Le ragioni di un ordine sociale giusto, capace di conciliare una vita degna di essere vissuta con le esigenze della collettività: la grande lezione del filosofo John Rawls.
John Rawls (1921-2002) è stato il più influente filosofo politico del nostro tempo. È stato uno dei pochi intellettuali contemporanei la cui opera, come quella di Freud e Darwin, è stata conosciuta al di là del suo campo scientifico, fino a far parte della cultura generale. Questo è il primo testo introduttivo sistematico all’opera del filosofo statunitense, con particolare attenzione ai suoi tre testi principali: Una teoria della giustizia, Liberalismo politico e Il diritto dei popoli. Sebastiano Maffettone conduce la sua analisi con tre ipotesi esegetiche: interpretativa, metodologica e teoretica. La prima investe il dibattito accademico su continuità-discontinuità riguardo ai due periodi in cui è generalmente divisa l’opera di Rawls (1940-1980 e 1980-2002). L’ipotesi metodologica propone un filo rosso attraverso cui si può leggere in maniera unitaria tutta l’opera dello studioso statunitense: è la celebre teoria della ‘priorità del giusto’ secondo cui il giusto (right) precede il buono (good) nel senso che in tutte le deliberazioni pratiche che riguardano la giustizia, i desideri e le preferenze, che definiscono ciò che è buono per le persone, devono essere subordinati alle richieste del giusto. Infine il livello teoretico affronta le teorie critiche sull’opera del filosofo.
Un racconto limpido e immediato del Novecento di uno dei maestri della storiografia italiana.
Dall’impatto delle grandi rivoluzioni del Novecento all’avvento della società di massa, dal peso del revisionismo storico alle dinamiche di costruzione delle nazioni, dalle culture politiche dell’età contemporanea alle fratture del lungo dopoguerra. In queste pagine Pietro Scoppola indaga i temi e le dinamiche della società contemporanea, tra avanzamenti e battute d’arresto, nuove conquiste e antichi limiti. Un’attenzione privilegiata è rivolta all’Italia repubblicana, ricca di eventi e di questioni ancora sul tappeto: le radici nella Resistenza e il progressivo inserimento nell’ordine bipolare della guerra fredda; il ruolo dei partiti di massa nella loro controversa evoluzione; la presenza della Chiesa e dei movimenti sociali. Sfilano in queste pagine i protagonisti del secolo scorso, da Gramsci a Togliatti, da De Gasperi, la Dc e la Santa Sede al Pcus e agli anni Ottanta di Bettino Craxi. «Ci sentiamo sollecitati a verificare nel passato le condizioni del processo che hanno condotto ai mutamenti attuali nel rapporto tra individui e politica. È in questo modo che i vecchi e i nuovi temi si saldano; perché la storia, in fondo, è la visione in cui tutto si tiene».
Lezioni sul Novecento è una preziosa riflessione sulle eredità che riceviamo ma anche una finestra sull’Italia di oggi e sulla lunga transizione dell’ultimo quindicennio, una prospettiva utile per comprendere cause, ragioni e opportunità con la passione di chi non rinuncia a interpretare la complessità del presente.
Difesa, Errore, Garantismo, Intercettazioni, Prescrizione: sono alcune delle voci di un alfabeto particolare. Scritto da chi, con queste parole, ci lavora ogni giorno.
Che cos’è concretamente la giustizia e come funziona? Molti degli strumenti normativi o dei concetti chiave che la animano sono in questi anni al centro del dibattito pubblico, ma non sempre le ‘parole’ usate sono comprese correttamente. Una per tutte: ‘prescrizione’. Accade che tale termine (indicativo della estinzione di un reato per decorso del tempo) venga sempre più spesso considerato sinonimo di ‘assoluzione’ (cioè di esclusione della responsabilità o, addirittura, del reato) e che su questa confusione si giochino le aperture dei telegiornali di maggior ascolto e il compiacimento di politici di primo piano, finalmente appagati nel vedere giudizialmente certificata la propria illibatezza. Il peso della parola deformata è, in questo caso, decisivo. La parola a questo punto la prendono 16 magistrati per spiegare come funziona la giustizia in Italia, quali i fondamenti teorici a cui si rifanno molte norme e provvedimenti, quale è l’armamentario degli strumenti messo a punto, nel tempo, per ottenere risultati e perseguire i reati.
Questo volume disegna un ponte tra l’antico regime e la modernità: il lungo Ottocento, il periodo tra le rivoluzioni (americana e francese) e la prima guerra mondiale. È il luogo di formazione delle nostre idee e del nostro mondo, di cui però non va nascosto il carattere antico, in cui vanno riconosciute tutte le incrostazioni di una storia secolare. La scintilla dell’industrializzazione genera soggetti sociali nuovi, anche se al centro della scena rimangono protagonisti che poco hanno a che fare con essa: aristocratici, proprietari fondiari, professionisti, contadini, artigiani. Si affermano le idee di libertà, democrazia, diritti individuali, ma persistono imperi antichi e se ne formano di nuovi. Nel momento in cui l’eguaglianza viene posta a fondamento della vita collettiva, viene con altrettanta forza giustificata l’ineguaglianza, a tutela delle gerarchie che regolano il funzionamento della società. Prospettive diverse, in apparenza incompatibili, si sovrappongono formando un mix complesso che tocca ancora al nostro tempo sciogliere.
Un’inchiesta su una vicenda drammatica ed esemplare. Chi decide che cosa fare e come, quando in gioco è il disegno di una città, bene pubblico per eccellenza?
6 aprile 2009, un terremoto colpisce L’Aquila e una cinquantina di comuni della provincia. Muoiono 308 persone. Per la prima volta nella storia recente delle catastrofi italiane, un sisma investe una città capoluogo, con settantamila abitanti e un centro storico molto esteso (160 ettari) e ancora vitale, che ospitava le principali funzioni cittadine (politiche, amministrative, giudiziarie, economiche) oltre a un’università con venticinquemila studenti, seimila dei quali residenti. Francesco Erbani racconta storie, dà voce a molti protagonisti, indaga su vicende note e meno note, dà conto delle inchieste giudiziarie, scava sotto la superficie della cronaca, analizza i meccanismi dell’informazione, esamina criticamente il periodo dell’emergenza e, soprattutto, le scelte proposte per la ricostruzione e i modi in cui questa si sta attuando. Attraverso la raccolta di dati e le interpretazioni di alcuni esperti, l’inchiesta di Francesco Erbani risponde ad alcune domande che vanno al di là della vicenda specifica e investono il senso della rappresentanza politica. Quanto gli insediamenti provvisori prefigurano la forma che la città assumerà nel futuro? Quali saranno i costi, economici e umani, di una polverizzazione urbana così accentuata, per nulla mitigata da un centro storico ridotto a un fantasma? Quale è la prospettiva per una città che teme di perdere le caratteristiche di urbanità e diventare un aggregato edilizio, una non-città? La costruzione di new town ha funzionato? In che modo la vicenda aquilana si è intrecciata con lo scandalo della Protezione civile? La ricostruzione è solo una faccenda edilizia?
Se non ci sono più le frontiere, quale mondo si sta formando o si è già formato? Se si dischiude lo spazio di potere mondiale al di là delle vecchie categorie di ‘nazionale’ e ‘internazionale’, forse il futuro dell’umanità si apre di colpo. Il nuovo libro di uno dei maggiori sociologi europei.
Sempre più individui commerciano su scala internazionale, hanno un lavoro internazionale e amori internazionali, si sposano, vivono, viaggiano, consumano, cucinano in una dimensione internazionale, i loro figli vengono educati in un contesto internazionale, cioè plurilingue, e nel ‘nessun-luogo’ generalizzato della televisione e di Internet. Sta prendendo forma una nuova politica delle frontiere, un intreccio di mancanza di confini, vecchie e nuove dinamiche, che però devono essere comprese non più in termini nazionali, bensì in chiave transnazionale, entro il quadro di riferimento di una politica interna mondiale. Dobbiamo avere l’intelligenza di staccarci dalla fissazione su ciò che ci è familiare e immediatamente vicino e accettare che le esistenze divise in più luoghi, la mobilità permanente, il numero crescente di persone con doppi passaporti, sono già una realtà imprescindibile. Se la globalizzazione è fatta dai potenti contro i poveri, l’immaginazione cosmopolita rappresenta l’interesse universale dell’umanità per se stessa. «Ciò a cui mi riferisco sono i valori della pluralità riconosciuta e vissuta, che pervadono tutte le istituzioni sociali e i contesti storici. È il tentativo di ripensare l’interdipendenza e la reciprocità al di là dell’arroganza nazionale, nello spirito di un realismo cosmopolitico che apre e affina lo sguardo sulle reti ‘glocali’ in cui viviamo e agiamo».
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Premessa Il successo del populismo di destra in Europa - Prefazione - I. Introduzione. Nuova Teoria Critica da un punto di vista cosmopolitico - II. Critica dell’ottica nazionale - III. Politica interna mondiale che cambia le regole: economia, politica e società senza frontiere - IV. Potere e contropotere nell’era globale: strategie del capitale - V. Strategie dello Stato tra rinazionalizzazione e transnazionalizzazione - VI. Strategie dei movimenti della società civile - VII. Chi vince? Il mutamento del concetto e della forma dello Stato e della politica nella seconda modernità - VIII. Piccola orazione funebre sulla culla dell’era cosmopolitica - Note - Riferimenti bibliografici
«Se la gente va alle urne non imbraccia il fucile. Sono giunto alla conclusione che questa convinzione rassicurante sia una illusione.» Il nuovo libro di Paul Collier sul rapporto che lega violenza politica e povertà negli Stati in via di sviluppo.
Nelle società dell’ultimo miliardo la democrazia ha fatto aumentare la violenza politica invece di ridurla. Per quanto riguarda l’Africa, l’unica regione i cui dati complessivi sono disponibili, dal 1945 a oggi, 82 sono stati i colpi di Stato riusciti, 109 i tentativi falliti e 145 i complotti sventati sul nascere. Un altro dato: nei 58 paesi a basso reddito che Collier prende in esame, 9 miliardi di dollari vengono spesi in armi, il 40% dei quali è finanziato dagli aiuti per la cooperazione della comunità internazionale. Eppure molti di questi paesi non sono più coinvolti in guerre civili o di confine e negli ultimi decenni hanno avuto libere elezioni. Allora perché? Perché sono paesi i cui governi sono solo apparentemente democratici e non garantiscono né i diritti basilari né le libertà delle persone. «La ragione pura e semplice per cui nei paesi dell’ultimo miliardo gli effetti della responsabilità e della legittimità della democrazia non fanno diminuire il rischio di violenza politica è che in quelle società la democrazia non è né responsabile né legittima.» Questa la cattiva notizia. La buona è che ci troviamo di fronte a una situazione drammatica soltanto perché non siamo stati in grado di gestirla con competenza.
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Introduzione La democrazia nelle zone di pericolo - Parte prima: Negare la realtà: la «demopazzia» - 1. Elezioni e violenza - 2. La politica etnica - 3. Nel calderone: l’assetto postbellico - Parte seconda: Affrontare la realtà: un lavoro sporco, brutale e lungo - 4. Le armi: soffiare sul fuoco - 5. La guerra: l’economia politica della distruzione - 6. Il colpo di Stato: un missile non guidato - 7. La disintegrazione della Costa d’Avorio - Parte terza: Cambiare la realtà: responsabilità e sicurezza - 8. Costruire lo Stato, costruire la nazione - 9. Meglio morti che sazi? - 10. Cambiare la realtà - Ringraziamenti - Appendice L’ultimo miliardo - Bibliografia essenziale - Indice dei nomi e delle cose notevoli
Sappiamo ancora parlare la nostra lingua? Se non lo facciamo è responsabilità degli insegnanti o di un cambiamento culturale profondo? Quanto conta ancora l’ora di italiano? L’opinione di un linguista di eccellenza su un tema che riguarda tutti.
Il professore di lettere si trova oggi tra due fuochi. Da un lato le polemiche, di grande risonanza mediatica, sulla scarsa preparazione dei ragazzi non soltanto rispetto all’ortografia e alla sintassi, ma anche sulla padronanza di quel lessico un po’ più alto (velleitario, dirimere, faceto...) che può capitare di incontrare anche solo leggendo l’editoriale di un quotidiano; dall’altro, dopo decenni, il primato umanistico ha subito un complessivo ridimensionamento a favore delle materie scientifiche. L’italiano resta comunque l’asse portante di qualsiasi progetto didattico: sono in gioco la capacità di capire quel che si legge, di articolare un discorso efficace, di imparare il gusto della lettura e di accostarsi al patrimonio dei classici. Alla luce di una lunga esperienza e di una grande sensibilità didattica, Luca Serianni, tra i ‘saggi’ incaricati della supervisione dei nuovi programmi che entreranno in vigore nel settembre 2010, riflette a tutto campo sullo stato dell’italiano a scuola, guardando anche al latino, il tradizionale asse portante della cultura umanistica dall’Unità a oggi. Non si tratta di mettere sotto accusa qualcuno, men che meno gli insegnanti alle prese con un lavoro che viene scelto quasi sempre per vocazione ma deve fare i conti, oltre che con le ristrettezze di bilancio, con un precario riconoscimento sociale; si tratta di proporre riflessioni e suggerimenti operativi che rendano più efficace l’attività didattica, senza restare, per inerzia o per semplice omaggio alla tradizione, nel solco delle abitudini acquisite.
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Premessa - 1. Le due culture - 2. Scienze e lettere nella scuola - 3. Il latino sul banco degli imputati - 4. L’ora d’italiano: di tutto, di più - 5. Scrivere, esprimersi, argomentare - 6. La grammatica - 7. L’arricchimento lessicale - 8. La letteratura a scuola: alcuni spunti didattici - 9. Perche insegnare i classici (e come) - Nota bibliografica - Indice dei nomi e delle cose notevoli
Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento nasce una forma letteraria nuova che si impone come il canone contemporaneo: il romanzo. La sua invenzione coincide con il passaggio dalla lettura orale e collettiva a quella silenziosa e individuale. E trasforma il nostro modo di pensare la realtà: da quel momento il racconto diventa lo stesso universo mentale degli uomini occidentali. La storia di una trasformazione essenziale per la nostra civiltà che coinvolge tutti i lettori di romanzi ma non solo.
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I. Leggere - II. La lettura ha una storia - III. I racconti e la voce - IV. Il romanzo inventato - V. Forma simbolica - Note - Ringraziamenti - Indice dei nomi
È possibile abitare il mondo senza fughe in un’improbabile trascendenza, e senza deliri d’onnipotenza? La fortezza, la temperanza, il coraggio, in breve tutte quelle che un tempo si chiamavano virtù, esistono ancora? Sembrano dimenticate. Ma in una società mobile, complessa, frammentata, in un mondo dove orientarsi non è facile, si sente il bisogno di darsi un’identità, d’instaurare rapporti giusti e fecondi con gli altri, si sente il bisogno di concedere e ricevere fiducia. Per questo le virtù riaffiorano e, anche quando il bisogno non è dichiarato, se ne sente tuttavia la mancanza.
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I. Vita mortale, morte immortale - II. Cura di sé ed estetica dell’esistenza - III. La pratica delle virtù nel tempo presente - IV. Virtù personali, destini comuni - Note
L'estetica dovrebbe tornare al suo significato originario di teoria della conoscenza sensibile, che riguarda la qualità della nostra percezione e, quindi, la nostra vita quotidiana. Più che una teoria del giudizio sull'arte, per Tonino Griffero la nuova estetica sarà una indagine sulla 'prima impressione' che si ha del mondo esterno. Da qui ne discende la descrizione fenomenologica delle 'atmosfere', ossia di quelle qualità emotive irradiate dagli ambienti e dalle cose. Con 'atmosfera' finora ci si è riferiti soltanto, e in modo vago, alla qualità di un incontro tra persone, alla situazione o al 'clima' politico, all'aria che si respira in un certo ambiente architettonico, interno o esterno, all'aspetto caratteristico di un paesaggio, alla tonalità emotiva associata a un messaggio pubblicitario o evocata da una messa in scena teatrale o da un film ecc. Una filosofia delle atmosfere intende invece dare sistematicità a questa variopinta semantica 'meteorologica', anche per capire l'azione esercitata dalle atmosfere sulla nostra affettività e sulla connessa dinamica corporea, sul nostro stato d'animo e, di conseguenza, sui nostri comportamenti e valutazioni, più di quanto siamo di solito disposti ad ammettere, fornendo così l'occasione per lo sviluppo di un inedito e fecondo campo d'indagine multidisciplinare.
Con curata profondità di analisi e chiarezza di tesi, Manlio Graziano dipana davanti ai nostri occhi una vera e propria strategia della Chiesa destinata a radicare e approfondire il suo irradiamento nel mondo. Storico di formazione, attento alle fonti e alla loro interpretazione, ai nessi logici e temporali, con piglio geopolitico Graziano espone i caratteri e i problemi propri della strategia di nuova evangelizzazione in specifici contesti spaziali. Tutto il volume è costruito intorno a un ragionamento esplicito sui modi in cui la Chiesa cattolica cerca di adattarsi alle dinamiche del mondo, tenendo alto l’obiettivo di «conformare le nostre società al Vangelo, e non conformare il Vangelo alle nostre società». Lucio Caracciolo
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Prefazione Quanto universale è la Chiesa universale? di Lucio Caracciolo - 1. Statistica e criteri di Dio - 2. Le nuove vocazioni - 3. Il tempo del Concilio - 4. La desecolarizzazione del mondo - 5. Il pessimismo pragmatico - 6. La Grande Guerra - 7. La teologia della storia - 8. Europeismo, internazionalizzazione, romanizzazione - 9. La bomba demografica - 10. Il laboratorio italiano - 11. Da Cartesio alla Shoah - 12. L’etica dei doveri - 13. Il modello americano - 14. La santa alleanza - 15. Fino agli estremi confini - 16. La cattolicizzazione della modernità - Conclusione Il secolo cattolico - Appendice di grafici - Bibliografia - Indice dei nomi