«Possiamo dirci ancora cristiani?» è il titolo proposto da Benedetto Croce per questo classico del pensiero filosofico, nel quale Piero Martinetti risale alle radici del messaggio di Gesù e s’interroga, prima ancora che sull’attualità del Cristianesimo, sul significato e sul valore della religione. La religione che «vive nelle anime, e non nel mondo», che può essere raggiunta compiutamente solo attraverso la ragione e che persiste nei cuori nonostante i dogmi che deprimono l’intelligenza e gli arbitri dell’istituzione ecclesiastica. Nonostante sia il risultato di un percorso di studio e ricerca interiore che abbraccia tutta la vita del filosofo, per comprendere appieno Gesù Cristo e il Cristianesimo è utile ricordare le condizioni in cui l’opera ha preso forma. Nel 1926 un provvedimento fascista interrompe il IV Congresso filosofico nazionale, presieduto da Martinetti e centrato su temi religiosi. L’anno successivo il suo corso di Cristologia all’Università di Milano viene portato faticosamente a termine tra disordini e intimidazioni. Il libro, che sarà pubblicato privatamente nel 1934 e subito messo all’indice dalla Chiesa e sotto sequestro dal regime, nasce da qui: dallo sviluppo di un ciclo di studi e dall’urgenza di reagire alla deriva, morale prima che politica, rappresentata dal fascismo. Alla fine del 1931 Martinetti è tra i pochi docenti universitari che rifiutano di giurare fedeltà al regime di Mussolini – «Col giuramento che mi è richiesto verrei a smentire tutta la mia vita» – e si ritira nella piccola casa di Spineto, dove rimarrà fino alla morte, studiando e scrivendo. L’edizione definitiva di Gesù Cristo e il Cristianesimo uscirà postuma nel 1949. Per sostenere le sue tesi, Martinetti ricorre alla Storia, a quelle che allora erano le nuove tendenze dell’esegesi biblica e che, attenuandone la funzione di rottura, collocavano la predicazione di Gesù nella tradizione ebraica e nell’ambiente ellenistico in cui si era sviluppata e diffusa. Procede quindi a una sistematica rilettura dei Vangeli sinottici, portando avanti anche una rigorosa opera di distillazione dalle stratificazioni del dogma e della leggenda, dai miracoli e dalle guarigioni, simboli inessenziali alla purezza del pensiero cristiano. Gesù è l’ultimo dei profeti ebrei, il nemico dei ritualismi, un Gesù filosofo, esempio e maestro di vita, un uomo che affronta con coraggio il suo destino e trova – attraverso l’amore per Dio e per il prossimo alla luce della ragione – la vera sapienza, la comunione con l’assoluto. Ma, già con Paolo e poi diffondendosi tra le masse e diventando copertura di una «meravigliosa istituzione finanziaria» (la Chiesa), la religione si degrada a superstizione e sopravvive solo in pochi anonimi uomini liberi e in alcune correnti di matrice gnostica. È la «chiesa invisibile», minoranza di perseguitati e di eretici che, nei secoli, ha saputo rimanere fedele all’autentica sapienza di Gesù: una fede morale che opera il bene in piena libertà, senza aspettare premi. La filosofia di Piero Martinetti, lontana com’è dagli automatismi ormai sterili del dibattito «fede contro ragione», si propone al lettore contemporaneo forte di un’irriducibile alterità intellettuale che la rende oggi più che mai attuale e necessaria.
Piero Martinetti ha composto questo libro scegliendo e commentando passi dei tre Vangeli sinottici - Marco, Matteo e Luca. Il suo intento è ricostruire la verità del percorso umano di Gesù, distillarne l'insegnamento etico sotto la guida della ragione, che per lui deve coincidere con la fede. Nelle parole dell'autore, è un Vangelo che, "lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto quello che i Vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui conservato". Pubblicato nel 1936 quattro anni dopo l'allontanamento di Martinetti dall'attività universitaria seguito al rifiuto di giurare fedeltà al fascismo - Il Vangelo riassume e completa le tesi esposte nel monumentale Gesù Cristo e il Cristianesimo e ci restituisce la figura di un Gesù profeta morale, senza miracoli, che esorta all'unione spirituale con Dio e all'amore per il prossimo. Il Vangelo ideale di quella "chiesa invisibile di tutti gli spiriti che hanno continuato e propagato la sapienza di Gesù Cristo: che non è né nella gerarchia delle chiese né nei vaniloquii dei teologi".
«Possiamo dirci ancora cristiani?» è il titolo proposto da Benedetto Croce per questo classico del pensiero filosofico, nel quale Piero Martinetti risale alle radici del messaggio di Gesù e s’interroga, prima ancora che sull’attualità del Cristianesimo, sul significato e sul valore della religione. La religione che «vive nelle anime, e non nel mondo», che può essere raggiunta compiutamente solo attraverso la ragione e che persiste nei cuori nonostante i dogmi che deprimono l’intelligenza e gli arbitri dell’istituzione ecclesiastica. Nonostante sia il risultato di un percorso di studio e ricerca interiore che abbraccia tutta la vita del filosofo, per comprendere appieno Gesù Cristo e il Cristianesimo è utile ricordare le condizioni in cui l’opera ha preso forma. Nel 1926 un provvedimento fascista interrompe il IV Congresso filosofico nazionale, presieduto da Martinetti e centrato su temi religiosi. L’anno successivo il suo corso di Cristologia all’Università di Milano viene portato faticosamente a termine tra disordini e intimidazioni. Il libro, che sarà pubblicato privatamente nel 1934 e subito messo all’indice dalla Chiesa e sotto sequestro dal regime, nasce da qui: dallo sviluppo di un ciclo di studi e dall’urgenza di reagire alla deriva, morale prima che politica, rappresentata dal fascismo. Alla fine del 1931 Martinetti è tra i pochi docenti universitari che rifiutano di giurare fedeltà al regime di Mussolini – «Col giuramento che mi è richiesto verrei a smentire tutta la mia vita» – e si ritira nella piccola casa di Spineto, dove rimarrà fino alla morte, studiando e scrivendo. L’edizione definitiva di Gesù Cristo e il Cristianesimo uscirà postuma nel 1949. Per sostenere le sue tesi, Martinetti ricorre alla Storia, a quelle che allora erano le nuove tendenze dell’esegesi biblica e che, attenuandone la funzione di rottura, collocavano la predicazione di Gesù nella tradizione ebraica e nell’ambiente ellenistico in cui si era sviluppata e diffusa. Procede quindi a una sistematica rilettura dei Vangeli sinottici, portando avanti anche una rigorosa opera di distillazione dalle stratificazioni del dogma e della leggenda, dai miracoli e dalle guarigioni, simboli inessenziali alla purezza del pensiero cristiano. Gesù è l’ultimo dei profeti ebrei, il nemico dei ritualismi, un Gesù filosofo, esempio e maestro di vita, un uomo che affronta con coraggio il suo destino e trova – attraverso l’amore per Dio e per il prossimo alla luce della ragione – la vera sapienza, la comunione con l’assoluto. Ma, già con Paolo e poi diffondendosi tra le masse e diventando copertura di una «meravigliosa istituzione finanziaria» (la Chiesa), la religione si degrada a superstizione e sopravvive solo in pochi anonimi uomini liberi e in alcune correnti di matrice gnostica. È la «chiesa invisibile», minoranza di perseguitati e di eretici che, nei secoli, ha saputo rimanere fedele all’autentica sapienza di Gesù: una fede morale che opera il bene in piena libertà, senza aspettare premi. La filosofia di Piero Martinetti, lontana com’è dagli automatismi ormai sterili del dibattito «fede contro ragione», si propone al lettore contemporaneo forte di un’irriducibile alterità intellettuale che la rende oggi più che mai attuale e necessaria.