Il mio giornalaio è pakistano, il mio lavasecco è persiano, il mio medico di famiglia è italiano, il dentista è brasiliano, il veterinario è spagnolo, l'imbianchino è polacco, l'elettricista serbo, il fruttivendolo indiano, il meccanico dell'auto è bulgaro, la domestica lettone, il portinaio sudafricano, il parcheggiatore libanese, il custode della scuola di mio figlio è israeliano, l'impiegata della banca che mi sorride sempre è del Bangladesh, il barista che mi fa il cappuccino è ungherese, il mio barbiere è una francese, il commesso del noleggio di dvd è turco, il tecnico del computer è russo e il mio tassista di fiducia è dello Sri Lanka. Mi fermo, ma potrei continuare per un pezzo: vivo a Londra da oltre sette anni e a volte mi domando dove sono gli inglesi. 8 milioni di abitanti, 3 milioni di stranieri, 130 mila italiani, 300 lingue, 183 sinagoghe, 130 moschee, 13.000 ristoranti, 6.000 pub, 600 cinema, 400 teatri, 300 nightclub, 150 casinò, 18.000 taxi, 275 stazioni del metrò, 649 linee di autobus, 8 stazioni ferroviarie, 5 aeroporti, 5 squadre di calcio della Premier League, tutte le religioni della terra, 1 regina, 2 eredi al trono, una nuova principessa, Londra Babilonia...
Sono possibili i viaggi nel tempo? Molti libri e molti film ci raccontano di storie in cui personaggi dal futuro giungono nel passato con l'intenzione di cambiarlo o, viceversa, di avventurieri che attraversano i secoli verso futuri sconosciuti. Ma se il futuro non è già determinato, e ci sono tante possibili continuazioni del presente, in quale di esse finirà il viaggiatore? D'altro canto, se il passato è chiuso e dato una volta per tutte, è davvero possibile che il viaggiatore possa tornare ad alterarlo? Che conseguenze ci sarebbero allora sul presente?
Il libro mira a fornire gli strumenti concettuali necessari per affrontare la sfida, difficile ma emozionante, lanciata da tali questioni. Le teorie, i rompicapi e gli esperimenti mentali elaborati dalla filosofia a partire da interrogativi come questi, infatti, si rivelano essenziali per capire cosa la scienza, e in particolare la fisica, ci può dire sulla possibilità di viaggiare nel tempo.
In un mondo in cui tutto ha un prezzo che sale e che scende senza che ne sia chiaro fino in fondo il motivo, abbiamo bisogno di capire cosa succede alla nostra mente quando ha a che fare con i soldi.
Un breviario divertente e ben scritto di educazione finanziaria.
«Ho l'impressione che il mio stipendio si stia assottigliando.» «La decisione su questo mutuo mi dà l'ansia.» «Questa vacanza è costata troppo o sono io che sono di cattivo umore?»
È difficile capire cosa succede quando la nostra mente ha a che fare con i soldi, i risparmi, gli investimenti, gli alti e i bassi della vita, le perdite e i guadagni. Anche se siamo persone ben istruite, razionali, responsabili, non riusciamo magari a fidarci di una scienza come l'economia, che ha vari secoli di storia ma ha sempre avuto poco a che fare con le emozioni e i modi di pensare delle persone.
Per questo, al momento di investire i nostri risparmi o di capire se fare un mutuo e comprare una casa oppure stare in affitto, finiamo sempre per rivolgerci a un esperto, a un consulente finanziario, a qualcuno che pensiamo ne sappia più di noi.
Paolo Legrenzi ci invita a rovesciare completamente questo nostro atteggiamento, a prendere confidenza con l'economia e a diventare capaci di gestire gli aspetti economici della nostra vita quotidiana. Un buon modo per farlo, suggerisce Legrenzi, è applicare la psicologia alle scelte finanziarie ed economiche e capire così che è tutto molto più semplice di quel che sembra.
"È la realtà, la sfida più eccitante per un autore che oggi sceglie di girare un documentario: in un mondo di Avatar e Second Life, di realtà artificiose e rassicuranti cui si assiste dal buco della serratura o seduti al computer, il volgere lo sguardo alla miriade di storie vere che ancora restano da raccontare è un atto di coraggio creativo di non poco conto. Per fortuna, questo coraggio oggi ce l'hanno ancora in molti." Alessandro Bignami segue le tracce di chi ancora oggi in Italia mette insieme storie attraverso le immagini, descrive il panorama nazionale che ha visto negli ultimi anni riemergere un genere e rifiorire opere interessanti nonostante la mancanza di fondi e la difficoltà nella produzione e nella diffusione. L'intento è di spiegare, anche mediante alcune esperienze, come si fa cinema documentarista nel nostro paese. Un manuale pratico per chi si accosta per la prima volta al documentario, un aiuto a orientarsi nel mare aperto della realizzazione della propria opera, messa in pericolo da difficoltà costanti. Nell'ultima parte, l'autore intervista sullo stato dell'arte nel nostro paese chi ce l'ha fatta, i giovani registi Sergio Basso, Martina Parenti, Massimo D'Anolfi e Pietro Marcelle.
Il Novecento fa discutere. La sua eredità è controversa. la sua memoria divisa. Dal regicidio alla Grande Guerra, dal delitto Matteotti all'8 settembre, dal miracolo economico alla contestazione, al terrorismo, al maxiprocesso e a Tangentopoli il corso della storia ha accelerato il passo, impresso svolte, segnato l'identità del nostro paese in un vortice di eventi che ci riguarda tutti da vicino.
Nella partita contro il bene, il male parte sempre in vantaggio grazie all'antica confidenza con la fragilità dell'uomo. Chi vuole annullare quel vantaggio deve riconoscersi in quella debolezza, invece di presidiare cattedre morali sempre più inascoltate.
Senza un'élite competente e coraggiosa la politica muore. Ma questa spinta morale deve sapersi confrontare con la maggioranza degli uomini, misurarsi con la loro imperfezione, deve diventare politica. Come dimostra la figura del Grande Inquisitore, il male è un lucido conoscitore degli uomini e fonda il suo regno sulla capacità di coltivarne le debolezze. E sa adattarsi ai tempi, perché ha imparato a cambiare spalla alle sue armi: una volta esaltava la sottomissione, oggi offre con successo e su tutti i canali dosi crescenti di volgarità ed esibizionismo. Se vogliono far crollare questo potere, i migliori devono smettere di specchiarsi nella loro perfezione. Da sempre i Grandi Inquisitori usano questo sentimento di superiorità per isolarli da tutti gli altri, per ridicolizzarne l'esempio e renderli innocui. Chi spera negli uomini deve inoltrarsi nella zona grigia dove abita la grande maggioranza di essi, e combattere lì, in questo territorio incerto, le strategie del male.
Virginio Marzocchi ripercorre il pensiero politico dei maggiori filosofi, da Platone a oggi, mettendo in luce i concetti di fondo, attraverso cui l'ambito del politico viene ritagliato e illuminato. Al contempo questa tradizione di pensiero è posta in relazione ai contesti geo-storici (dal mondo mediterraneo prima e cristiano-europeo poi a quello globalizzato), giuridico-istituzionali (dal diritto romano e medioevale alle Costituzioni degli Stati nazionali verso un ordine internazionale) e culturali, a loro volta connessi con l'affermarsi di nuovi saperi (la teologia sistematica, le scienze esatte della natura, l'economia politica, la sociologia) e di differenti forme di trasmissione di questi saperi (dalle accademie alle università).
Conoscere il Risorgimento attraverso le idee di chi lo ha fatto, attraverso le parole che hanno costituito l'ossatura del vocabolario politico risorgimentale; scrivere una storia della mentalità patriottica che ha reso possibile quella stagione; esplorare il mondo interiore delle élites risorgimentali, «per cercare di capire quali tipi di stimolazioni psicologiche le abbiano concretamente indotte a maturare una sempre più marcata insoddisfazione verso gli assetti istituzionali del loro tempo e ad impegnarsi lungo una strada del dissenso politico che nel contesto della Restaurazione presentava rischi e costi (sia personali che politici) straordinariamente elevati»: questo l'intento del volume, che si presenta come un dizionario ragionato attorno a ventotto lemmi. Un percorso che rende così possibile ricostruire l'ideario politico condiviso da almeno tre generazioni di persone dagli anni Ottanta del Settecento fino all'Unità d'Italia.
Fra le parole chiave, divise in quattro aree tematiche: Associazione, Censura, Decadenza, Costituzione, Diritti/Doveri, Esilio, Libertà, Moderati/Democratici, Opinione pubblica, Papa, Popolo, Rappresentanza, Segreto e società segrete, Unità. Concetti che spiegano in che modo il Risorgimento si è venuto configurando come movimento rivoluzionario e quale sia la distanza culturale che ci separa da esso.
Pubblicata nel 1963, questa Storia presentava l'uso della lingua nella poesia e nella prosa letteraria e i singoli fenomeni linguistici come parti dell'evoluzione complessiva del linguaggio dell'intera popolazione: la persistenza e dominanza dei molti dialetti, la lenta conquista collettiva della conoscenza e dell'uso parlato della lingua, il declino dell'aulicità. E quest'evoluzione a sua volta era studiata in rapporto con le grandi tendenze della società italiana postunitaria: il decrescente, ma sempre persistente analfabetismo, la faticosa e lenta scolarizzazione, l'emigrazione, la prima industrializzazione, le migrazioni interne e l'urbanizzazione, la diffusione della stampa, le scarse letture, la nascita e l'incidenza di cinema, radio, televisione. Le tecniche dell'analisi linguistica strutturale e le statistiche erano messe a servizio della storia. Era un «guardare in faccia» (Gramsci) la realtà italiana, linguistica e non solo. Non tutti gradirono, allora. Ma è stata ritenuta uno strumento di qualche utilità se poi è stata riedita e ristampata ogni due, tre anni, attraversando le nostre collane fino a quest'edizione per i 150 anni dell'Unità.
«È fuor di dubbio che Bruno venne al mondo per accendere un fuoco e vide quel fuoco come una raffigurazione dell'amore ardente che aveva creato sia il cosmo sia i cuori umani. Dalla sua cella nelle prigioni dell'Inquisizione veneziana avrebbe contemplato le stelle»: anticipatore del calcolo, investigatore dell'atmosfera planetaria, aspro critico delle prime forme di colonialismo in America, Giordano Bruno ha tutte le carte in regola per essere considerato un uomo totalmente 'moderno'; eppure, allo stesso tempo, la sua riflessione è impregnata dell'immaginario neoplatonico rinascimentale, di cabala e arti mnemoniche, di visioni spirituali che esprime a volte in densi componimenti in latino, altre in un vernacolare scatenato o in sublime poesia. Nato sotto l'ombra del Vesuvio, cresciuto nel convento napoletano di San Domenico Maggiore, nella sua breve vita fu destinato ad attraversare gran parte dell'Europa cinquecentesca: la Svizzera, la Francia, l'Inghilterra, la Germania, Praga, spesso nelle corti dei sovrani, fino a giungere poi a Venezia, dove cadde nelle reti del Sant'Uffizio nel 1592. Morì il 17 febbraio del 1600 in piazza Campo de' Fiori a Roma come «eretico ostinato e pertinace».
Ingrid Rowland traccia una biografia del filosofo nolano agile e accessibile, facendo ampio uso di brani delle sue opere e dedicando un'attenzione particolare agli aspetti 'scientifici' della sua ricerca: le conseguenze che l'esistenza di un universo infinito comporta alla fisica, alla matematica, al concetto della magia (qui reinterpretata in chiave filosofica), al giusto modo per l'uomo di stare nel mondo quando il mondo è un cosmo senza limiti.
«Credo nella capacità che hanno le idee di favorire importanti cambiamenti sociali e politici. Credo inoltre nella forza progressista della vita e nella capacità delle persone di combattere e di ottenere una qualità di vita compatibile con la loro dignità umana e il loro benessere.»
Abdullahi Ahmed An-Na'im appartiene a pieno titolo alla corrente dell'Islam riformista e può essere considerato uno dei riformatori oggi più noti e più discussi per la radicalità e il rigore argomentativo delle sue posizioni revisionistiche. L'importanza del suo contributo intellettuale sta nel tentativo di dare vita a una corrente di pensiero innovativo all'interno del mondo islamico. Altrettanto rilevante è la sua esplicita proposta di dialogo fra l'Islam e la modernità occidentale alla ricerca di un'intesa su alcuni essenziali temi giuridici e politici che renda possibile la comprensione reciproca e quindi la pace. Sarebbe molto grave se la sua voce non venisse ascoltata – nel mondo islamico, in Europa, negli Stati Uniti – e se il suo ottimismo venisse cinicamente irriso e squalificato.
Dalla Presentazione di Danilo Zolo
Il male minaccia la ragione umana, mette in dubbio la possibilità che la vita abbia un senso, sradica le nostre interpretazioni del mondo.
«Ci chiediamo se spiegare le cose si avvicini troppo a giustificarle e, se è così, dove dovremmo fermarci. Ci preoccupiamo su come mantenere un impegno di giustizia quando il mondo intero non lo fa. Ci chiediamo quale sia lo scopo di dare senso teorico al mondo quando non possiamo dare un senso alla miseria e al terrore. Possiamo farlo con ironia, asciuttezza o passione, ma in ogni caso troviamo il modo per considerare una parte trascurata del problema come il senso stesso della vita. Concentrarsi su tali questioni non consiste nel sostituire il pensiero critico con il buonismo. Al contrario: i testi qui discussi dovrebbero rivelare che poche cose danno adito a un pensiero di profondità e rigore tali da togliere il fiato e che, soprattutto, danno adito al dialogo, il vero inizio della filosofia»: da queste considerazioni prende avvio la riflessione di Susan Neiman sul problema del male. Che senso ha un mondo dove gli innocenti soffrono? Quale fede in un potere divino o nell'umano progresso resiste a non catalogare il male? Il male è forte e radicato o banale e mediocre? Fino a quando l'impossibile può divenire possibile in termini di brutalità e violenza?
In un serrato confronto con molte voci della filosofia degli ultimi tre secoli – da Voltaire e Rousseau a Kant, da Leibniz a Schopenhauer, passando per Nietzsche e Freud, fino a giungere ai contemporanei Adorno, Camus, Arendt e Rawls – Susan Neiman dimostra come il male non abbia una essenza costante. Al contrario, cambia nel tempo e noi nel rapporto con esso. Cercare di comprenderlo significa accettarlo come una parte del mondo da indagare.