Il testo della Storia di San Cipriano non e' stato tramandato nella sua interezza: la parte iniziale, rinvenuta e pubblicata solo nel 1982, viene qui per la prima volta ricongiunta a quella centrale, a stampa sin dalla meta' dell'Ottocento.
Porfirio di Tiro, allievo prediletto di Plotino, fu il filosofo più temuto dai Padri della Chiesa per la svettante intelligenza e la raffinata erudizione, poste a difesa della millenaria sapienza pagana contro il dilagare della nuova concezione cristiana. Di lui si racconta che a un convito per l'anniversario di Platone, dove lesse un suo poema dal titolo "Le nozze sacre", fu tacciato di pazzia per le "molte cose che aveva pronunciato nell'entusiasmo, in senso mistico e velato". Ma Plotino intervenne e gli disse: "Ti sei dimostrato al tempo stesso poeta e filosofo e ierofante". E tale si dimostra anche in questo "Sui simulacri" - di cui sopravvivono pochi, preziosi frammenti -, straordinaria introduzione alla lettura simbolica delle immagini sacre, ossia di quelle plastiche personificazioni dei fenomeni naturali e di visioni teologiche e cosmologiche che aprono l'accesso a conoscenze più alte. Creando un'intensa sintonia tra religione tradizionale e filosofia, Porfirio insegna come la comprensione delle figurazioni simboliche offra all'uomo la possibilità di avere cognizione delle cose ultramondane, giacché l'antica sapienza degli Egizi e dei Greci era stata capace di mostrare l'invisibile attraverso forme visibili, di sposare l'arcano ineffabile con la materia caduca in un indivisibile Uno. I colori, gli attributi ed epiteti che, opportunamente concertati, plasmano, rivestono e nominano i simulacri li rendono una memoria visiva che impedisce l'oblio del divino
La letteratura classica nasconde alcune gemme che, per circostanze varie, non sono conosciute in maniera adeguata. In questo breve scritto, dedicato al commento di alcuni versi dell'"Odissea" sull'antro dove Odisseo nascose i ricchi doni dei Feaci, si trova la condensazione, nel minimo numero di parole, della sapienza simbolica dell'antichità classica. Quell'antro, spiega subito Porfirio, non si trova a Itaca né in alcun altro luogo. Quell'antro è geroglifico del mondo stesso, un'ostensione figurata della vita e della morte.
Studiato e interpretato, parafrasato e commentato infinite volte, l'"Organon" (in greco "strumento") è il libro in cui la tradizione ha radunato gli scritti aristotelici che forniscono le cognizioni indispensabili per condurre qualsiasi tipo di indagine, ovvero che illustrano le regole e le tecniche necessarie per ben ragionare e argomentare. Il libro di logica per eccellenza, dunque, il manuale adoperato fin dall'antichità in tutte le scuole, il trattato che qualsiasi uomo colto o di scienza era tenuto a conoscere e padroneggiare.
Il mangiare carne non è la condizione naturale dell'umanità, ma un passaggio traumatico nella sua storia. Con esso l'uomo, animale predato, passava dalla parte dei predatori. Ciò implicava vivere della regolare uccisione di animali, questi primi dèi. La questione era però anche religiosa, e come tale venne elaborata in antichi riti, come i Bouphonia ateniesi. Ma questo si desume anche da un importantissimo testo di Plutarco, "Del mangiare carne", fondato sulla tesi che la dieta carnea vada contro natura. Letto accanto agli altri due trattatelli qui pubblicati, questo testo documenta la profonda conoscenza e comprensione del mondo animale che caratterizza l'antichità classica e che Plutarco sembra compendiare nelle sue pagine.
Maestro, braccio destro e successore designato di Giuliano l'Apostata, Salustio concepì questo mirabile trattatello quando lo scontro fra paganesimo e cristianesimo era giunto al suo apice. E raramente su questi vasti temi erano state allineate formule tanto illuminanti come questo "aureo libello" (secondo la definizione di Athanasius Kircher), che rappresenta, in particolare, il viatico migliore per chiunque voglia avvicinarsi al mito. Testo greco a fronte.
In questo secondo volume delle Dionisiache vediamo Dioniso e la sua tripudiante schiera di eroi umani ed esseri semidivini partire alla conquista dell'India, nucleo centrale del poema. L'esuberante inventiva di Nonno alterna al racconto di battaglie prodigiose una caleidoscopica serie di intermezzi. L'introduzione di Dario Del Corno informa sulla problematica identità dell'autore, sulle tendenze della sua epoca, e sulla sua opera "cristiana", la Parafrasi del Vangelo di San Giovanni, e percorre in una sinossi espositiva e critica i dodici Canti compresi nel volume.
Il 7 luglio 1792 un deputato dell'Assemblea legislativa (la Rivoluzione era oggetto di duri attacchi) prese la parola e con la parola "fraternità" propose la sua soluzione. I presenti, in procinto di scannarsi, si abbracciarono e baciarono. Darnton prende questo episodio come emblema della sua riflessione sulla storia. Il discorso trascorre dall'esperienza diretta dell'autore su come i fatti diventano racconto, all'analisi serrata delle posizioni di alcuni fra i maggiori storici e studiosi contemporanei o di alcune celebri scuole (dalle Annales alla Storia delle mentalità). E in mezzo non mancano indagini sulla storia dell'editoria e della lettura, o riflessioni su singoli episodi, come quel "bacio di Lamourette" che dà il titolo al volume.