"Tu che mi ascolti" fu il saluto terreno che Alberto Bevilacqua diede alla madre Lisa da poco scomparsa. Ora lo scrittore torna a quell'idelae colloquio certo di poterle confessare i segreti che non ha mai potuto svelare per non turbarla nel suo male depressivo. Protagonista di questa narrazione è un figlio non voluto dal padre, "il Mario", affascinante ufficiale dell'aviazione durante la dittatura, donnaiolo impenitente, che solo nell'umiliazione delle ritorsioni subite dopo la guerra trova la via della propria coscienza. Ed è allora che il figlio, già costretto dall'immaturità del genitore a divenire precocemente adulto, può diventare, standogli accanto, sinceramente il padre del proprio padre.
Questo è il primo romanzo di Alberto Bevilacqua, scritto nel 1955 ma rimasto inedito fino al 2000, anno in cui viene pubblicato nei Tascabili Einaudi. Le ragioni per cui il romanzo rimase così a lungo inedito sono complesse. Nel 1955 Sciascia ne lesse il dattiloscritto: ne rimase scosso e turbato, nonché sorpreso che fosse opera di un giovane meno che ventenne. Avrebbe voluto pubblicarlo, ma il clima censorio glielo impedì. Le vicende di Giorgio, partigiano sbandato; di Bianca Ghirardini, angelo e demone insieme, vittima delle sue passioni carnali; di Marco Ridolfi, acrobata della parola, eroe leggendario; di Rosa Balestri, infame torturatrice repubblichina; dei mitici Strioni e gitani; della toccante madre Chimera, e di altri personaggi dalla vena ironica, s'impongono per la loro forza e per la memoria e il presente cui rimandano. E così "La polvere sull'erba" fa conoscere al lettore il segreto viaggio che porta all'Italia di oggi: un viaggio in cui i protagonisti si confondono e si perdono in un deserto dove si continua a "sparare" alle spalle di chi si batte con coerenza.
La figura della madre, Lisa, spicca già nella narrazione "Lettera alla madre sulla felicità", apparsa nel 1995. In quell'opera lo scrittore, fatto oggetto di persecuzioni per le sue scoperte sul mostro di Firenze, si rivolgeva alla madre, con lettere mai spedite, per salvarsi psicologicamente. Lisa muore un anno e mezzo fa. Per lo scrittore il senso di sradicamento è assoluto, insopportabile. Bevilacqua torna a rivolgersi alla madre, sicuro che lei possa ascoltarlo, da oltre il confine ultimo della vita. Queste pagine ripercorrono i momenti di un'umana avventura che vide madre e figlio sempre complici, legati da un amore appassionato e scabroso, drammatico e dolcissimo.
Il Gengis è un potente di oggi: quasi la versione contemporanea di Gengis Khan, il Signore dei Mongoli che ebbe l'ambizione di creare il più vasto impero della storia. Un uomo che ha tutto, vuole tutto. Tommaso è un fumettista e vignettista satirico. Maestro di parodie, ha sempre combattuto l'insensatezza dell'età moderna, la sopraffazione mediatica e quanti provocano la morte della poesia. Il Gengis saccheggia la vita di Tommaso, che disprezza come l'opposto di sé. Gli distrugge l'ordine della famiglia: gli porta via la moglie Pupe, gli strappa Duccio, un bambino che Tommaso ama come e più di un figlio. Tommaso attraversa, dapprima, la sua personale discesa agli inferi, ma poi reagisce con l'unica freccia al suo arco: l'ironia.
Il racconto ravvicinato dell'imponente rivolta avvenuta nel carcere di San Vittore a ridosso del secondo dopoguerra. Bevilacqua ritrae un ribelle, Ezio Barbieri, costretto da sempre a recitare se stesso, alla ricerca dell'impossibile rivalsa contro un destino fallimentare, sullo sfondo di un carcere che ribolle di piccoli e grandi delinquenti. Un possibile punto di svolta, un momento cruciale per il futuro dell'Italia osservato dall'alto delle celle degli sconfitti, attraverso il risentimento di un uomo solo accerchiato dall'esercito e dal suo passato.
Con questo libro Alberto Bevilacqua arriva ad una personale resa dei conti, raccontandosi dall'infanzia ad oggi, ponendo in primo piano il rapporto con la madre, e la sua follia, con il padre, indimenticabile aviatore e trasvolatore, con zio Toni, straordinaria figura di antifascista, e con la gente (quella del Po e di Parma) incantata da storie nutrite di magica fantasia. Un libro che traccia la mappa di una vita; il racconto di un'esistenza attraversata da vicende che vanno intese non solo in chiave autobiografica, ma come sintomi dell'avventura di un secolo.
"La polvere sull'erba" è il primo romanzo di Bevilacqua. Nel 1955 Sciascia vorrebbe pubblicarlo, ma ritiene che possa provocare uno scandalo. Le vicende del Triangolo Rosso, ossia delle vendette incrociate fra ex partigiani ed ex repubblichini era materia troppo scabrosa per un'Italia desiderosa di dimenticare. Le vicende di Giorgio, partigiano sbandato; di Bianca Ghirardini, angelo e demone insieme, vittima delle sue passioni carnali; di Marco Ridolfi, acrobata della parola, eroe leggendario; di Rosa Balestri, infame torturatrice repubblichina; dei mitici "Strioni" e gitani; della toccante madre "Chimera", e di altri personaggi dalla vena ironica, si impongono per la loro forza espressiva e per la memoria e il presente cui rimandano.
Il bilancio disincantato di un primo tratto di esistenza, uno studio sui sentimenti e sull'affannosa ricerca di avvenimenti per continuare a vivere. Nel romanzo sono inclusi i temi della contradditorietà dei rapporti umani, la magia onirica e visionaria e gli squilibri della società contemporanea.