Uno dei molteplici esiti particolarmente problematici che la modernità filosofica ha generato e consegnato alla posterità è stata la separazione della triade metafisica Dio-uomomondo. Essa ha originato fratture epistemologiche, ontologiche, antropologiche, etiche e sociali, determinando la comprensione dell'uomo come soggetto, che si esprime nell'autoaffermazione di sé, come unicità normativa e come unico punto di riferimento della realtà tutta, compresa la pensabilità di Dio. Il presente lavoro, partendo dalla consapevolezza che il pensare cartesiano costituisce una "necessaria inizialità" e una "singolarità senza analoghi", per la compresenza nel suo pensiero di tante virtualità, che si sarebbero sviluppate nell'evolversi delle varie fasi del moderno, fino ad arrivare all'attualità storico-culturale, intende rivisitare la proposta cartesiana, sia per i suoi punti di forza sia per quelli di debolezza, ai fini della definizione di ogni possibile "teoria" del soggetto. Questo perché l'attenzione all'ermeneutica della condizione umana intrapresa da Cartesio può diventare particolarmente significativa per riguadagnare l'affermabilità del soggetto, all'interno di un contesto che ne proclama la sua fine, proponendone una diversa definibilità che lo coglie come soggetto di relazioni in relazione.
Nel recente dibattito filosofico sta emergendo l'idea che le relazioni intersoggettive possono validamente essere considerate come il tratto costitutivo dell'umanità dell'uomo, della sua natura e identità. Tra i filosofi che, nel Novecento, hanno cercato di mettere a tema l'identità relazionale e intersoggettiva degli umani Maurice Nedoncelle, significativo protagonista del pensiero filosofico del XX secolo, è certamente un autore che offre rilevanti indicazioni per una comprensione della struttura relazionale della persona umana concretata in una dimensione compiutamente interpersonale ed espressa dalla categoria della reciprocità. Lo studio presenta la portata originale e feconda della prospettiva filosofica nédoncelliana, che riafferma l'inevitabilità del riferimento alla persona, significativamente colta nella relazione intersoggettiva come reciprocità d'amore.
In un'epoca, come l'attuale, caratterizzata da continui tentativi di eliminazione dell'umano e della sua dignità, da processi e pratiche orientate all'abuso e al sovvertimento delle sue grammatiche e sintassi fondamentali, la responsabilità etica del pensare il tempo che è dato da vivere è chiamata fortemente in causa. La necessità di pensare, responsabilmente, il proprio tempo costituisce, infatti, da sempre il tentativo di individuare una cifra in ordine alla ricerca della verità sull'essere e sull'agire umano per una convivenza plurale inclusiva, partecipativa e solidale. Per far fronte alla crisi che, principalmente, è di ordine antropologico, culturale ed etico, perché le conoscenze, i valori e i parametri di giudizio di cui ci si avvale nella quotidianità non sembrano essere più idonei a far vivere e comprendere il presente e ancor meno sembrano essere adeguati per la conoscenza del futuro, è urgente definire la responsabilità etica del filosofare, evitando sia un poco illuminato ritorno a forme e formulazioni tradizionali, immersi nella nostalgia di un passato vissuto e sperimentato come mitica «età dell'oro», sia lo «stare a guardare alla finestra» in attesa di tempi migliori, sia le strategie opportunistiche e faziose di adattamento al cambiamento, che si consumano nell'agonia dei logori meccanismi di potere più o meno occulti. Questo per superare l'imbarbarimento nefasto di logiche accattivanti, frutto di una irresponsabilità culturale che domina la scena pubblica in maniera scandalosa, indecente e senza pudore.
La necessità di tornare a formulare le esigenze etiche anche nel campo economico ha richiesto la rimessa in discussione della relazione tra etica ed economia. Un contributo significativo teso a conferire alla visione della «ricchezza» e dello «sviluppo» una declinazione antropologica ed etica è certamente quello di Amartya K. Sen, economista indiano, premio Nobel per l'economia nel 1998. Il confronto con la visione di Amartya K. Sen intende contribuire alla elaborazione di una proposta teorica in grado di rendere conto della prospettiva dello sviluppo umano sulla base di principi non esclusivamente economici.
L'attuale contemporaneità è caratterizzata dalla persistente e pervasiva messa in discussione dei costitutivi antropologici fondamentali. La "grammatica" dell'umano, che, strutturalmente, si dà nell'identità differente del maschile e del femminile, viene continuamente disarticolata dal diffondersi delle teorie del gender che determina lo stravolgimento del proprium dell'umano. Il presente lavoro, intendendo offrire coordinate per ritessere il tessuto antropologico ed etico nella contemporaneità, opera una ripresa e un approfondimento del tema con lo scopo di riproporre la "normatività" autentica della "grammatica" dell'umano, la quale, fondata sulla significazione della differenza del maschile e del femminile, individua nella reciprocità la dimensione antropoetica fondamentale del costituirsi e relazionarsi umano.