Nella competizione politica contemporanea i media svolgono, com'è noto, un ruolo determinante, influenzando in profondità il circuito della comunicazione elettorale. È sempre stato così o si tratta di una peculiarità dell'orizzonte politico contemporaneo? Uno sguardo al passato permette di ricostruire forme, modelli e contenuti di un fenomeno che affonda le radici nella modernità. Il volume intende riflettere sulla funzione che i mezzi di comunicazione hanno svolto in differenti contesti elettorali. Accanto a contributi di carattere generale utili a inquadrare il tema, la ricerca, sviluppata in dialogo con le più recenti tendenze della storiografia italiana e tedesca dedicata ai media come attori dello sviluppo storico, si focalizza su alcuni casi di studio. La scelta di una campitura cronologica ampia, che va dalla prima età moderna al tardo Novecento, consente di mettere in evidenza i profili evolutivi di un fenomeno che attraversa nel lungo periodo la storia della comunicazione politica europea.
Questo manuale, frutto del contributo dei migliori studiosi e docenti della nuova generazione nella disciplina, fornisce una panoramica aggiornata circa la Psicologia sociale e i suoi fondamenti teorici ed empirici. Nel corso degli ultimi due decenni questa disciplina è andata incontro a profondi cambiamenti e sviluppi, in termini di nuove prospettive teoriche (ad esempio, il bisogno di appartenenza), di strumenti utilizzati (si pensi allo sviluppo delle misure implicite o all'introduzione di quelle fisiologiche) e di ambiti (ad esempio, il mondo virtuale) o temi indagati (si pensi alla psicologia ambientale o politica). Parallelamente, la disciplina, per prima e in misura maggiore rispetto alle altre scienze sociali, è stata investita dalla crisi della riproducibilità. L'ambizione di questo testo è offrire a coloro che si avvicinano alla Psicologia sociale una sua visione aggiornata e criticamente rivista, sia nei contenuti sia nella modalità con cui questi vengono affrontati.
Nel suo scritto «Sull'Unità d'Italia» del 1848, Antonio Rosmini definisce il suo ideale di governo un «governo senza orgoglio», intendendo con questa espressione un governo non arrogante, non borioso, non prepotente, ma al servizio delle persone e dei loro diritti e pronto a sottomettersi al giudizio di una giurisdizione indipendente. È questa l'idea di uno Stato di diritto, di uno Stato costituzionale che Rosmini intravvede come unica alternativa al sovranismo e al dispotismo, ossia al rischio di involuzione nazionalistica, autoritaria e illiberale delle istituzioni contemporanee. Sulla base di un'originale meditazione filosofica, condotta in dialogo con la cultura europea, e di un forte impegno per la riforma della società civile e religiosa, la filosofia politica di Antonio Rosmini affronta uno per uno i problemi che accompagnano il processo di costruzione dell'Unità d'Italia e della nascita dello Stato costituzionale nell'Ottocento: libertà e lavoro, costituzione e giustizia sociale, pace e guerra, unità e federalismo, politica e corruzione, chiesa e stato. Per ognuna di queste grandi questioni, Rosmini è capace di offrire interpretazioni mai banali e di individuare le grandi coordinate di pensiero e di azione che ieri come oggi possono contribuire a individuare una prospettiva riformista.
A oltre cent'anni di distanza, la Prima guerra mondiale continua a essere fonte d'ispirazione per la cinematografia internazionale. Nel cinema italiano il conflitto del 1915-18 ha avuto però fortune alterne. Durante il ventennio mussoliniano, la nostra industria cinematografica si avvicina di rado al tema, sebbene il fascismo fosse sorto proprio dall'esperienza bellica. E anche dopo il 1945 il nostro cinema ha avuto un interesse solo rapsodico per quegli eventi, con alcune importanti eccezioni come «La grande guerra» di Mario Monicelli (1959) e «Uomini contro» di Francesco Rosi (1970). Il libro ripercorre il filo di una relazione difficile, dagli anni in cui il conflitto è ancora in corso sino ai nostri giorni: una lettura inedita di una delle stagioni più tragiche del Novecento e, insieme, una riflessione originale sulle potenzialità e i limiti della più popolare forma di intrattenimento del «secolo breve».
Chi di noi non è stato il bello di mamma e papà? Chi di noi non ha mai detto «come sei bella!» o «come sei bello!» all'amore della sua vita? E quali sono gli ultimi film italiani che hanno vinto l'Oscar? «La vita è bella» (1999) e «La grande bellezza» (2014). «Bello» è una parola fondamentale della nostra lingua e della nostra cultura, e riguarda la vita quotidiana di tutti gli italiani. Il termine ha radici antiche, ma anche grande vitalità nella lingua di oggi, con una bella (!) varietà di usi tra toponimi, cognomi, canzoni, proverbi, gerghi, dialetti e letteratura. Una parola di grande fascino, perfetta per rappresentare il nostro Bel Paese.
Oggi i papi hanno il loro stato oltre Tevere, ma per secoli l'intera città di Roma è stata la loro residenza, volta a rappresentare in forme spesso magnifiche l'immagine e il potere del papato. I segni di questo lunghissimo regno sono ovunque: dalla configurazione delle strade ai tredici obelischi egiziani, dalle basiliche e dalle chiese ai palazzi pontifici, da San Pietro alla sottostante necropoli vaticana scoperta a metà del Novecento. L'itinerario mostra le manifestazioni dello straordinario mecenatismo papale che ha reso unica la città. Muovendo dall'attuale residenza di Francesco, e dalla sua inedita coabitazione in Vaticano con il predecessore, queste pagine ci accompagnano a ritroso fino ai luoghi del cristianesimo primitivo, dove palpabile rimane la memoria degli apostoli, capostipiti della chiesa romana.
Alla luce associamo il bene, la conoscenza, la verità, la giustizia. E al buio? Solo falsità, ignoranza, oscurantismo? Eppure, se le cose fossero sempre immerse nella luce, finiremmo per ubriacarci di un'illuminazione insopportabile per occhi e mente, condannati a non cogliere più nemmeno la bellezza di un cielo stellato. Momento di attesa e decantazione del pensiero, il buio abita nelle regioni dell'immaginazione e può essere fonte di idee irraggiungibili alla chiara luce del giorno: con Omero e Leopardi, Lucrezio e Diderot, Rousseau e Novalis, e più vicino a noi Camilleri, un invito a riscoprire il buio come esperienza che ci riconsegna a noi stessi.
Fin da quando l'olandese Jan van Riebeeck sbarcò nel 1652 nella Baia della Tavola, presso la penisola del Capo, dando così avvio alla colonizzazione europea del subcontinente africano, la storia del Sudafrica è stata la storia di una lotta secolare tra neri e bianchi per la conquista della terra e del potere politico. Il libro racconta con chiarezza le vicende del paese dall'epoca preistorica, attraverso la guerra boera e la politica dell'apartheid, fino alla rivoluzione pacifica, alla presidenza di Mandela e ai problemi del giovane Sudafrica sotto i suoi successori, Thabo Mbeki, Jacob Zuma e Cyril Ramaphosa.
Sui magazine, nei talk show e on line: la psicologia è onnipresente. Ma mentre si ritiene che sia impossibile leggere un testo di fisica senza avere qualche conoscenza di base, con la psicologia ci sentiamo tutti un po' psicologi. Partendo dal presupposto che la psicologia scientifica è molto diversa da quella del senso comune, il libro ci offre una introduzione qualificata alla disciplina, di cui tratta i principali argomenti, dalla percezione visiva al comportamento sociale. Scopriremo, con il supporto di famosi esperimenti, che il nostro modo di percepire, pensare e relazionarci non è così scontato come crediamo.
Possono essere toccati e guardati, ascoltati, annusati e, perché no, gustati: i materiali sono l'orizzonte della nostra esperienza fisica. Da quelli consolidati, come l'acciaio e la plastica, ma anche il cioccolato, a quelli futuribili, come i tessuti elettrocromici, i nanomateriali, il grafene, tutti necessitano di materie prime ed energia per la loro produzione. Per troppi decenni il nostro modello economico si è basato unicamente sul bilanciamento di costo e prestazioni, senza considerare che le risorse di cui disponiamo sono limitate e in progressiva diminuzione. Se il futuro materiale non dovrà consumare ma prendere in prestito, quali possono essere allora le istruzioni d'uso per uno sviluppo sostenibile?
Perché facciamo così fatica a dirci cittadini e a riconoscere chi detiene il potere, chi lo controlla e chi lo rappresenta? In questo nostro tempo di crisi, sospeso tra un populismo sovranista e le nuove tendenze oligarchiche e tecnocratiche, dei concetti di stato e di politica abbiamo più che mai bisogno: per difendere le nostre incerte identità, impaurite a causa della globalizzazione, per ridefinire in chiave solidale e civilizzatrice l'indispensabile spazio pubblico entro cui si svolge la nostra vita di relazione.
Negli ultimi decenni il ruolo della memoria nella vita pubblica è cresciuto costantemente, ma in parallelo è diminuito il peso della storia nel costruire la nostra conoscenza e sensibilità del passato. Un processo accentuatosi con il sempre maggiore intervento della politica e delle istituzioni nel creare «leggi di memoria», «luoghi di memoria», monumenti, memoriali; ma anche con il contributo che i mass media, la letteratura, il cinema e la televisione danno a una lettura e ricordo del passato spesso lontani dalla coerenza di una narrazione storica rispettosa della verità. Il libro analizza questo contraddittorio e complesso rapporto tra storia e memoria, per quanto riguarda sia l'Italia e l'Europa sia un mondo sempre più globalizzato e propenso a guardare al passato in termini strumentali rispetto alle esigenze del presente.