Che genere di capitalismo si sta profilando all'orizzonte dopo i mutamenti di scenario e di prospettiva avvenuti nel primo decennio del nuovo secolo? La devastante crisi esplosa fra il 2007 e il 2008 ha segnato l'eclisse del turbocapitalismo, di un capitalismo eminentemente speculativo, sempre più separato dalla produzione e dal lavoro, volto a produrre denaro mediante denaro, che aveva avuto per epicentro gli Stati Uniti. Ma è tramontato nel frattempo anche il capitalismo di matrice keynesiana, quello dell'economia sociale di mercato, che dal secondo dopoguerra aveva assunto per luogo d'elezione l'Europa occidentale. Sarà dunque la Cina, la nuova potenza emergente, a imporsi in base a un modello di sviluppo non ancora definibile esattamente, che combina insieme i postulati di Adam Smith, Karl Marx e Confucio? Valerio Castronovo effettua una ricognizione a tutto campo, lungo i molteplici spazi e percorsi dell'economia globale, per individuare alcune forme incipienti di un neo-capitalismo che non ha più nulla a che vedere con quello novecentesco anche se ne reca alcune tracce. Che sia l'India o il Brasile, l'Australia o il Sudafrica, nuovi protagonisti si sono affacciati sulla scena mondiale, con propri modelli di sviluppo.
"Un modo di concepire e di praticare la filosofia del diritto tuttora esemplare: per il rigore analitico, per la chiarezza concettuale e per l'impostazione razionale dei problemi. L'alternativa tra giusnaturalismo e positivismo giuridico è tornata oggi a riproporsi nel diverso modo di concepire le costituzioni e il costituzionalismo: come insiemi di principi morali oggetto di bilanciamento legislativo o giudiziario, oppure come sistemi di limiti e di vincoli normativi rigidamente imposti a tutti i pubblici poteri. Di qui l'attualità di questo libro, quale fonte tuttora preziosa di chiarificazioni concettuali e di indicazioni metodologiche." (dalla Prefazione di Luigi Ferrajoli). Il libro è diviso in tre parti. Nella prima parte Bobbio illustra la sua concezione della filosofia del diritto, distinguendone i diversi compiti, analizzandone i diversi problemi e proponendo un programma di lavoro finalizzato alla chiarificazione dei concetti, alla sollecitazione del confronto tra i diversi orientamenti filosofici contro ogni forma di dogmatismo. Le altre due parti del libro sono dedicate alla secolare controversia tra giusnaturalismo e positivismo giuridico, della quale Bobbio analizza con chiarezza e precisione i termini, il significato e i diversi piani sui quali l'alternativa viene di solito proposta.
"In ogni cultura, per poter realizzare le proprie creazioni, gli architetti hanno dovuto stabilire un rapporto con i ricchi e i potenti. Nessun altro ha infatti le risorse per costruire. E il destino geneticamente predeterminato degli architetti è fare qualsiasi cosa pur di costruire, così come quello dei salmoni migratori è di compiere l'ultimo viaggio per deporre le uova prima di morire. Gli architetti non hanno altra alternativa che scendere a compromessi con il regime al potere, qualunque esso sia. Ma quando il calcolo politico si mescola alla psicopatologia, l'architettura non è più solo un problema di politica pratica, essa diventa un'illusione, e perfino una malattia che consuma le sue vittime. Esiste un parallelo psicologico fra il marcare un territorio per mezzo di un edificio e l'esercizio del potere politico. Entrambe le cose dipendono da un atto di volontà. Vedere affermata la propria visione del mondo in un modello architettonico esercita di per sé un certo fascino e ancora più attraente è la possibilità di imporre fisicamente il proprio volere a quella stessa città rimodellandola così come Haussmann fece a Parigi. L'architettura alimenta l'ego nei soggetti predisposti. Essi ne diventano sempre più dipendenti al punto che l'architettura si trasforma in un fine in sé che attrae i fanatici e li induce a costruire sempre di più su di una scala sempre più vasta." Deyan Sudjic
"La straordinaria diversità che caratterizza il nostro mondo attuale rende l'iperglobalizzazione incompatibile con la democrazia. Una base esigua di regole internazionali che lascino sufficiente spazio di manovra ai governi nazionali rappresenterebbe una globalizzazione migliore poiché potrebbe correggere i mali caratteristici della globalizzazione e nello stesso tempo mantenere i suoi essenziali vantaggi economici. Abbiamo necessità di una globalizzazione intelligente più che di raggiungere i livelli massimi di globalizzazione": Dani Rodrik ripercorre la storia dell'economia per dimostrare come il problema non sia tanto la globalizzazione, quanto il modo di interpretarla e governarla. Possiamo e dobbiamo procedere a un tipo di narrazione differente relativa al processo di globalizzazione. Invece di considerarla un sistema che esige un'unica serie di istituzioni oppure una superpotenza economica principale, dovremmo accettare di considerare la globalizzazione come l'unione di nazioni, le interazioni tra le quali sono regolate solo da poche leggi semplici, trasparenti e di buon senso riguardanti le attività commerciali. Questo modo di vedere le cose non costruirà un percorso che conduce verso un mondo "rigido". Niente di tutto questo. Grazie a tale modo di vedere sarà possibile costruire un'economia mondiale sana e sostenibile nell'ambito della quale verrà lasciato spazio alle democrazie per determinare a proprio piacimento il loro futuro.
L'esilio rappresentò un'esperienza comune durante il Risorgimento, e fu parte integrante nella costituzione dell'identità nazionale italiana. Maurizio Isabella esplora il contributo al patriottismo italiano di numerosi rivoluzionari italiani che dovettero abbandonare la penisola all'inizio della restaurazione, a seguito del fallimento delle cospirazioni e dei moti del 1820-21. A Londra, Parigi o a Città del Messico, esuli noti come Ugo Foscolo o Santorre di Santarosa, e altri meno conosciuti, entrarono in contatto con patrioti e intellettuali stranieri e discussero questioni politiche che influenzarono la loro cultura e il loro modo di concepire la questione italiana. Il coinvolgimento degli emigrati italiani in dibattiti con intellettuali britannici, francesi e ispano-americani dimostra quanto liberalismo e romanticismo politico fossero ideologie internazionali condivise da una comunità di patrioti che si estendeva dall'Europa alle Americhe. Il volume rappresenta il primo tentativo di inserire il patriottismo italiano in un ampio contesto internazionale. Facendo suoi gli strumenti e le metodologie della world history, e della storia intellettuale internazionale, Maurizio Isabella rivela l'importanza e l'originalità del contributo italiano a dibattiti transatlantici sul federalismo democratico. Risorgimento in esilio ha ricevuto il secondo premio per il miglior libro di storia non britannica di storico esordiente per il 2009 dalla Royal Historical Society...
"Siamo nell'istituto di romanistica di un'università tedesca: i ragazzi e le ragazze della foto sono nati in Germania, sono di nazionalità tedesca; ma ciascuno di loro ha un genitore italiano. E questo fa la differenza. Per lo sport siamo italiani, mi dice Sara, padre italiano, madre tedesca. E se giocassero Italia e Germania?, aggiungo io, per chi faresti il tifo? Per l'Italia, risponde, sono tedesca, ma lo sport è un'altra cosa... Eh, per me sarebbe un problema, fa Till, non saprei scegliere; per me sarebbe un problema... Ecco da qui può cominciare il nostro discorso: dall'incertezza di Till sulla squadra da sostenere. Anche questo è un problema d'identità. Identità, una parola magica, al centro di problemi reali, ma anche di chiacchiere vane che non portano a nulla." In questo agile volume Maurizio Dardano affronta il tema complesso dell'identità italiana a partire dal rapporto con la propria lingua. Dall'incontro con altre lingue all'influsso dei media, dalle storie di chi è migrante alla ricostruzione di alcuni momenti della nostra storia in cui l'identità della lingua italiana si è affermata e consolidata oppure, attenuandosi, ha cercato nuovi obiettivi. Un percorso che incontra anche i problemi della società di oggi, alcuni apparentemente distanti dal tema e che invece hanno molto da dirci: la scuola e le sue inadeguatezze, l'autoreferenzialità dei media, i paroloni dei politici e le parolacce che tutti usiamo, il bullismo giovanile, le stravaganze degli opinionisti...
Torino, quartiere San Paolo. Accanto alla via intitolata all'eroe della Resistenza Paolo Braccini c'è via Francesco Millio; è una strada anonima come tante, più brutta che insignificante, attorniata da condomini in stile anni '50. Ci sarebbe davvero poco da dire su via Millio, se non fosse per quella ammaccatura circolare al centro della saracinesca metallica di un negozio. È lì, immobile, dal 9 marzo 1979. Quel giorno in via Millio - durante una sparatoria tra un commando di Prima linea e una pattuglia di polizia - esplosero sessantaquattro pallottole: una trafisse il torace di Emanuele Iurilli, studente di diciotto anni. Morì per caso, mentre stava rientrando da scuola. Quella di Emanuele lurilli è una delle tante cicatrici incise nei muri di Torino. A ricordarle, a raccontarne il dolore e lo smarrimento, l'indignazione e la rabbia, la reazione e la rivolta, sono due giovani autori - Stefano Caselli e Davide Valentini, torinesi entrambi - che non hanno ricordi diretti degli anni '70 ma hanno però in comune lo stupore per la scoperta di una città a volte inafferrabile e di strade percorse abitualmente che sono state teatro di appostamenti, scontri, attentati e omicidi solo pochi anni prima che loro nascessero. Hanno raccolto memorie e storie, hanno ascoltato i parenti delle vittime e recuperato le testimonianze sui tanti cittadini comuni - piccoli imprenditori, guardie carcerarie, poliziotti, consiglieri comunali, dirigenti d'azienda, baristi e studenti...
È immaginabile che, al pari di altre esperienze politiche, il berlusconismo finisca con l'uscita di scena del suo protagonista. Non è così sotto il profilo culturale, quello che influisce sulle pratiche e sui rituali della politica e, più in generale, sui modi di pensare e di agire della gente: "sotto questo profilo elementi del berlusconismo continueranno per un certo tempo a essere presenti e attivi oltre la parabola di Berlusconi; non diversamente da come elementi propri della cultura politica e sociale della prima Repubblica lo sono stati nel corso della seconda". Quale che possa essere il tempo del compimento, annunciato, della parabola berlusconiana, resta il fatto che per un quindicennio una gran parte degli italiani sono stati - e molti lo sono ancora - fiduciosi nell'uomo di Arcore. Pertanto il quesito torna: perché tanti italiani lo hanno votato, sostenuto, tollerato? Le risposte e le spiegazioni date da Paolo Ceri sono molteplici. In particolare riguardano la natura della relazione tra Berlusconi e i suoi concittadini, a cominciare da quel che il cavaliere ha capito e rappresentato degli italiani e da quel che essi hanno colto e condiviso del suo messaggio. L'intento è quello di capire quali tratti concorrono a spiegare il consenso politico a Berlusconi e quali sono le caratteristiche culturali che Berlusconi, oltre a esprimere, coltiva e rafforza. Sotto questo profilo questo è sia un libro sugli italiani attraverso Berlusconi, sia un libro su Berlusconi attraverso gli italiani.
Vincendo la guerra civile il generale Franco ha imposto alla Spagna la sua dittatura modellata sui regimi fascisti che lo avevano sostenuto. Per molti anni dopo la fine della guerra ha continuato, con una spietatezza senza pari, a uccidere un enorme numero di oppositori, tenendone molti altri in carcere o in campi di concentramento. Poiché per tutto questo il regime franchista è restato il simbolo della più oscura e longeva antidemocrazia nella storia dell'Europa occidentale, la Repubblica che egli ha abbattuto è rimasta il simbolo della democrazia. È noto che la Spagna repubblicana all'avvio della guerra è stata immediatamente travolta da un'ondata rivoluzionaria, e solitamente si considera questo fenomeno come un contraccolpo al tentativo di golpe militare, per far fronte al quale era occorso armare il popolo. Ma è veramente così? I generali golpisti vollero affossare la Repubblica per la loro ostilità verso le riforme che essa stava attuando nell'ordine e nel rispetto delle norme e dell'etica di una democrazia liberale? Oppure essi poterono contare sull'attivo sostegno, o quanto meno sulla sconcertata passività, di un'ampia parte della cittadinanza, perché diversi eventi e segnali diffusero la paura che il paese stesse imboccando la via di un'irreversibile rivoluzione?
"Adorata nell'industrial design e nella moda, data per scontata nella tecnologia e nei media, la voglia di innovazione incontra sempre forti resistenze nel nostro paese quando si tratta dei settori creativi più 'tradizionali': letteratura, cinema, e architettura 'contemporanea'. Soprattutto se per contemporanea si intende un'architettura fortemente intrisa dello spirito, della tecnologia, delle disarmonie, dei conflitti e delle incertezze che caratterizzano il nostro tempo." Pippo Ciorra accompagna il lettore alla scoperta di alcuni punti critici del fare architettura nel nostro paese. Il primo campanello di allarme viene dal confronto con la situazione internazionale: l'Italia è paralizzata e incapace di accogliere ed elaborare in chiave locale le tendenze dominanti nel mondo; il secondo campanello d'allarme è che mai come oggi l'architettura è stata seguita e vezzeggiata dai media 'generalisti'. Ma la diffusa attenzione agli eventi di architettura non sembra tradursi in un parallelo affermarsi di una nuova generazione di architetture e spazi pubblici di qualità nel nostro paese; il terzo campanello, infine, è la preoccupazione legata alla sensazione di spreco del tessuto di energie nuove e quasi sempre frustrate: studenti e giovani architetti abituati a viaggiare, scambiare e lavorare in giro per il mondo, professionisti aggiornati e capaci che potrebbero lasciare ben altra traccia nel paese...
Il manuale propone una breve storia della rivoluzione culturale che ha investito la Geografia a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. Il punto di partenza è molto semplice. Se la cultura trasforma il mondo in simboli che esprimono significati politici, valori economici e definizioni sociali, è lo spazio, e la sua rappresentazione, a permetterne la concreta messa in opera. La cosiddetta svolta culturale implica, com'è ovvio, che i tradizionali concetti della geografia - luogo, spazio e paesaggio - vengano sottoposti a un'attenta analisi, sia sul piano del significato che su quello della funzione. Così, le mappe e i discorsi sono attraversati e ridefiniti dalle linee tracciate dai teorici marxisti, dai poststrutturalisti, dalla critica femminista, dagli studi postcoloniali, dai teorici postmoderni. Il manuale si rivolge agli studenti di Geografia e a tutti coloro interessati alla comprensione del nesso tra il funzionamento del mondo e la sua manipolazione simbolica.
La democrazia non godeva di buona fama nell'antichità, neppure nella città che le aveva dato i natali. L'avversione di gran parte degli intellettuali ateniesi nei confronti del governo 'dei molti' derivava dall'opinione per lo più negativa che gli scrittori antichi avevano del popolo, assimilato a una massa ignorante e irrazionale, facile preda delle lusinghe dei demagoghi. Nell'età moderna il giudizio nei confronti della democrazia muta, ma i dubbi sulla capacità del popolo di autogovernarsi si ripropongono, alimentati dai non pochi casi di pessime decisioni assunte dai cittadini nell'esercizio della sovranità: dalla elezione di Luigi Napoleone a presidente della Repubblica, nel 1848, al voto che conduce al potere Hitler, nel 1933, all'irresistibile ascesa, nel corso del XX e XXI secolo, di improbabili 'uomini della provvidenza' che, in nome del popolo, si ergono al di sopra della legge e dello stato di diritto. Il volume si sofferma su alcuni di questi episodi, identificando quattro distinte dimensioni del problema dell'incompetenza del popolo, esemplificate dalle figure del demos, della plebe, dei subalterni e degli 'stupidi'. Tali figure fanno la loro comparsa in epoche diverse, suscitando la paura e l'ostilità dei ceti colti e aristocratici, ma provocando sconcerto anche in chi crede nel valore dell'eguaglianza politica, ma non si nasconde il problema delle insufficienti capacità critiche dei cittadini-elettori.