Che cosa pensiamo (a chi pensiamo) quando diciamo "Dio"? Può, il cristiano, farsi un'idea di Dio? Se l'uomo è stato creato "a immagine e somiglianza di Dio" chi lo autorizza a pensare a un Dio fatto, al contrario, a immagine e somiglianza dell'uomo? E ancora: quale segreto nasconde l'etimologia della parola Dio che usiamo con troppa disinvolta leggerezza? Non è forse giunto il tempo, per un cristianesimo adulto, di emanciparsi da ogni immagine infantile della divinità e di cominciare a riflettere sul fatto che anche questa parola è solo una metafora per dire qualcosa per cui non abbiamo parole migliori? Un lavoro di bonifica del linguaggio sul divino è quello che l'autore propone con questo libro non solo al credente, ma anche all'ateo, allo scettico, all'agnostico del XXI secolo per uscire da ogni idolatria e per scampare al pericolo di una liquidazione troppo sbrigativa del Mistero.