha alle spalle il muro di Berlino e davanti le tensioni che uccideranno Kennedy e destituiranno Chruščёv, la Pacem in terris interpreta il futuro senza moralismi e cambia il modo di sentire della chiesa e del mondo.
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1. L’11 aprile 1963... – 2. Sfondi – 3. Antefatti – 4. Proposte – 5. Pareri – 6. Explicit - Appendice: I. I documenti di lavoro - II. Sinossi delle redazioni a stampa - Indice dei nomi
Il caso Tobagi, le Brigate Rosse, il sequestro di Abu Omar, la ’ndrangheta al Nord: alcune delle inchieste più scottanti raccontate da un magistrato che le ha dirette in prima persona. È il momento di ripercorrere gli ultimi trent’anni di storia giudiziaria italiana e descrivere la tempesta che, tra ambiguità e silenzi, si sta abbattendo sulla nostra giustizia.
«Come è potuto accadere che a due pubblici ministeri, sino a quel momento oggetto di denunce sporte solo da mafiosi e terroristi da loro inquisiti, siano state attribuite condotte costituenti gravi reati dal presidente di un governo di centro-sinistra il cui programma elettorale prevedeva la strenua difesa della legalità? E, soprattutto, come è potuto accadere che due governi di diverso orientamento politico abbiano uno dopo l’altro apposto il segreto di Stato su notizie già universalmente note perché da tempo circolanti sul web? I fatti possono essere finalmente raccontati, in modo rispettoso tanto dei limiti di questo anomalo segreto di Stato, quanto dei diritti degli imputati». Parliamo della vicenda Abu Omar che, grazie all’indipendenza della magistratura italiana e all’obbligatorietà dell’azione penale, volute dai Costituenti e oggi seriamente a rischio, ha portato sul banco degli imputati, caso unico al mondo, appartenenti ai servizi segreti americani e italiani. Armando Spataro, che è stato protagonista dell’inchiesta insieme a Ferdinando Pomarici, la racconta in dettaglio. Come le altre importanti indagini svolte lungo 34 anni di attività professionale, da quelle sui brigatisti rossi e Prima Linea a quelle sulla ’ndrangheta trapiantata in Lombardia, per finire con il terrorismo internazionale. Una storia popolata di ricordi dolorosi e di facce ambigue, ma anche di passione civile e di persone amate.
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Un libro a sessant’anni? - I. Segreti e bugie - II. A Taranto - III. Imputato Curcio. La Procura di Alessandrini - IV. Il sequestro di Abu Omar/1: dal 17 febbraio 2003 all’incriminazione della Cia - V. Guido Galli e il codice in mano - VI. Il sequestro di Abu Omar/2: dall’incriminazione della Cia a quella del Sismi - VII. Il caso Tobagi - VIII. Il sequestro di Abu Omar/3: il governo Prodi e le prime reazioni all’indagine sul Sismi - IX. I falsi misteri di via Monte Nevoso - X. Il sequestro di Abu Omar/4: governi diversi, identiche scelte - XI. Gli arresti di Moretti e Segio, i pentiti e la fine degli anni di piombo - XII. Il sequestro di Abu Omar/5: il mondo vuole sapere - XIII. La mafia in Lombardia - XIV. Da Società civile al Movimento per la Giustizia - XV. Il sequestro di Abu Omar/6: le inchieste della Procura di Brescia - XVI. Il Consiglio superiore della magistratura - XVII. Il ritorno alla Procura di Milano e l’impegno civile - XVIII. Il sequestro di Abu Omar/7: segreti e conflitti - XIX. La lotta al terrorismo internazionale - XX. Secret Service - XXI. Il sequestro di Abu Omar/8: il dibattimento - XXII. Il disastro ambientale/1 - XXIII. Presidenti degli Stati Uniti d’America - XXIV. Il disastro ambientale/2: la giustizia non trova pace - XXV. Il sequestro di Abu Omar/9: la sentenza della Corte Costituzionale e la conclusione del dibattimento - XXVI. La fine della storia - Appendice - Indice dei nomi
L’invettiva di uno scienziato che si sente fuori dal coro
«Ogni ingerenza dottrinaria mette in pericolo la democrazia. Si possono tollerare gli insegnamenti di religione nelle scuole? Si possono tollerare le manifestazioni di liberalismo senza freni che avvelenano il mercato? Si può tollerare che il potere politico sia occupato da esponenti di partito privi di competenze adeguate? Non siamo arrivati forse a una produzione mediatica di consenso che conserva l’ignoranza e l’incultura come garanzie di subordinazione? Lo stato ha o no l’obbligo di promuovere la libera ricerca scientifica? Basterebbe studiare un po’ di storia per capire la capacità di innovazione positiva che hanno avuto nel mondo le scienze contemporanee e per capire come il livello di benessere che contraddistingue i paesi sviluppati dipenda dal loro essere scientificamente attivi. Se molta gente non si accorge nemmeno di essere in un sistema in cui l’acqua si preleva dal rubinetto di casa e non da un pozzo; e la luce si ottiene premendo un bottone; e il mal di testa scompare con una pillola, allora bisognerà rivedere che cos’è diventata la coscienza del mondo in questa parte della Terra».
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Parte prima: Prologo Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo? Recriminazioni autoironiche - 1. I guasti cominciano dalle parole - 2. La corruzione simbolica della realtà - 3. L’ingerenza dottrinaria della chiesa - 4. «O si pensa o si crede» - 5. Laicità, solitudine e morte - 6. Sulla travagliata storia della razionalità (semplificando q.b.) - 7. Educare «etsi deus non daretur» - 8. Contro la cultura dominante - 9. Qualunquismo mescolato ad autocannibalismo sociale - 10. L’inesorabile affermazione del «qualunquismo tacito» - 11. È possibile una democrazia senza competenze? - Epilogo - Parte seconda I TESTI: Sui rapporti tra religione, scienza ed etica - Sull’uso improprio del linguaggio proposizionale e sul superamento del senso comune - Sulla centralità del pensiero induttivo nella formazione delle idee - Bibliografia - Ringraziamenti
Bisogna avere orgoglio e umiltà insieme. È con la crisi della politica che dobbiamo misurarci. Dove va la sinistra se non riusciamo a ristabilire un rapporto nuovo tra politica e popolo?
Ho molto esitato prima di scrivere queste note. È acuta in me la consapevolezza della cesura tra il mio tempo e quello che stiamo vivendo. Sono in atto mutamenti profondi, fino a ieri impensabili, anche nella antropologia umana. Al centro di tutto c’è la crisi della democrazia moderna e il nuovo rapporto tra l’economia e la società. La sinistra non ha futuro se non esprime un nuovo umanesimo.
«Non ho la pretesa di scrivere la storia della sinistra e non voglio nascondere i suoi errori. Mi sembra giusto, però, dire ai giovani di oggi che non partono da zero. È bene che agiscano in modi molto diversi da noi, ma non è sul nulla che poggiano i piedi. Sappiano che la lotta che noi affrontammo nei decenni passati non può essere ridotta a uno scontro tra libertà e totalitarismo. In Italia, almeno, fu una lotta per la democrazia». È così, alla luce di questi pensieri, che Alfredo Reichlin ricorda le vicende della sua generazione. Dalla Resistenza alla ricostruzione, dalla svolta atlantica di Berlinguer allo sfaldamento del Pci, Reichlin racconta le sue esperienze come direttore de “l’Unità” nel ’56 e di segretario della federazione pugliese del Pci negli anni Sessanta, le discussioni accese sui movimenti del ’68 e del ’69, la nuova stagione della sinistra negli anni di D’Alema e di Prodi fino ad arrivare a oggi, alla critica netta al ‘riformismo’ dall’alto che contraddistingue l’attuale dirigenza del PD, sempre meno capace di ascoltare il paese. Con una speranza: che la società italiana ritrovi il ‘midollo del leone’, come Italo Calvino definì il nutrimento di una morale rigorosa e di una padronanza della storia.
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1. Il tempo lungo che ho vissuto - 2. Credevamo nella rivoluzione? - 3. Come eravamo - 4. In Puglia - 5. Fame di Italia vera - 6. Il «Corriere della Sera» del proletariato - 7. Un Paese diviso. DC e PCI - 8. Il ’68 e la rivoluzione conservatrice - 9. Il riformismo dall’alto e il nuovo Sovrano - 10. Enrico Berlinguer - 11. La crisi della democrazia - 12. Un nuovo umanesimo - Epilogo. Il midollo del leone - Indice dei nomi