In un’epoca che ha visto la progressiva erosione del giornalismo basato sui fatti e ha risentito la mancanza di intellettuali pubblici indipendenti, Tony Judt ha svolto un ruolo raro e prezioso, mettendo insieme storia e attualità, Europa e America, e raccontando il mondo com’era un tempo e com’è oggi. In Quando i fatti (ci) cambiano, la storica Jennifer Homans, vedova di Tony Judt, ha raccolto gli articoli più importanti scritti dal marito durante gli ultimi quindici anni della sua vita. La sua voce nella sfera pubblica amplifica le sue ricerche storiche: l’idea e la realtà dell’Europa; Israele, l’Olocausto e gli ebrei; la superpotenza americana e il mondo dopo l’11 settembre; l’inclusione e la giustizia sociale nel nostro tempo di crescenti disuguaglianze. Judt era convinto che il suo vero compito non fosse dire ciò che qualcosa non è bensì ciò che è: raccontare una storia convincente e ben scritta sulla base dei dati disponibili e farlo tenendo presente ciò che è giusto. Per Judt questo non era solo il suo dovere di storico, ma una responsabilità morale. Quando i fatti (ci) cambiano è una testimonianza della sua eredità.
Questo libro parla del ventesimo secolo che "comincia con una guerra mondiale catastrofica e finisce con il crollo della maggior parte dei sistemi di credenze dell'epoca: non può certo attendersi un trattamento affettuoso a posteriori. Dai massacri degli armeni alla Bosnia, dall'ascesa di Stalin alla caduta di Hitler, dal fronte occidentale alla Corea, il ventesimo secolo è un incessante susseguirsi di sventure umane e sofferenze collettive dalle quali siamo emersi più tristi, ma più saggi". Questa è una storia delle idee politiche moderne in Europa e negli Stati Uniti, di parole come potere e giustizia, così come sono state intese dalla fine del diciannovesimo secolo all'inizio del ventunesimo. È una riflessione sui limiti (e sulla capacità di rinnovamento) delle idee politiche, e sulle carenze (e sugli obblighi) morali degli intellettuali. È anche il racconto del secolo che ha incrociato la vita e il percorso intellettuale di Tom Judt, un suo narratore.
"Tutti questi scritti si basano quasi esclusivamente sulle visite notturne al mio chalet della memoria e sul lavoro di recupero del contenuto di tali visite. Alcune sono introspettive, e cominciano da una casa, da un autobus o da un uomo; altre sono rivolte all'esterno, e abbracciano decenni di osservazione e impegno politici e continenti in cui ho viaggiato, insegnato, scritto." Questa è un'autobiografia insolita che racconta scorci di mondo appena passato. L'amore giovanile per Londra è lo spunto per Judt per parlare di educazione civica e urbanistica, a cavallo delle due guerre; i ricordi sulle rivolte dei giovani parigini nel 1968 divagano sulle differenti politiche sessuali in Europa per arrivare a concludere che quella fu una generazione di rivoluzionari che dimenticò la rivoluzione; i lunghi viaggi attraverso l'America sono un modo per acquisire piena cittadinanza di quel paese; cibi, treni, profumi conservano l'aroma nel tempo: tutto è degno di attenzione per Tony Judt. Tutto, soprattutto, è così semplicemente e meravigliosamente scritto che seguirlo nelle sue memorie diventa, per ogni lettore, un'occasione per conoscersi.
L'età dell'oblio è un affresco in cui le varie parti si integrano coerentemente alla luce di un obiettivo unitario: denunciare la frettolosa rimozione dell'eredità intellettuale, economica e istituzionale del Novecento.
Alberto Martinelli, "Corriere della Sera"
Un libro che indica l'incapacità di fare i conti con la storia come uno dei mali peggiori della coscienza pubblica dei nostri anni. La profondità analitica e la stessa qualità della scrittura di Tony Judt hanno fatto di lui una figura di primissimo piano negli studi sul mondo contemporaneo.
Giuseppe Berta, "Il Sole 24 Ore"
Il richiamo alla responsabilità degli intellettuali verso la società, al loro dovere di tenere vivo il ricordo del passato anche nei suoi aspetti più sgradevoli, è un filo conduttore dell'opera di Judt. A questa difficile consegna lo storico inglese è rimasto fedele con grande coerenza.
Antonio Carioti, "Corriere della Sera"
L'autore della più rivoluzionaria storia d'Europa dell'ultimo secolo, ha raccontato in questo libro le rimozioni del '900: lui, ex fervente marxista che si definiva un socialdemocratico universalista.
Angelo Aquaro, "la Repubblica"
In un flusso narrativo ininterrotto, Tony Judt fa il punto su quanto è accaduto in Europa dal 1945 a oggi: "Con troppa sicurezza e poca riflessione, ci siamo lasciati alle spalle il ventesimo secolo. Ci siamo affrettati a liberarci del suo bagaglio economico, intellettuale e istituzionale. Non abbiamo fatto in tempo a lasciarcelo alle spalle, che i suoi dissidi e i suoi dogmi, i suoi ideali e le sue paure stanno già scivolando nelle tenebre dell'oblio. Non solo non siamo riusciti a imparare granché dal passato ma ci siamo convinti - nelle previsioni economiche, nelle questioni politiche, nelle strategie internazionali, persino nelle priorità educative - che il passato non ha nulla di interessante da insegnarci. Sulla base del principio che quello era allora e questo è adesso, tutto quanto avevamo imparato dal passato non andava ripetuto. Il nostro, insistiamo, è un mondo nuovo; i rischi e le opportunità che ci offre non hanno precedenti." Eppure se vogliamo comprendere il mondo nel quale viviamo dobbiamo conoscere quello dal quale siamo appena usciti. "Il passato recente potrebbe accompagnarci ancora per qualche anno. Questo libro è un tentativo di renderlo più comprensibile." Dall'Olocausto alla spinosa questione del "male" nella comprensione del passato europeo, dall'ascesa e declino del ruolo dello Stato a quello degli intellettuali del Novecento, Tony Judt stila un compendio delle cieche illusioni dei nostri anni.