A dieci anni dal termine del secondo conflitto mondiale, quando le polveri, dopo aver offuscato i cieli, si erano finalmente sedimentate formando uno spesso strato sotto al quale un'intera civiltà cercava di ritrovare trame e orizzonti, gli intellettuali furono chiamati a suggerire cosa di quella civiltà, di quell'Europa minacciata da forze d'ordine economico e politico, era destinato a prosperare, e cosa a perire. Nella discussione intervenne anche Albert Camus, all'incontro organizzato il 28 aprile del 1955 dall'Union Culturelle Gréco-Francaise ad Atene, dal titolo "Il futuro della civiltà europea". Lo sforzo per l'unità, dirà Camus, è un passaggio obbligato, l'unità europea in nome di un pluralismo, di un federalismo ideale e de facto: "La "sovranità" per molto tempo ha messo bastoni a tutte le ruote della storia internazionale. Continuerà a farlo. Le ferite della guerra così recente sono ancora troppo aperte, troppo dolorose perché si possa sperare che le collettività nazionali facciano quello sforzo di cui solo gli individui superiori sono capaci, che consiste nel dominare i propri risentimenti [...]. Bisogna lottare per riuscire a superare gli ostacoli e fare l'Europa, l'Europa finalmente, dove Parigi, Atene, Roma, Berlino saranno i centri nervosi di un impero di mezzo, oserei dire, che in un certo qual modo potrà svolgere il suo ruolo nella storia di domani".
Una storia di amore e di ricerca, di disperazione e di felicità. La santità scovata nel miracolo dell'ordinario, nella vita di ogni giorno, nello svolgersi sorprendente di un dramma: la malattia, Lourdes, una redenzione imprevista e inaspettata. La storia di una donna eccezionale perché normale, forte perché fragile, santa perché peccatrice. Un racconto moderno, delicato e intenso.
"Anche Dio ha temuto la morte". Così scrive Charles Péguy raccontando la veglia sul Monte degli Ulivi, quando Gesù affronta, in solitudine, la consapevolezza della sofferenza che lo aspetta per portare a termine la sua missione. Questo vacillare, che si tramuta poi in perfetta accettazione del proprio destino, è l'attimo in cui Dio si fa carico del male del mondo, il culmine e il messaggio più profondo della parola evangelica. La riflessione teologica di Péguy è inscindibile dalla sua intima esperienza del dolore, e la sua fede rifiuta ogni facile consolazione. Con una prosa di fiammeggiante violenza poetica, lo scrittore francese ci consegna così uno dei suoi testi più belli e anche, come scrive Jean Bastaire nella Presentazione, "uno dei capolavori della letteratura cristiana".
Nel 1937 Simone Weil decide di visitare l'Italia, perché, come scrive ai suoi genitori, "quando si è veramente sognato di fare una certa cosa, poi bisogna farla: è la mia morale". Per la giovane filosofa il viaggio è una tregua, che segue le dure esperienze del lavoro in fabbrica e della Guerra Civile spagnola, ma anche ispirazione di alcune fondamentali intuizioni: la nozione di forza come chiave interpretativa della storia dell'Occidente, l'interesse per la filosofia e la tragedia greca, di cui traduce numerosi brani per l'amico Jean Posternak, la riflessione sulla bellezza come elemento di mediazione tra realtà umana e realtà divina. Accompagnando analisi e ricostruzioni narrative alle lettere di Simone Weil, questo libro ci aiuta a comprendere in che modo il breve soggiorno in Italia si sia rivelato uno snodo fondamentale nella sua vita e nell'evoluzione del suo pensiero.
"Cattolico anonimo" è il racconto ironico e commosso di una crisi spirituale e di una conversione inattesa. Tutto comincia la sera in cui Thierry Bizot, produttore televisivo di successo, viene convocato dal coordinatore scolastico per discutere dei problemi del figlio tredicenne. L'incontro getta un seme: quasi senza rendersene conto Thierry confida al professore i suoi dubbi di padre, torna a casa con un nodo in gola, continua a pensare al breve dialogo di quel giorno. Quando riceve dal professore l'invito a una catechesi per adulti, reagisce con sarcasmo e scetticismo. Ma ci va, non immaginando nemmeno che sarà l'inizio di un percorso spirituale che lo porterà a incontrare personaggi straordinari, metterà in discussione le sue convinzioni e, infine, lo renderà più forte, permettendogli di mettere ordine nella sua vita. In questo romanzo autobiografico, vero e proprio "coming out spirituale", Bizot fa emergere gli interrogativi dell'esistenza attraverso le piccole vicende quotidiane, racconta un travaglio interiore, ma con la leggerezza di una serenità ritrovata.
Cresciuto in una famiglia di umili origini, sovrastato da un padre autoritario, Anton Cechov ha avuto un'infanzia che ha profondamente segnato la sua vita e condizionato la sua intera produzione letteraria. Un'infanzia "senza infanzia", come disse lui stesso, vissuta nella consapevolezza di una condizione miserabile e nel terrore della violenza. In una lettera a un amico scrisse: "Mio padre cominciò a educarmi, o più semplicemente a picchiarmi, quando non avevo ancora cinque anni. Ogni mattina, al risveglio, il mio primo pensiero era: oggi sarò picchiato?". Eppure, nel mondo angusto e nuvoloso della sua giovinezza, il piccolo Anton seppe trovare le sue briciole di felicità, "come una pianta che attiri a sé dal terreno più ingrato il nutrimento che le consente di sopravvivere", e nelle sue opere ricorderà Quegli anni come il tempo perduto dell'innocenza, come il momento in cui il sublime e il misero furono capaci di andare assieme. Irene Némirovsky è sempre stata affascinata dalla figura di Cechov, morto un anno prima della sua nascita. L'autore di "Zio Vanja" fu per lei un riferimento costante, una sorta di padre intellettuale a cui ha dedicato questa straordinaria biografia romanzata. Per la prima volta tradotto in italiano, "La vita di Cechov" è un viaggio nella letteratura russa, nella vita privata di uno dei più importanti scrittori dell'Ottocento e al tempo stesso la testimonianza dell'incontro tra due anime, così stranamente, inspiegabilmente vicine.
Ngazan è nata povera e fiera in una bidonville del Carnerun. Ngazan possiede il più bel fondoschiena del quartiere Essos, ma non vuole dedicarsi alla bordellologia, la filiera più produttiva per chi è nata in una bidonville in Africa. Per amore di un giovane francese, accetta di trasferirsi a Parigi. Ma la Ville Lumière non è l'Eldorado. Quando arriva nella capitale, scopre che le signorine nevrotiche e sofisticate degli Champs Élysées e di Saint Germain des Prés hanno fatto della "filiera produttiva" una ragione di vita e che la condizione della donna africana e virtuosa è la stessa ovunque, nella foresta equatoriale o nella giungla urbana occidentale. Ngazan ha con sé la fierezza dei "Signori della Foresta" e le parole di Baudelaire, Flaubert e Zola che ha rubato dai libri della sua amica Principessa. Cosa se ne farà nell'età del contante, del culo e del niente? Il bisogno di autogovernarsi e di decidere il proprio destino muove Ngazan e tanti come lei, a dispetto dei limiti delle realtà tribali e di quelli assurdi delle nostre metropoli.
Verlaine nasce poeta ma, nonostante questo aspetto predominante della creazione letteraria, fin dagli inizi della sua carriera si è rivolto anche alla prosa. "Histoires comme ça" è una raccolta di novelle che verrà pubblicata soltanto nelle opere postume del 1903: si tratta di racconti che si sviluppano sul filo dell'autobiografia e della fiction, popolati da personaggi reali, ma anche provenienti dal mondo delle favole e della tradizione letteraria precedente. In questi scritti Verlaine dimostra non soltanto di sapersi muovere all'interno dello spazio testuale della novella, ma anche di riuscire a inserire questi racconti in una cornice solida e coerente.