La semiotica si è tradizionalmente occupata di segni e, in particolar modo, di segni verbali (testi letterari innanzi tutto). Col passare degli anni ha poi ampliato il suo interesse anche verso i linguaggi non verbali (pittura, musica, danza), fino ad arrivare ai linguaggi mediatici di oggi: tv, cinema, nuovi media. Man mano che il campo semiotico si è allargato, l'attenzione si è progressivamente spostata dai segni ai testi, fino alla cultura in senso lato ed è proprio sulla cultura che oggi molta semiotica riflette. Si è infatti imposta la consapevolezza che non solo ogni fenomeno di senso va compreso sullo sfondo del suo tessuto culturale globale, ma - anche a seguito del multiculturalismo della nostra società - ci si è progressivamente resi conto di quanto ogni cultura sia un universo di senso a sé, con i suoi codici, le sue regole, i suoi testi fondativi, i suoi riti, e come tale sia più o meno disponibile alla traduzione e al dialogo.
Una grotta, un cranio, una iena, più Pennacchi.
Ma non è un po' strano che una iena all'improvviso, dopo migliaia e migliaia d'anni che s'è portata solo carcasse d'animali nella sua tana, un giorno finalmente si porti a casa un cranio umano, gli allarghi il foro occipitale per mangiarsi il cervello esattamente come fanno anche i cannibali (e fin qua non ci sarebbe ancora niente da ridire), ma poi ci costruisca un cerchio di pietre attorno, ci lasci cadere il cranio dentro ed in quel preciso e stesso istante scatti una frana che chiude la grotta e venga giù tutto il monte Circeo come neanche nell'Isola misteriosa di Giulio Verne? E chi era, Capitan Nemo quella iena?
Dice: «Vabbe', ma c'era proprio bisogno di farci duecento pagine di libro, di andare a scomodare i vivi e i morti, di partire da Adamo ed Eva e dalla lunga notte del fascismo, per raccontarci poi in quattro e quattr'otto che anche il federale Finestra da ragazzo è andato in bicicletta a Grotta Guattari, s'è infilato lì dentro e ci ha visto il cranio ben prima che arrivasse Blanc?».
Sì che ce n'era bisogno. Se no non mi credevi.
a.p.
Alla scoperta delle residenze, espressioni di ricchezza e potenza, nel cuore della Roma antica, dove si decidevano i destini del mondo.
Nell'antichità le azioni politiche sono spesso pensate dentro le mura domestiche, per essere poi inscenate e attuate all'aperto, nella pubblica piazza. A Roma è nelle case che le amicizie dei potenti si trasformano in inimicizie, che i nemici diventano alleati, che si tessono trame matrimoniali, che si organizzano esibizioni di prestigio e che si manovrano bande. Nelle pause della vita politica si va a riposare nell'ozio senza freni, lussuoso e colto dei parchi con residenze spaziose (horti), disposti intorno al centro storico chiuso nelle mura di Servio Tullio; oppure meglio ancora nelle ville, in campagna e al mare. Ma è nella zona tra il Palatino e il colle Oppio, a ridosso del Foro, che risiede l'aristocrazia. È questa la Roma prestigiosa, ricca di storia, vicina ai luoghi istituzionali e tuttavia appartata, piena di sale ben frequentate e di mercati di lusso.
Andrea Carandini entra in queste case del potere, nei grandi atri per il ricevimento, nei peristili alla greca affollati di opere d'arte, negli stretti cubicoli con pitture a trompe l'oeil e nelle sale da pranzo con pavimenti a intarsi di marmi colorati, e di questo cuore di Roma descrive consuetudini e stramberie tra la tarda Repubblica e Nerone (210 a.C.-64 d.C.), quando la casa diventa simbolo dello status sociale ed economico, manifestazione della personalità carismatica del proprietario, riflesso della sua ambizione sfrenata, del suo delirio.
Una delle più affascinanti avventure intellettuali e scientifiche a cavallo del XX e XXI secolo: così si può definire il percorso delle scienze cognitive per comprendere la mente, umana e animale. Lo scopo è scoprire come funziona un qualsiasi sistema, naturale o artificiale, che sia in grado di filtrare e ricevere informazioni dall'ambiente circostante, di rielaborarle creandone di nuove, di archiviarle e cancellarle, di comunicarle ad altri, di prendere decisioni e agire nel mondo adattandosi ai suoi cambiamenti.
In questa nuova edizione, Paolo Legrenzi si spinge fino in territori apparentemente lontani dalla materia come le recenti crisi finanziarie, svelando curiosi meccanismi della mente.
«Di là, a traverso le lenti di un gran cannocchiale, io vidi per la prima volta sventolare il vessillo italiano, sugli spalti della Fortezza di Belvedere, là in faccia. L'antenna era circondata da soldati plaudenti che agitavano freneticamente i loro berretti. Erano berretti rossi, e quei soldati avevano pure i pantaloni rossi: come li vedo ancora!... Non ridete, pacifici lettori di oggi, ma la commozione di quel momento si ripercuote ancora nel mio vecchio cuore, quando torno col pensiero a quella vista. Non ridete: perché voltando il cannocchiale verso l'antica torre della mia casa e vedendovi inastata un'altra bandiera tricolore, mi trovai il viso inondato di lacrime»: con queste parole Matilde Gioli Bartolommei ricorda il giorno in cui scoppia l'insurrezione in Toscana, quel 27 aprile 1859. È una pagina di un suo scritto, una delle testimonianze di donne e uomini molto spesso sconosciuti che insieme a Mazzini, d'Azeglio, Garibaldi o Cavour, hanno fatto la storia dell'Unità d'Italia.
Questo volume, pensato come un'introduzione complessiva al mondo culturale, sociale e politico risorgimentale, mette il lettore in contatto diretto, senza filtri retorici o revisionismi, con i testi e i documenti più noti insieme alle nuove fonti utilizzate dalla più recente storiografia. Da quelle letterarie, così importanti nell'animare le idealità risorgimentali, a quelle private, capaci di gettar luce sugli entusiasmi e sulle incertezze, sulle grandezze e sulle fragilità dei singoli partecipanti; da quelle che consentono di ricollocare nella scena del Risorgimento anche le donne che faticosamente cercavano di conquistarsi un loro spazio, fino a quelle iconografiche.
L'intervista qualitativa si pone l'obiettivo di rilevare dati e notizie interrogando le persone scelte come target e restituire il mondo descritto attraverso gli occhi dell'intervistato. Per questo è un fondamentale metodo di raccolta di informazioni nelle diverse discipline che studiano la politica e la convivenza sociale. Nonostante questa sua rilevanza vi è tuttavia carenza di 'manuali d'uso' capaci di guidare le principali decisioni legate alla sua utilizzazione. Costruito sulla base di esperienze di insegnamento e di un'ampia pratica di ricerca con diverse tipologie di interviste qualitative, il volume intende colmare questo vuoto, discutendo le scelte metodologiche relative alle diverse tappe della ricerca svolta con questo metodo. Sono sottolineate le specificità, sia di approccio che di risultati, della ricerca qualitativa rispetto a quella quantitativa, ma anche le diverse caratteristiche dei diversi tipi di interviste qualitative, con particolare attenzione alle cosiddette 'interviste in profondità', 'storie di vita' e 'focus groups'. A partire da ricerche empiriche condotte dall'autrice, sono illustrate le diverse opzioni relative all'uso delle teorie, la costruzione del questionario, la scelta del campione, il reclutamento degli intervistati, la conduzione della ricerca, l'analisi dei risultati e la loro presentazione.
I saggi raccolti in questo volume delineano il percorso intellettuale attraverso il quale Rosario Villari ha contribuito, con opere fondamentali come La rivolta antispagnola a Napoli e Elogio della dissimulazione, a una nuova ricostruzione della storia d'Italia tra XVI e XVII secolo.
Il filo conduttore è la convinzione che, nel confronto con la maggiore potenza del mondo, il popolo italiano non fu allora passivo, come un diffuso luogo comune sostiene, e che la collaborazione critica e i movimenti di opposizione e di riforma coinvolsero ampi strati della società.
L'influenza dell'opera di Rosario Villari sulla visione generale della storia europea è ampiamente riconosciuta. Lo studioso americano Eric Cochrane ha paragonato il suo racconto di alcuni momenti storici alle più belle pagine di Guicciardini.
«Da più di mezzo secolo – ha scritto John H. Elliott, professore emerito di Storia moderna a Oxford – Rosario Villari è un'importante presenza nel rinnovamento della storia europea della prima età moderna e merita la nostra gratitudine».
Un panorama agile e sintetico, ma esauriente e rigoroso, della storia degli Stati Uniti dalle origini ai giorni nostri, con particolare attenzione agli ultimi avvenimenti i cui sviluppi, ancora incerti, non potranno prescindere dai fondamenti ideologici, sociali, economici e politici frutto di un travagliato percorso storico. Oliviero Bergamini insegna Storia dell'America del Nord e Storia del giornalismo presso l'Università degli Studi di Bergamo.
Cheli e Barbujani non intendono fare una predica contro il razzismo: non potrebbero con il loro modo di scrivere, agile e pungente, e con la cura nel dare informazioni. Il loro è una specie di manuale, che indica modi effettivi per curarsi dal ‘razzismo naturale'. Prima di tutto non andare in cerca di giustificazioni teoriche e comprendere perché il razzismo possa annidarsi anche dove uno meno se lo aspetta.
Carlo Augusto Viano
Questo è un bel libro, molto lucido e per niente ideologico, in cui un giornalista e un genetista e romanziere mettono insieme un vero catalogo di razzismi: quelli espliciti e quelli impliciti. Wlodek Goldkorn, "L'espresso"
Un titolo felice per un agile saggio la cui lettura gioverebbe a tanti. Gli autori smontano gli alibi pseudoscientifici che coprono atteggiamenti di intolleranza manifesta, ma anche pregiudizi e luoghi comuni sugli ‘altri', chiunque essi siano. Chi vuole può continuare a essere razzista, ma in malafede.
"Panorama"
Cheli e Barbujani ci ricordano che l'umanità è fatta sì di gente diversa, ma che nessuna delle differenze che ci inquietano ha origini genetiche note.
Stella Pende, "Donna Moderna"
«Non appena in Occidente si sparse la voce della prossima uscita della flotta turca, papa Pio V decise che quella era l'occasione buona per realizzare un progetto che sognava da tempo: l'unione delle potenze cristiane per affrontare gli infedeli in mare con forze schiaccianti, e mettere fine una volta per tutte alla minaccia che gravava sulla Cristianità. Quando divenne sempre più evidente che la tempesta era destinata a scaricarsi su Cipro, il vecchio inquisitore divenuto pontefice, persecutore accanito di ebrei ed eretici, volle affrettare i tempi.»
È la primavera del 1570. Un anno e mezzo dopo, il 7 ottobre 1571, l'Europa cristiana infligge ai turchi una sconfitta catastrofica. Ma la vera vittoria cattolica non si celebra sul campo di battaglia né si misura in terre conquistate. L'importanza di Lepanto è nel suo enorme impatto emotivo quando, in un profluvio di instant books, relazioni, memorie, orazioni, poesie e incisioni, la sua fama travolge ogni angolo d'Europa.
Questo libro non è l'ennesima storia di quella giornata. È uno straordinario arazzo dell'anno e mezzo che la precedette. La sua trama è fatta degli umori, gli intrecci diplomatici, le canzoni cantate dagli eserciti, i pregiudizi che alimentavano entrambi i fronti, la tecnologia della guerra, di cosa pensavano i turchi dei cristiani e viceversa. Per tessere i suoi fili ci sono volute la prosa appassionante e la maestria rara di Alessandro Barbero.
Se il lavoro vale meno economicamente e come collante sociale, anche la sinistra politica e le rappresentanze sindacali hanno le loro responsabilità e insieme, forse, l'onere della ricostruzione. Tornare a riconoscere il valore sociale del lavoro è la prima missione di una classe politica che sappia davvero interpretare la novità del XXI secolo, e ricostruirne il valore economico è il progetto più moderno del quale possa dotarsi.
Corsaro per l'indipendenza, generale per la libertà, difensore della Repubblica romana, combattente della guerra d'indipendenza, liberatore del Regno delle due Sicilie, capo delle spedizioni per strappare Roma al governo del pontefice, soccorritore della Repubblica francese e poi deputato, agricoltore e simpatizzante per le prime lotte d'emancipazione dei lavoratori. Per mare e per terra, le imprese dell'eroe dei due mondi, un mito che sembra legare gli italiani nel tempo.
«Se possiamo sentirci solidali gli uni agli altri e amici di tutti gli abitanti del mondo; se possiamo riconoscere nel nostro vicino noi stessi, e per questo essergliene grati, lo dobbiamo a uomini che, come Giuseppe Garibaldi, hanno onorato la loro patria e, con essa, l'intera umanità.»