Allora disperato di dover morire, si mise a bastonare anatre e tacchini, a strappare gemme e sementi. Avrebbe voluto distruggere d'un colpo tutto quel ben di Dio che aveva accumulato a poco a poco. Voleva che la sua roba se ne andasse con lui, disperata come lui.
Dopo le prime prove letterarie, ancora di gusto tardo-romantico e scapigliato, a partire dalla novella "Nedda" Verga introduce una nuova maniera narrativa volta a rappresentare con realismo asciutto e crudo temi e personaggi ispirati alla natia Sicilia. Tale rinnovamento si consoliderà, con maggior rigore ed esiti sempre più convincenti, nella stesura delle raccolte da lui via via pubblicate e qui integralmente riunite: "Vita dei campi", "Novelle rusticane", "Per le vie", "Vagabondaggio", "I ricordi del capitano D'Arce" e "Don Candeloro e C". La durezza della vita quotidiana delle classi più indigenti, spesso in balìa di un fato cieco e incomprensibile, è fra i motivi ricorrenti di tutte le sue opere fra cui "I Malavoglia" e "Mastro Don Gesualdo".
Dopo le prime prove letterarie ancora influenzate da un Romanticismo attardato e dalla Scapigliatura, Giovanni Verga, sin dalla novella Nedda (1874), tenta una nuova maniera narrativa, volta a rappresentare con sempre maggior realismo temi e personaggi ispirati alla natia Sicilia. Egli approfondirà e consoliderà con esiti sempre più rigorosi tale ricerca nelle raccolte successivamente pubblicate (Vita dei campi, 1880; Novelle rusticane, 1883; Per le vie, 1883; Vagabondaggio, 1887; I ricordi del capitano d'Arce, 1891; Don Candeloro e C: 1894) e nei romanzi "veristi": I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo. Specie ne I Malavoglia - ove il Verga sperimenta canoni stilistici radicalmente innovativi - l'estrema durezza della vita quotidiana delle popolazioni meridionali e la loro condizione di "vinti", in balìa di un fato cieco e incomprensibile, sono senz'altro fra gli aspetti più incisivi della narrazione. Introduzione di Lorenzo Tinti.
Storia di una capinera narra la vicenda di una giovane donna, poco più di una ragazzina, investita da un vortice di obblighi e passioni. Gli obblighi sono quelli di una vita monacale impostale fin dalla più tenera età e della scelta di una clausura spesso subita con arrendevolezza. Le passioni sono quelle tipiche degli innamoramenti giovanili, le scintille che, se mortificate, possono diventare fuochi e incendi vigorosi. Verga sceglie come voce narrante proprio la protagonista che, in questo romanzo epistolare, rivela in un linguaggio leggero la situazione di tormento e scandalo, il vero e proprio dramma interiore che la stringe come in una morsa mortale.
L'autore
Giovanni Verga nacque a Catania da una famiglia agiata nel 1840. Lasciati gli studi per intraprendere la carriera di scrittore, pubblicò il primo romanzo, Una peccatrice, nel 1866. Ben presto
si allontanò dalla Sicilia trasferendosi prima a Firenze e poi a Milano, e fu nella città toscana che vide la luce Storia di una capinera (1870). Assiduo frequentatore dei salotti letterari più in voga, dagli anni ottanta si dedicò alla poetica verista, ispirata dal naturalismo francese e, soprattutto, dall’opera di Zola: nel 1880 pubblicò la raccolta
Vita nei campi, seguita da I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1889). Verga si dedicò anche al teatro e, negli ultimi anni della sua vita, al cinema, mentre la sua produzione letteraria si fece, in vecchiaia, sempre più rada