Macchine che sostituiscono il lavoro dell’uomo, animaloidi quadrupedi o plantoidi dalle radici intelligenti, insetti robot, umanoidi alla blade runner, ma anche algoritmi sempre più sofisticati, intelligenze artificiali che applicate ai big data possono controllare centinaia di robot. È questa l’altra specie? Come è nata? È capace di provare emozioni? Dovremo averne paura? Quali problemi etici solleverà la sua esistenza? Nessuno meglio di Roberto Cingolani può raccontarci obiettivi, speranze, fallimenti di una delle più straordinarie sfide della conoscenza: capire il lavoro compiuto dall’evoluzione in miliardi di anni e tentare di imitarlo.
Il «Rapporto Giovani» dell’Istituto Toniolo, giunto alla sesta edizione, si consolida come punto di riferimento per tutti coloro che sono interessati a capire come l’Italia stia cambiando, adottando il punto di vista delle giovani generazioni. Oltre a fornire un ritratto aggiornato di come si vadano modificando attese, orientamenti di valore, comportamenti nel percorso di transizione alla vita adulta, si occupa anche di esaminarne le implicazioni e sondarne più in profondità le motivazioni. Il volume è inoltre arricchito dai risultati dell’indagine mondiale online svolta in preparazione al Sinodo dei Giovani 2018, e da due focus territoriali sulla Lombardia e sulla Campania. La chiave di lettura di questa edizione, in particolare, è quella del presente, considerato come tempo di attesa che qualcosa accada nella propria vita, come tempo di piacere, svago e interazione, come tempo di scelte che impegnano positivamente verso la costruzione della propria identità adulta. Nel complesso, i dati e le analisi proposti evidenziano la persistenza di elementi di difficoltà oggettiva in un clima di bassa fiducia nelle istituzioni e alta insicurezza verso il futuro. La conseguenza è un tempo presente in cui i desideri faticano a diventare progetti di vita e in cui le nuove sensibilità stentano a trasformarsi in impegno collettivo a cambiare la realtà circostante. Gli esempi positivi non mancano e si ottengono riscontri incoraggianti quando si creano le condizioni adatte. A testimonianza di una energia vitale presente ma troppo spesso dissipata, anziché valorizzata, da un paese che vuole andare incontro a un futuro migliore.
In principio furono le stelle. Se il primo a vedere «astri infiniti splendere nel buio» è Omero, poeti e scrittori di tutte le letterature sono stati rapiti dall’incanto del cielo stellato. Su tutti, Dante, che nella Commedia si volge alle stelle all’inizio e alla fine del poema, e al termine di ciascuna cantica. Trapuntano dovunque le volte delle chiese e delle moschee, illuminano mille capolavori della pittura, da Giotto a van Gogh e a Rothko. Ispirano musiche sublimi, da Händel a Haydn, da Verdi a Wagner, come pure folgoranti sperimentazioni contemporanee. Ma il racconto delle stelle intesse di vibrante bellezza anche civiltà lontane, dalla Persia all’India, alla Cina. Sapienti e visionarie, queste pagine esplorano i pensieri e i sogni, gli interrogativi, i fantasmi, i terrori, le speranze che l’umanità ha consegnato alle stelle attraverso il tempo.
Piero Boitani insegna Letterature comparate nella Sapienza - Università di Roma. Con il Mulino ha pubblicato da ultimo «Sulle orme di Ulisse» (20072), «Letteratura europea e Medioevo volgare» (2007) e «Il Vangelo secondo Shakespeare» (2009).
Il Grand Tour, consuetudine delle classi colte europee nei secoli passati, trovava il suo culmine nel Bel Paese, in omaggio al quale diventava il Viaggio in Italia. Come si svolgeva ce lo racconta la messe di diari, memorie, guide, epistolari a cui il libro attinge, restituendoci le vicende di uomini e donne d’ingegno, di nobili, di artisti, di poeti, di studenti e di quanti si dettero con entusiasmo alla scoperta della penisola. Ripercorriamo così gli itinerari più battuti, sperimentiamo l’equipaggiamento e i mezzi di trasporto, riviviamo gli incidenti e le avventure, ma anche i sogni e a volte lo scoramento di quei primi turisti. Ma c’è dell’altro, perché grazie a quelle testimonianze potremo fare l’unica, autentica esperienza di viaggio ancora possibile oggi: tornando sui passi degli antichi visitatori, in loro compagnia, fare nostre le loro mete favolose.
Attilio Brilli è fra i massimi esperti di letteratura di viaggio. Tra i suoi numerosi libri per il Mulino segnaliamo «Il grande racconto del viaggio d’esplorazione, di conquista e d’avventura» (2015), «Il grande racconto delle città italiane» (2016) e «Gli ultimi viaggiatori nell’Italia del Novecento» (2017).
Movimenti populisti in ascesa in quasi tutte le democrazie liberali, crisi economica e demografica, insicurezza collettiva: nei segnali del malessere che affligge la nostra società dobbiamo leggere il cupo presagio di un tramonto prossimo dell’occidente? E se invece di un inevitabile declino si trattasse di una fase transitoria? Due visioni diverse ma complementari - più attenta l’una alle dinamiche geopolitiche, l’altra alla dimensione religiosa e ai processi culturali – si confrontano in queste pagine sul destino dell’Europa. Nella convinzione che proprio nella tradizione della civiltà europea si possano trovare le risorse culturali, politiche e istituzionali per guardare con fiducia al futuro.
Angelo Panebianco, già professore ordinario di Scienza politica all’Università di Bologna, è editorialista del «Corriere della Sera». Tra i suoi numerosi libri pubblicati dal Mulino segnaliamo da ultimo «Persone e mondi» (2018). Sergio Belardinelli è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali all’Università di Bologna. Il suo libro più recente è «L’ordine di Babele. Le culture tra pluralismo e identità» (Rubbettino, 2018). Scrive per il quotidiano «Il Foglio».
«Un resoconto complessivo circa grado, tipologie e natura della compromissione delle società europee col nazionalsocialismo… Deák mette in luce i dilemmi insiti tanto nell’accettazione passiva di un sistema di potere iniquo, quanto nella collaborazione attiva con esso o nella resistenza contro di esso, e conduce il lettore non solo a prendere contatto con le aporie della storia, ma anche a specchiarsi nelle contraddittorie, spesso cupe passioni che agitano i cuori degli uomini» dall’Introduzione di Guri Schwarz
Disincanto democratico, disaffezione dei cittadini verso i governi, ritenuti colpevoli, assieme a partiti, élites e mercati di averli espropriati del loro potere. Ma il potere del popolo sovrano esiste davvero? In realtà, la democrazia effettiva che noi conosciamo – esito di un percorso storico che dal potere assoluto del re, con aggiustamenti continui, è giunto sino a noi - è un sistema di deleghe a cascata, complesso e faticoso. Se il popolo unico e univoco è un soggetto fittizio, il popolo concreto si rivela eterogeneo, contraddittorio e ingombrante per ogni regime e i movimenti che pretendono di incarnarlo, una volta al governo, non potranno che contenerne le spinte all’interno di un qualche sistema rappresentativo.
Yves Mény ha insegnato Scienze Politiche a SciencesPo di Parigi e in diverse università francesi, europee e americane. Ha creato e diretto il Robert Schuman Center presso l’Istituto universitario europeo di Firenze, di cui è stato Presidente. È stato Presidente del cda della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Attualmente insegna nell’Università Luiss-Guido Carli di Roma. Per il Mulino ha pubblicato: «Le politiche pubbliche» (con J.-C. Thoenig, 20033) e «Populismo e democrazia» (con Y. Surel, 20042).
«Sovranità: disprezzarla, o deriderla»: è l’imperativo politicamente corretto delle élite intellettuali mainstream. Chi evoca quel concetto che sta al cuore della dottrina dello Stato, del diritto pubblico, della Costituzione e della Carta dell’Onu, è ormai considerato un maleducato, un troglodita: compatito e schernito come chi cercasse di telefonare in cabine a gettoni, quando non demonizzato come fascista. Sovranità è passatismo o tribalismo, nostalgia o razzismo, goffaggine o crimine. E sovranismo è sinonimo di cattiveria. Queste pagine autorevoli ci mostrano che le cose non stanno così, che per orientarsi si deve uscire dai luoghi comuni e dalle invettive moralistiche. E che il ritorno della sovranità è il segno dell’esigenza di una nuova politica.
Carlo Galli insegna Storia delle dottrine politiche nell’Università di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato fra l’altro «Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno» (20102), «Spazi politici. L’età moderna e l’età globale» (2001) e «Marx eretico» (2018). Dirige la rivista «Filosofia politica».
Essere continuamente connessi significa comunicare, informarsi, fare acquisti più velocemente, lavorare ovunque, ma anche subire un flusso ininterrotto di notifiche e stimoli, talvolta creati con lo scopo di farci restare incollati il più a lungo possibile allo schermo. Ne derivano spesso situazioni di stress, mentre si sottrae tempo prezioso alla vita privata e alle relazioni; tanto che si può parlare di malessere digitale come vero prezzo occulto da pagare per usufruire di molte app e programmi. È dunque necessario interrogarsi - come fa criticamente questo libro - sulla relazione fra tecnologie e benessere, per comprendere come esse possono favorirlo o ostacolarlo, come dovrebbero essere progettate in futuro e quali capacità di auto-regolazione permettono, oggi, di sfruttare il loro potenziale benefico.
Il libro esplora l'impatto delle tecnologie sulla Generazione Y, ovvero sui giovani che sono nati e cresciuti con esse, sul loro modo di pensare, sentire e relazionarsi. Cosa cambia quando si parla a un amico guardandolo negli occhi o quando si posta un messaggio sulla sua bacheca di Facebook? La virtualità dei nuovi media ci aliena dalla realtà o, al contrario, ci aiuta ad affrontare le sfide della modernità? E le strutture educative in che modo possono formare i nativi digitali?
Che cosa significa oggi «essere responsabili»? Se è relativamente facile rispondere quando è questione di comportamenti dei singoli, le difficoltà sorgono quando entrano in gioco azioni che riguardano la collettività. Chi è, ad esempio, responsabile delle disuguaglianze crescenti, della disoccupazione, della povertà, dei disastri climatici? E che cosa accadrà nella società dei big data e dei social network, dove le smart machine potranno «pensare» e decidere? Nel mondo iperconnesso e globalizzato ogni azione si carica di conseguenze non volute, e spesso neppure immaginate. Essere responsabili allora non è solo non fare il male - è questa la responsabilità come imputabilità - ma è agire per il bene e, nel mercato, adottare comportamenti che affermino la responsabilità come prendersi cura.
Della tentata conquista islamica dell'Italia, che interessò tutto il corso del IX secolo, sappiamo davvero poco. Per far luce su quelle vicende, il libro prende le mosse dal racconto della grande battaglia avvenuta nel 915 non lontano dal fiume Garigliano, fra il Lazio e la Campania. Le truppe di una lega cristiana di Bizantini, Napoletani, Gaetani, Capuani e Amalfitani si scontrarono - sconfiggendoli - con i guerriglieri musulmani che trent'anni prima avevano fondato, su una collina prospiciente il fiume, un importante insediamento militare. Sono poi ricostruite le tappe principali dell'espansione musulmana nell'Italia continentale, con un occhio attento ai profili biografici e alle rappresentazioni ideologiche dei suoi protagonisti, ai luoghi, ai complessi e inaspettati rapporti politico-diplomatici intercorsi fra occupanti ed élites locali.