L'autore rintraccia l'origine della biblioteca pubblica nelle prime istituzioni bibliotecarie nate dalla Rivoluzione francese grazie soprattutto alle soppressioni degli enti religiosi che trasformano in beni nazionali vasti patrimoni librari preesistenti, e segue l'evoluzione che porta all'istituzione delle biblioteche municipali. Poi affronta il caso italiano, studiando l'assetto che dopo l'Unità fu dato al patrimonio librario nazionale, e analizza il particolare fenomeno delle biblioteche popolari, che fu tipico dell'impegno sia cattolico sia socialista. Poi affronta la nascita vera e propria della public library. Un ultimo capitolo analizza il quadro istituzionale attuale.
Un volume in cui è sintetizzata un'imponente mole di informazioni sullo stato di salute dell'Italia. Uno strumento che presenta i dati e le analisi dell'Istat a un pubblico ampio di non addetti ai lavori.
Il volume prende le mosse dalla considerazione che, nelle mutate condizioni dei mercati mondiali, la partecipazione dei lavoratori al processo produttivo è la condizione più importante perché l'impresa riesca ad essere competitiva. Si tratta di condividere i fini dell'impresa, di trarre gratificazione dai buoni risultati del proprio lavoro, senza naturalmente eliminare le asimmetrie di potere nell'organizzazione. Gli autori partono dalle esperienze maturate in altri paesi europei per formulare la proposta di un Istituto per il lavoro con il compito di studiare le condizioni di partecipazione, di sperimentare le istituzioni e le regole che la favoriscono, e di sostenere e diffonderne i valori, in linea con le più avanzate ipotesi strategiche.
Dopo una breve parte introduttiva sulla quantificazione in psicologia e sulla storia dei test, si affronta il tema della psicometria (che cosa misurano realmente i test?) e si propone una classificazione dei diversi tipi di test. Si discutono poi i problemi della somministrazione, dell'interpretazione dei punteggi, dell'attendibilità e della validità. Il volume si chiude con una serie di considerazione sull'adattabilità di un test a contesti culturali diversi e con una guida pratica alla scelta di un test.
La prima parte del volume si occupa delle credenze collettive di verità: come spiegare le affermazioni condivise del tipo "ciò è vero". La seconda parte discute le credenze collettive normative: come spiegare le affermazioni condivise del tipo "ciò è giusto". Nella terza parte viene condotta una critica del relativismo, ovvero delle posizioni teoriche che negano l'esistenza di criteri intersoggettivi e interculturali a fondamento delle credenze di cui sopra. L'ultima parte ospita la sintesi delle posizioni di Boudon e il suo tentativo di sviluppare una teoria della razionalità.
Assumere giudizi preconfezionati, avvalersi di conoscenze non verificate, accontentarsi di spiegazioni semplicistiche, lasciarsi persuadere da impressioni superficiali: a questo in parte siamo costretti sia dalla sovrabbondanza di informazioni e contatti, sia dalla necessità di organizzare le nostre idee sulla realtà. Se questo è un formidabile meccanismo di difesa, dobbiamo tuttavia guardarci dalla sua rigidità che ci conduce a pietrificare uomini e cose, fmo a rifiutarli e trasformarli in nemici. La discriminazione, il pregiudizio etnico e il razzismo ne sono il conseguente riprovevole sviluppo.