Nella prima parte del volume, dopo una rassegna della letteratura internazionale, sono analizzati alcuni aspetti concettuali relativi alla definizione di "Welfare State" e dei termini chiave di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale. La seconda parte risponde alla domanda "chi è protetto?" e "perché?" e descrive due modelli di solidarietà: quello universalistico che copre indistintamente tutti i cittadini, e quello occupazionale che tocca separatamente una gamma più o meno vasta di categorie. Sono individuate le ragioni della loro genesi storica e analizzate le loro forme miste. Al caso italiano è dedicata la terza parte.
Dopo aver introdotto il tema del consumo di droga in età giovanile secondo la prospettiva psico-sociale, l'autrice esamina le classificazioni, gli effetti, i rischi, e le modalità d'uso delle diverse sostanze illecite per affrontare poi le caratteristiche del fenomeno e la sua diffusione in Italia. Vengono descritti il primo contatto dell'adolescente con la droga, la stabilizzazione del consumo e infine la dipendenza dalla droga. Il volume si chiude con un'analisi della possibile interruzione del rapporto con la droga e degli interventi di prevenzione.
I cinque tratti caratteristici dell'arte moderna sono identificati in altrettanti momenti cruciali della tradizione moderna: la superstizione del nuovo, verso il 1860, tra Baudelaire e Manet; la religione del futuro, che caratterizza l'epoca di Apollinaire, Proust, dei primi quadri astratti di Kandinskij; la mania della teorizzazione che trova la sua espressione nel Manifesto del surrealismo nel 1924; il richiamo alla cultura di massa, nella pop art del dopoguerra; la passione del rinnegamento, nel postmoderno degli anni Ottanta. Lo svolgimento di questa "tradizione del nuovo" era basata sull'idea che in arte esistesse un progresso, che l'evoluzione delle forme artistiche avesse un fine. Il postmoderno rinnega questa tradizione.
Tema dominante del volume è il dramma sociale, il dramma del vivere quale fonte di tutte le pratiche performative espressive. L'autore utilizza la performance come griglia interpretativa per penetrare quelle che chiama le fenomenologie "liminoidi", ossia le fasi di passaggio da situazioni sociali e culturali definite ad altre aggregazioni e fornire così una lettura delle dinamiche sociali. Spazia dal teatro giapponese No al carnevale brasiliano, dalle pratiche cerimoniali dell'Umbanda alle performance etnografiche recitate dai suoi studenti dell'università della Virginia. L'ultima parte del volume tenta un innesto tra neurobiologia e antropologia, per coniugare reciprocamente processi mentali e processi culturali.
Nei capitoli del volume sono esaminate le malattie dello spirito diagnosticate dall'autore. La "carenza del generale" governa il distacco dal quotidiano e l'impulso a sollevarsi a qualche forma di universalità; all'opposto "la carenza dell'individuale" determina il bisogno di ritrovare la propria particolare realtà terrena. Don Chisciotte, Faust, Zarathustra illustrano il tormento di non poter agire in accordo con il proprio pensiero. Se la carenza diventa rifiuto, avremo le malattie della lucidità: Don Giovanni o l'esasperazione del destino individuale che non riconosce più alcun ordine generale; Tolstoj o l'annullarsi dell'individuo nella storia; le creature di Beckett o l'assenza di determinazioni, la malattia del non-atto.