Scritta nel 1942, la «Lettera a un religioso» esprime l'inquietudine spirituale e morale di un'anima davanti al mistero di Dio e della Verità. Ma è anche una forte presa di posizione critica nei confronti della Chiesa e dei suoi dogmi. Attingendo alla cultura classica, alle tradizioni cinesi, egizie e indù, Simone Weil, in una continua tensione di avvicinamento e di allontanamento dal Cattolicesimo, riflette sulla possibilità di un universalismo per il quale ogni religione rivelatasi nel corso della Storia ha colto quelle stesse Verità trasmesse dal Cristianesimo. Un universalismo che non prevede sintesi o forme di sincretismo ma che cerca piuttosto di aprire il Cristianesimo dall'interno, nell'invito a essere cattolici vivendo sino in fondo il significato della parola: universali ma aperti al riconoscimento di ogni scheggia di verità. Perché è la Verità, per Simone Weil, il fondamento e principio normativo del suo Cristianesimo "critico" e illuminista. Con un saggio introduttivo di Pier Cesare Bori.
«Firenze e Ia mia citta. Di sicuro ho vissuto una vita precedente tra i suoi uliveti. Quando ho visto i suoi bei ponti sull'Arno, mi sono chiesta che cosa avessi fatto, lontano da lei, per cosi tanto tempo. Deve esserselo chiesto anche lei, perche alle citta place essere amate. Qui, c'e ancora una quantity di cose belle che non ho visto, perche io non le visito le citta, lascio che entrino dentro di me, per osmosi» Nel 1937 Simone Well decide di visitare l'Italia, perche, come scrive ai suoi genitori, «quando si e veramente sognato di fare una certa cosa, poi biso-gna farla: e Ia mia morale». Per Ia giovane filosofa it viaggio e una tregua, che segue le dure esperienze del lavoro in fabbrica e della Guerra Civile spagnola, ma anche ispirazione di alcune fondamentali intuizioni: la no-zione di forza come chiave interpretativa della storia dell'Occidente, l'in-teresse per Ia filosofia e Ia tragedia greca, di cui traduce numerosi brani per l'amico Jean Posternak, la riflessione sulla bellezza come element() di mediazione tra realty umana e realty divina. Accompagnando analisi e ricostruzioni narrative alle lettere di Simone Weil, questo libro ci aiuta a comprendere in che modo il breve soggiorno in Italia si sia rivelato uno snodo fondamentale nella sua vita e nell'evoluzione del suo pensiero.
Scritto durante l'esilio londinese, il saggio muove da una riflessione critica sulla parola "persona" che aveva fondato la corrente del personalismo di Emmanuel Mounier. Il testo è però molto più che l'espressione di una rivendicazione semantica: è una luminosa meditazione filosofica sulla nozione di "diritto", di "democrazia", di "giustizia", di "male" e di "bellezza". Weil riflette sul fondo nascosto, impersonale, di ciascuno di noi, da cui risale la domanda: "Perché mi si fa del male?", l'unica in grado di dare fondamento al rispetto dovuto a ogni essere umano e alla sua esigenza di giustizia. Il "grido muto" che riaffiora in queste pagine, nella sua semplice immediatezza, smantella i cardini dell'intera riflessione politica dell'Occidente: il primato dei diritti individuali, il culto delle idee astratte, il predominio del linguaggio razionale su qualsiasi altro.
Il periodo trascorso a Marsiglia tra il 1940 e il 1942, in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, rappresenta per Simone Weil una stagione di fioritura delle amicizie e un momento di straordinaria ricchezza e fecondità del pensiero e della scrittura. Il numero di lettere inviate a familiari e amici è impressionante, ma quel che più stupisce è la maniera in cui la sincerità degli affetti si coniuga con la ricerca della verità, che si va facendo sempre più pura e assoluta. Di questa continua vibrazione interiore dà testimonianza la prima parte di questo libro che ricostruisce la complessa esperienza culturale e sentimentale vissuta a Marsiglia, proponendo le lettere che Simone invia a due amici, con i quali la parola scritta si offre come l'unico strumento di conoscenza reciproca. Sono Joë Bousquet, il poeta di Carcassonne, paralizzato in seguito alle ferite riportate durante la Prima Guerra Mondiale, e Antonio Atarés, contadino anarchico aragonese, prima rinchiuso nel campo d'internamento del Vernet e poi spedito a Djelfa, sull'altopiano algerino. Il volume si chiude con la nuova traduzione di alcune pagine, tratte da Le forme dell'amore implicito di Dio, in cui si condensa la splendida, vertiginosa concezione dell'amicizia elaborata e concretamente vissuta da Simone Weil.
"Venezia salva" esprime, in poesia, la condanna del primato della forza nella società di ogni tempo. Trae ispirazione da una novella storica seicentesca che narra il fallito complotto ordito dalla Spagna contro Venezia. La bellezza della città, riflessa nello sguardo innocente di Violetta, muove a compassione il capo militare dei congiurati, Jaffier, che denuncia il complotto cercando invano di salvare la vita dei compagni. Questa edizione di "Venezia Salva" si presenta come una novità in quanto la nuova traduzione è accompagnata da un ricco apparato critico. In esso, avvalendosi di preziose informazioni presenti nel Fondo Simone Weil della Biblioteca Nazionale di Parigi, si ripercorre il retroterra teorico della tragedia e si ricostruisce, attraverso un'ampia documentazione storica, il tormentato percorso compiuto dall'autrice a partire dal momento in cui legge la novella storica dell'Abbé de Saint-Réal e dà inizio alla lunga gestazione del testo.
Nel 1937 Simone Weil decide di visitare l'Italia, perché, come scrive ai suoi genitori, "quando si è veramente sognato di fare una certa cosa, poi bisogna farla: è la mia morale". Per la giovane filosofa il viaggio è una tregua, che segue le dure esperienze del lavoro in fabbrica e della Guerra Civile spagnola, ma anche ispirazione di alcune fondamentali intuizioni: la nozione di forza come chiave interpretativa della storia dell'Occidente, l'interesse per la filosofia e la tragedia greca, di cui traduce numerosi brani per l'amico Jean Posternak, la riflessione sulla bellezza come elemento di mediazione tra realtà umana e realtà divina. Accompagnando analisi e ricostruzioni narrative alle lettere di Simone Weil, questo libro ci aiuta a comprendere in che modo il breve soggiorno in Italia si sia rivelato uno snodo fondamentale nella sua vita e nell'evoluzione del suo pensiero.
Il periodo trascorso a Marsiglia tra il 1940 e il 1942, in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, rappresenta per Simone Weil una stagione di fioritura delle amicizie e un momento di straordinaria ricchezza e fecondità del pensiero e della scrittura. Il numero di lettere inviate a familiari e amici è impressionante, ma quel che più stupisce è la maniera in cui la sincerità degli affetti si coniuga con la ricerca della verità, che si va facendo sempre più pura e assoluta. Di questa continua vibrazione interiore dà testimonianza la prima parte di questo libro che ricostruisce la complessa esperienza culturale e sentimentale vissuta a Marsiglia, proponendo le lettere che Simone invia a due amici, con i quali la parola scritta si offre come l'unico strumento di conoscenza reciproca. Sono Joë Bousquet, il poeta di Carcassonne, paralizzato in seguito alle ferite riportate durante la Prima Guerra Mondiale, e Antonio Atarés, contadino anarchico aragonese, prima rinchiuso nel campo d'internamento del Vernet e poi spedito a Djelfa, sull'altopiano algerino. Il volume si chiude con la nuova traduzione di alcune pagine, tratte da Le forme dell'amore implicito di Dio, in cui si condensa la splendida, vertiginosa concezione dell'amicizia elaborata e concretamente vissuta da Simone Weil.
"Al di sopra delle istituzioni, destinate a tutelare il diritto, le persone, le libertà democratiche, bisogna inventarne altre destinate a discernere e a eliminare tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto il peso dell'ingiustizia, della menzogna e della bassezza. Bisogna inventarle, perché sono sconosciute, ed è impossibile dubitare che siano indispensabili".
Arrivata a Londra dagli Stati Uniti, il 26 novembre 1942, con la ferma intenzione di partecipare alla lotta sul territorio francese, Simone Weil è costretta a portare avanti la sua resistenza in una stanza, negli uffici del Commissariato per gli Interni. Nasce in questi giorni la Dichiarazione degli obblighi verso l'essere umano, che qui presentiamo insieme a un altro scritto poco noto in Italia, Riflessioni sulla rivolta. Questi testi, straordinariamente rappresentativi dell'ultima fase della sua vita, segnano un punto di sintesi molto alto tra il realismo politico con cui vengono analizzati metodi e scopi della Resistenza e la tensione etica che regge il progetto di una nuova Costituzione che Weil propone alla Francia e, per il suo tramite, all'Europa. Albert Camus, suo editore nel dopoguerra, ha scritto «che è impossibile immaginare una rinascita per l'Europa senza tener conto delle esigenze definite da Simone Weil». Ai suoi contemporanei richiedeva uno «sforzo d'attenzione» di cui, però, li sentiva incapaci. Noi, suoi lettori oggi, potremmo raccogliere la sfida.
Sopprimere i partiti politici. Tutti, nessuno escluso. Perché in quanto organizzazioni verticistiche e inquadrate, essi sono autoritari e repressivi per definizione. E alcuni, quelli italiani ad esempio, mostrano un totale disinteresse per la res publica, ma un talento inenarrabile nel sottrarre denaro pubblico alla comunità. Quindi vanno soppressi, per il bene comune. Simone Weil, una riformista rivoluzionaria, una delle menti più brillanti della sua generazione, poco prima di scomparire prematuramente per malattia nel 1943 ha lasciato questa "modesta proposta". Un manifesto pieno di passione e di fuoco dove si afferma che aderire all'ideologia di un partito, in certe condizioni storiche, significa limitarsi a prendere una posizione, pro o contro qualcosa. Significa rinunciare a pensare. È questa la democrazia? E oggi, i partiti politici rappresentano davvero la volontà dei cittadini o sono dei semplici organismi che hanno come unico fine quello di riprodursi? Accogliere la proposta della Weil significa uscire dal letargo per tornare a pensare con le nostre teste. Con una prefazione di André Breton.